… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MATTEO 12,38-42
In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!». Parola del Signore
Mediti…AMO
L’avversione di scribi e farisei nei confronti di Gesù e del suo Vangelo è evidente.
Anche il nostro brano di oggi è in continuità con la loro aggressione polemica verso il Signore, e la sua opera di salvezza e assolutamente radicale è la loro avversione nei suoi confronti.
Quindi, in grande continuità con la violenza precedente essi “rispondono” a Gesù (così dice il verbo del ver.3 piuttosto che il “gli dissero” della nostra traduzione!)
E, il brano evangelico odierno, che esprime il rifiuto di chi non crede a Gesù, e possiamo dividerlo in tre punti:
- la richiesta di segni (v. 38);
- il giudizio generale di Gesù (v. 39a);
- il contro segno dato dal Maestro (v. 39 b).
Quando la Fede va alla ricerca del miracoloso, meraviglioso, della soddisfazione visiva, del segno, vuol dire che, o è in crisi oppure non è mai è divenuta mai adulta.
«Maestro, noi vorremmo vedere un segno», la richiesta di alcuni “scribi e farisei” rivolta a Gesù è del tutto legittima.
Dal loro canto, essi ragionano con il proposito di paragonare Gesù a Mosè.
Infatti, Mosè e Aaronne hanno rivelato il progetto di Dio attraverso una serie di segni (Esodo, capitoli 7-11).
Nel linguaggio biblico il termine sêmeion indica generalmente un segno miracoloso, vale a dire uno stravolgimento della realtà ordinaria.
Tutte le religioni hanno giocato molto su questa dimensione.
Ancora oggi in alcune correnti carismatiche del cristianesimo la ricerca del “segno” fa parte del percorso di Fede.
Nel cattolicesimo romano IL “SEGNO” CIOÈ UN MIRACOLO è anche indispensabile per proclamare una persona beata o santa.
Il nostro brano ci fa comprendere però un atteggiamento piuttosto critico che il cristianesimo delle origini ha manifestato nei confronti di tale ricerca.
Nelle risposte che Gesù dà ai suoi interlocutori risuona, infatti, la voce della comunità post-pasquale che si interrogherà profondamente sul significato dei segni ricevuti.
Infatti Matteo racconta nei capitoli precedenti alcune guarigioni e narra persino l’episodio di una ragazza morta ritornata alla vita (Matteo 9,18-26).
Il segno per eccellenza è tuttavia la risurrezione di Gesù, letta alla luce del libro di Giona.
Non dimentichiamo che, il racconto di Giona, fortemente simbolico è stato sempre interpretato, sin dall’inizio, come profezia della risurrezione del Cristo.
Ninive, la grande capitale imperiale, indica invece l’intero mondo dei gojim che riscoprono la Fede nel Dio d’Israele.
La stessa cosa vale anche per la “regina di Saba, o regina del mezzogiorno” (1 Re 10,1-10):
- “10 La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, venne per metterlo alla prova con enigmi.2 Venne in Gerusalemme con ricchezze molto grandi, con cammelli carichi di aromi, d’oro in grande quantità e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli disse quanto aveva pensato. 3 Salomone rispose a tutte le sue domande, nessuna ve ne fu che non avesse risposta o che restasse insolubile per Salomone. 4 La regina di Saba, quando ebbe ammirato tutta la saggezza di Salomone, il palazzo che egli aveva costruito, 5 i cibi della sua tavola, gli alloggi dei suoi dignitari, l’attività dei suoi ministri, le loro divise, i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, rimase senza fiato. 6 Allora disse al re: «Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua saggezza! 7 Io non avevo voluto credere a quanto si diceva, finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non me n’era stata riferita neppure una metà! Quanto alla saggezza e alla prosperità, superi la fama che io ne ho udita. 8 Beati i tuoi uomini, beati questi tuoi ministri che stanno sempre davanti a te e ascoltano la tua saggezza! 9 Sia benedetto il Signore tuo Dio, che si è compiaciuto di te sì da collocarti sul trono di Israele. Nel suo amore eterno per Israele il Signore ti ha stabilito re perché tu eserciti il diritto e la giustizia». 10 Essa diede al re centoventi talenti d’oro, aromi in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono mai tanti aromi quanti ne portò la regina di Saba a Salomone”.
In questo caso però viene richiamata la figura di Salomone. Salomone rappresenta simbolicamente sia la perfezione del governo sia la somma saggezza.
Mai dobbiamo dimenticare che IL “CREDERE” SI CONCRETIZZA NELLA RINUNCIA DEL “VEDERE”.
Il credere, dunque, non può essere sostenuto solo dal ragionamento, anzi questo in certi momenti è di ostacolo, deve quindi essere informato dall’amore.
CREDERE ED AMARE FANNO PARTE DELLA STESSA MODALITÀ DI RAPPORTARSI ALLE PERSONE, E DI CONSEGUENZA A DIO.
Credere e amare però richiedono un po’ di follia che dia il coraggio, per dirla biblicamente, di attraversare il mare di Galilea a piedi!
Di quante statue che piangono e di miracoli eclatanti abbiamo bisogno per arrenderci all’evidenza della Fede?
Sconforta e addolora l’atteggiamento dei farisei: Gesù ha parlato e ha compiuto segni inequivocabili, ha guarito ciechi e zoppi, fra la folla si aggirano sordomuti che ora cantano e lodano il Signore.
Hanno visto persone scoraggiate e rassegnate rivivere, rianimate dalla speranza. Hanno visto tenerezza e dolcezza, attenzione e forza, compassione e coraggio.
