17 GENNAIO – LUNEDÌ – SANT’ANTONIO ABATE – Marco 2,18-22 “Lo sposo è con loro”.

 il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Marco 2,18-22

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

Sant’Antonio Abate, detto anche sant’Antonio il Grande, sant’Antonio d’Egitto, sant’Antonio del Fuoco, sant’Antonio del Deserto, sant’Antonio l’Anacoreta, Sant’Antonio con la barba bianca (Alto Egitto, 250 – 356, morì a 105 anni) si sentì chiamato a seguire il Signore nel deserto udendo nella liturgia il vangelo «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri» (Mt 19, 21); «Non affannatevi per il domani» (Mt 6, 34).

Fu un ineguagliabile PADRE DEL DESERTO. La pittura (con Sassetta, Paolo Uccello, Hieronymus Bosch e Mathis Grünewald, per citare soltanto i più famosi), la letteratura (con Gustave Flaubert, Anatole France e Luca Desiato), la musica (con Paul Hindemith e Ottorino Respighi) si sono ispirate alla loro vita, cogliendone, talvolta, soltanto gli aspetti pittoreschi o folcloristici: le tentazioni, i demonietti, i mostriciattoli che popolano i deliziosi quadretti degli apoftegmi.

È considerato il padre di tutti i monaci e di ogni forma di vita religiosa, NONCHÉ IL FONDATORE DEL MONACHESIMO CRISTIANO E IL PRIMO DEGLI ABATI. Sensibile ai problemi del suo tempo, collaborò per il bene comune con i responsabili della vita ecclesiastica e civile. I Copti, i Siri e i Bizantini ricordano il suo «dies natalis», la “nascita al cielo” il 17 gennaio

A lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale, detto “abbà”, si consacrarono al servizio di Dio.

La sua vita ci è raccontata nella “VITA ANTONII” dal suo discepolo e amico Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria.

Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l’intreccio di una corda. Da questo dedusse che, oltre alla preghiera, i monaci si dovevano dedicare anche a un’attività concreta.

Così ispirato condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivano per procurarsi il cibo e per fare carità.

In questi primi anni fu molto tormentato da tentazioni fortissime, dubbi lo assalivano sulla validità di questa vita solitaria. Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare e che lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo.

Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella roccia nei pressi del villaggio di Coma.

In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio, dove, senza sensi venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portargli del cibo e fu trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise pian piano in salute.

In seguito Antonio si spostò verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esisteva una fortezza romana abbandonata, con una fonte di acqua.

Era il 285 e rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno. In questo luogo egli proseguì la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato, secondo la leggenda, dal demonio.

Con il tempo molte persone vollero stare vicino a lui e, abbattute le mura del fortino, liberarono Antonio dal suo rifugio. Antonio allora si dedicò a lenire i sofferenti operando moltissime “guarigioni” e “liberazioni dal demonio“.

Nella iconografia sacra è raffigurato con un bastone a forma di stampella per malati, un maiale affianco, e un campanello che annunciava il suo arrivo.

Coloro che seguirono nella sua via Antonio Abate, curavano in modo specifico era l’herpes zoster detto anche “il fuoco di Sant’Antonio”, molto diffuso tra i poveri a causa della cattiva alimentazione, ed anche l’ergotismo, che era provocato soprattutto dall’ingestione di segale cornuta (veniva così chiamata la segale contaminata da un fungo che sviluppava un alcaloide che provocava l’intossicazione).

Gli antoniani usavano soprattutto il grasso di maiale come emolliente per le piaghe provocate dal fuoco di Sant’Antonio, per questo nei loro possedimenti allevavano spesso i maiali che simbolicamente venivano raffigurati anche nelle chiese dell’Ordine.

I simboli antoniani

Il “Thau” era il simbolo degli antoniani, probabilmente venne scelto perché, oltre a ricordare la croce, rappresentava la stampella usata dagli ammalati e alludeva alla parola “thauma“, che in greco antico significa “prodigio“.

Secondo altre fonti, essendo la lettera “thau” l’ultima dell’alfabeto ebraico, essa indicava le cose ultime a cui il grande santo taumaturgo Antonio sempre pensava.

Altro simbolo era la campanella, con la quale gli antoniani annunciavano il loro arrivo durante gli spostamenti e le questue.

Simboli che, col tempo, sono diventati attributi dello stesso sant’Antonio abate a cui tradizionalmente è associata anche l’immagine del fuoco, sia in virtù del potere taumaturgico del santo nella cura del fuoco di Sant’Antonio, ma ANCHE PERCHÉ -SECONDO LA TRADIZIONE POPOLARE- IL SANTO ABATE È CUSTODE DELL’INFERNO, DA DOVE SOTTRAE LE ANIME DANNATE, INGANNANDO I DIAVOLI CON ABILI STRATAGEMMI.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Non è più il tempo del digiuno come per i discepoli del Battista: ormai lo sposo è arrivato. Gesù invita l’uditorio a cogliere la radicale differenza fra lui e Giovanni: questi è stato inviato a preparargli la strada.

Perciò Giovanni vive nell’ascesi e nella penitenza, secondo il tradizionale modello del profeta biblico ma quello stile, ora, va superato, perché è il tempo della gioia e della festa.

Lo sposo è con noi, non dobbiamo digiunare se non per ricordarci che egli è il per sempre presente!