Ma nulla, niente da fare, il loro cuore è appesantito, indurito, inchiodato.
Chiedono dei segni, come se fossero i segni a far cambiare la nostra vita.
E non fosse, piuttosto, il cuore che sa leggerli a convertirci.
Gesù è irritato e non darà altri segni SE NON QUELLO DI GIONA.
Giona, il profeta riluttante che, chiamato da Dio ad annunciare la distruzione di Ninive, preferisce scappare ben lontano dal Signore e dalla grande città.
Ma, alla fine, egli accetterà di predicare e, INASPETTATAMENTE, GLI ABITANTI DI NINIVE SI CONVERTIRANNO. Ed ecco, bene più di Giona c’è qui: il Signore Gesù Cristo, il Benedetto…
Chi cerca segni, prove, che è veramente amato, dimostrazioni che Gesù sia veramente il Messia, non sarà mai soddisfatto.
Perchè i miracoli destano curiosità, brama insaziabile di altri segni; forse basterebbe saper leggere e interpretare quello che c’è prima di pretendere tanti e tanti e tanti altri segni ancora.
Per questo nel Vangelo secondo Marco, ai farisei venuti per discutere con lui e metterlo alla prova, Gesù risponde:
- “In verità vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno” (Mc.8,12).
Nel vangelo secondo Matteo viene dato il “segno di Giona”, segno che rinvia alla morte e alla resurrezione di Gesù: come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Cristo resterà tre giorni e tre notti nel sepolcro, e il terzo giorno risorgerà dai morti (Mt.12,40).
Anche Luca parla del segno di Giona, un segno che non è più indirizzato soltanto ad alcuni scribi e farisei (Mt.12,38), ma a tutti quelli che in un modo o nell’altro si avvicinano a Gesù.
La relazione tra Giona e Gesù in questo caso però verte sulla predicazione.
Gli abitanti di Ninive, estranei alla fede nel Dio di Israele, si convertono e cambiano vita all’udire l’annuncio di quel povero profeta che ha fatto di tutto per sottrarsi al suo compito, hanno saputo cogliere al di là della meschinità e della miseria umana di Giona un appello a cambiare modo di vita.
Gesù, profeta in cui c’è distanza tra parola e vita, “Mai nessuno ha parlato come quest’uomo”, dicono le guardie che erano state inviate ad arrestarlo e che restano colpite dalle sue parole e dalla coerenza tra vita e parole (Gv 7,46) – è “più grande di Giona”, eppure non viene accolto.
La regina di Saba, regina del sud, venne “dagli estremi confini della terra” (Lc 11,31), PER INCONTRARE IL RE SALOMONE, NE RICONOBBE LA SAPIENZA E PROCLAMÒ BEATI QUELLI CHE AVEVANO L’OPPORTUNITÀ DI STARE ALLA SUA PRESENZA E DI ASCOLTARLO.
E Gesù dice di sé “…ecco vi è qui uno più grande di re Salomone”.
Gli abitanti di Ninive, la regina di Saba, “i lontani” si leveranno nel giorno del giudizio (un giudizio che comincia già oggi) “contro questa generazione”, che è anche la nostra, per smascherare la malvagità di chi si dice cristiano, di chi cerca “segni e sapienza” (1Cor 1,22), ma non appartiene al numero di quei beati “che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11,28).
Diceva, ammonendo, Ignazio di Antiochia (parlando ai cristiani di Efeso 15,1):
- “È meglio tacere [sulla nostra fede in Gesù] ed essere [veramente cristiani] che parlare senza esserlo”.
Alcune curiosità archeologiche:
Nel 2000 una nuova eccezionale scoperta archeologica, ad opera di Bill Glanzman, l’archeologo canadese dell’Università di Calgary, sembra aver svelato uno dei più affascinanti misteri dell’antichità.
È stato rinvenuto un grandioso tempio, del 1500 avanti Cristo, riemerso tra le pietre e le sabbie del deserto dello Yemen del nord, che sembra confermare l’esistenza della mitica Regina di Saba.
Ma non solo. L’edificio – paragonato alle piramidi di Gaza per la sua bellezza e la sua maestosità – è stato già definito dagli esperti “come l’ottava meraviglia del mondo”.
Il tempio potrebbe essere un tassello decisivo per dimostrare che il personaggio della Regina di Saba visse davvero.
Finora, tutte le ricerche di prove inconfutabili sull’esistenza della leggendaria protagonista di uno degli episodi più noti della Bibbia, erano state vane.
L’unica testimonianza è proprio dall’Antico Testamento, che la descrive come una donna bellissima, saggia e con un grande temperamento: affrontò mille pericoli per attraversare tutta l’Arabia e giungere fino a Gerusalemme, dove incontrò il saggio Salomone, da cui ebbe un figlio, il fondatore della dinastia reale d’Etiopia.
Per individuare l’edificio, completamente sepolto dal deserto a Mahram Bilqis, vicino all’antica città di Marib, gli archeologi si sono avvalsi di sofisticati strumenti tecnologici, tra cui alcuni radar capaci di penetrare i diversi strati del terreno.
Scoperte che possono gettare nuova luce sulle antiche civiltà dell’Arabia meridionale e in particolare sul regno sabeo.
Dai primi esami, infatti, è emerso che il tempio risale a circa 3500 anni fa, e sarebbe rimasto attivo fino al VI secolo avanti Cristo, diventando meta privilegiata di un pellegrinaggio fiorente proprio durante il presunto regno della Regina di Saba, intorno al 950 avanti Cristo.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!