  • “Perché i tuoi discepoli non digiunano?”

La domanda posta dai farisei a Gesù nasconde un’accusa di poca devozione da parte di Gesù e dei suoi discepoli, altrove accusati di essere dei mangioni e dei beoni.

Gesù non rinnega affatto l’importanza ed il valore del digiuno, ma ci fa capire che bisogna ben comprendere per chi digiunare e quando sia il momento: Si digiuna nell’attesa di un’unione eterna con Dio.

Se ogni digiuno porta con sé una nuova fame, non è vero digiuno quello che è fatto solo nello spirito della Legge, MA LO È SOLO QUELLO CHE È FATTO IN CRISTO E PER CRISTO.

E poi dobbiamo chiederci quale fame portano con sé coloro che non conoscono Cristo? Fame di cose nuove o di cose vecchie? Una fame che non ha speranza di essere saziata o una fame che già vede la caparra della sazietà in Dio?

E in questo momento evangelico, certamente non sono degni di biasimo i discepoli di Cristo, MA SONO SEGNO DI VERITÀ E DI VITA CHE VIENE DAL CIELO, PERCHÉ CRISTO-SPOSO E’ CON LORO.

I farisei, invece, che digiunano spesso, secondo loro, hanno una loro idea ben precisa di religiosità: il pio israelita, il devoto, rispetta con puntiglio ogni norma della Torah, e vive con timore la propria vita.

Ancora oggi molti hanno questa idea, anche tra di noi: la persona devota è mortificata e penitente, compassata e seriosa.

Anche noi rischiamo di fare come i contemporanei di Gesù: leggere l’evento nuovo del Vangelo con categorie vecchie, cercando di ricomprenderlo con le nostre limitate categorie mentali umane.

Non è così, perché la novità portata da Gesù è talmente assoluta che ogni schema, ogni categoria, eccede le nostre possibilità di comprensione.

A volte anche le nostre categorie religiose, sane e sante, rischiano di ingabbiare la dinamica evangelica, di ricondurre l’inaudito di Dio entro rassicuranti confini a noi più comodi, che più ci rassicurano.

  • “Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi.”

Ma che cosa significa esattamente “mettere vino nuovo in otri nuovi?

L’EVANGELISTA AVVERTE IL PERICOLO CHE ANCHE L’INSEGNAMENTO DI GESÙ VENGA TRASFORMATO IN REGOLE CHE LE PERSONE DEVONO OSSERVARE, IN REGOLE CHE NON CORRISPONDONO A QUELLO CHE LE PERSONE VIVONO.

Siamo chiamati a comprendere che:

  • LA GRANDEZZA DEL VANGELO STA NEL FATTO CHE ESSO È UN TESTO VIVENTE.
  • Essere cristiani non vuol dire rispettare una legge, anche se divina, ma incontrare una persona VIVENTE IN ETERNO, che è Cristo, NELLA SUA PAROLA, NEI SUOI GESTI, NEI SUOI SEGNI SACRAMENTALI E NELLA VITA.

E ALLORA POSSIAMO COMPRENDERE CHE CERTAMENTE SBAGLIA CHI VEDE L’OPERA DI GESÙ NELL’OTTICA DELLA LEGGE ANTICA.

Cristo non è venuto per ricucire in qualche modo il rapporto tra l’uomo e Dio.

MA È VENUTO PER CREARE UN RAPPORTO COMPLETAMENTE NUOVO E PER CELEBRARE UN SODALIZIO CON LA SUA CHIESA, IN VIRTÙ DEL QUALE TUTTI COLORO CHE LO SEGUONO ENTRANO NEL NOVERO DEI FIGLI DI DIO.

MADELEINE DELBREL (1904-1964), prima atea convinta, poi convertita e mistica, poetessa e assistente sociale francese. Non riconoscendosi più negli ambienti comunisti atei, scriverà che essi sono una «terra favorevole per la nostra conversione», UNA PROVOCAZIONE A RISCOPRIRE LA FEDE COME UN DONO INAUDITO, LA SUA ORIGINALITÀ E LA SUA BELLEZZA.

In questo modo Madeleine rileggerà e attualizzerà come fatto epocale l’insegnamento di SAN GIOVANNI DELLA CROCE sulla “notte dello spirito“. Così infatti scriveva a un’amica nel 1960:

«San Giovanni della Croce vi parlerebbe, perché egli la vede, dell’immensa e incosciente miseria del mondo d’oggi. Ciò che sicuramente Dio vuole è una compassione e una speranza proporzionate a una tale miseria, una fede capace di glorificare Dio dove vuole, come vuole. In questo mondo “che cambia” così improvvisamente, così brutalmente, si direbbe che il Signore voglia che la sua redenzione passi attraverso delle vite che si lasciano cambiare a suo piacimento… sconvolgere. Sembra volere delle persone che in questa specie di avventura sappiano che non mancano di nulla ed escano in pace»

Il 26.01.2018 verrà proclamata VENERABILE da Papa Francesco. Ella diceva che dobbiamo:

  • “Vivere come Gesù Cristo ha detto di vivere, fare ciò che Gesù Cristo ha detto di fare e viverlo e farlo nel nostro tempo.”

C’è bisogno di una nuova generazione e non si può essere generati un’altra volta se non dal cielo e per opera del Figlio di Dio.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!