«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 18,21-19,1
+ In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano. Parola del Signore
Mediti…AMO
Terminiamo con la pericope odierna la lettura del quarto dei cinque grandi discorsi di Gesù nel vangelo secondo Matteo, detto anche “discorso ecclesiale”, perché in esso sono contenuti insegnamenti riguardanti la vita dei discepoli che vivono in comunità, nella Chiesa.
Viene innanzitutto riferito il contesto dell’insegnamento di Gesù contenuto nella sua parabola.
Avendo egli enunciato le esigenze della correzione fraterna e del perdono reciproco (Mt 18,15-20), Pietro solleva una questione alla quale Gesù risponde subito in modo perentorio, ma poi rivela “in proposito” cosa accade nel regno dei cieli, e quale comportamento l’azione di Dio ispira nei discepoli.
Questa pagina è un insegnamento decisivo nella vita ecclesiale, e dobbiamo confessare che noi cristiani la leggiamo spesso e volentieri, ma poi non riusciamo a metterla in pratica quando siamo coinvolti in dinamiche analoghe.
E QUESTO PERCHÉ, FRATELLI E SORELLE, NOI SAPPIAMO BENE CHE PERDONARE È SEMPRE DIFFICILE… LO È GIÀ UNA VOLTA SOLTANTO.
Secondo la tradizione giudaica si riteneva si potesse perdonare fino a tre volte lo stesso peccato, per poi riconciliarsi con chi l’ha commesso.
Pietro su questo tema fa la domanda, una di quelle tipiche da discepolo al maestro, ampliando la possibilità fino a sette, probabilmente aspettandosi da parte di Gesù una correzione al ribasso (sullo sfondo c’è il testo di Gen 4,24 in cui il “sette volte” ampliato a “settantasette” è usato per indicare la rappresaglia illimitata).
Alla logica della vendetta, Gesù contrappone l’evangelico perdono senza limiti (questo significa “settanta volte sette”), così come Dio fa con l’uomo.
La successiva parabola del servo, debitore graziato che poi diventa creditore spietato (Mt 18,23-35), vuole illustrare questo insegnamento e mettere in guardia chi indurisce il cuore e si chiude al perdono da concedere al fratello.
Di conseguenza il Signore spiega quelle sue parole così nette attraverso una parabola che, come sempre sulla sua bocca, è rivelazione, è un alzare il velo su Dio e sulla sua azione.
Il racconto, che mette in scena un re e due servi debitori, si sviluppa in tre atti, seguiti da un commento conclusivo di Gesù:
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il re e il debitore nei suoi confronti (vv.23-27);
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il primo debitore e un fratello a sua volta debitore verso di lui (vv.28-31);
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il confronto definitivo tra il re e il primo debitore (vv.32-34).
Un re vuole fare i conti con i suoi servi, ed ecco che gliene viene presentato uno il quale è debitore verso di lui di una cifra enorme, iperbolica: DIECIMILA TALENTI (tenendo conto che un denaro corrisponde alla paga media giornaliera di un operaio), impossibile da rimborsare per un servo!
Di fronte alla prospettiva della vendita dei suoi familiari come schiavi e della prigione per sé, quest’uomo si inginocchia davanti al re e lo supplica: “Sii grande di animo con me (tradotto con “sii paziente con me), e ti restituirò ogni cosa” (di fatto ciò sarebbe stato impossibile!).
Di fronte a tale disperazione e sofferenza il re, “mosso a viscerale compassione” (splanchnistheís – il verbo indica la stessa compassione che “vive” DIO), preso cioè da un sentimento di misericordia, lo lascia andare e gli condona il debito.
Siamo in presenza di un re che esige l’osservanza della legge ma che, di fronte, a chi soffre perché non può ottemperare alla giustizia, FA REGNARE LA MISERICORDIA E NON PIÙ LA LEGGE.
QUESTO RE, CHE E’ DIO, HA UN CUORE CAPACE DI LASCIARSI FERIRE DAL MALE PATITO DAL SUO SERVO.
Ma ecco che sopraggiunge una scena simmetrica.
Quest’uomo perdonato, radicalmente salvato insieme alla sua famiglia, esce libero, per vivere in pienezza di libertà e di relazioni; e subito incontra un suo compagno, anzi precisamente un suo con-servo, debitore nei suoi confronti di una cifra modesta, cento denari, l’equivalente della paga di poco più di tre mesi di un lavoratore nella campagna.
Appena lo vede, lo afferra al collo e lo soffoca intimandogli di saldare il debito.
L’altro lo supplica con le medesime parole da lui usate in precedenza “Sii grande di animo con me (sii paziente con me) e ti restituirò”.
Ma egli non accetta, perciò lo fa gettare in prigione fino al momento della restituzione del debito.
NELLA PRIMA SCENA IL RE PERDONA AL SERVO, NELLA SECONDA IL PERDONATO NON PERDONA AL FRATELLO!
La differenza di comportamento tra i due creditori è messa in luce dalla terza scena.
Quando il re viene a sapere dagli altri servi ciò che ha fatto il servo da lui perdonato, lo fa chiamare e e gli dice “…servo cattivo, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo con-servo, così come io ho avuto pietà di te?”.
Ecco rivelato ciò che mai, noi cristiani, dobbiamo dimenticare… IL FONDAMENTO DI OGNI AZIONE DI PERDONO STA NELL’ESSERE STATI PERDONATI.
IL CRISTIANO SA DI ESSERE STATO PERDONATO DAL SIGNORE CON UNA MISERICORDIA GRATUITA E PREVENIENTE, SA DI AVER BENEFICIATO DI UNA GRAZIA INSPERATA, PER QUESTO NON PUÒ NON FARE MISERICORDIA A SUA VOLTA AI FRATELLI E ALLE SORELLE, DEBITORI VERSO DI LUI.
Se uno non sa perdonare all’altro senza guardare al numero di volte in cui ha concesso il perdono, e non sa farlo con tutto il cuore, ALLORA NON RICONOSCE CIÒ CHE GLI È STATO FATTO, IL PERDONO DI CUI, PER PRIMO, EGLI STESSO È STATO DESTINATARIO.
DIO PERDONA GRATUITAMENTE, IL SUO AMORE E IL SUO PERDONO, CHE MAI ABBIAMO MERITATO, MA OCCORRE SEMPLICEMENTE ACCOGLIERE QUESTO DONO E, IN UNA LOGICA DIFFUSIVA, ESTENDERLO AGLI ALTRI.
Fratelli e Sorelle, le parole che egli pronuncia sono identiche nel contenuto, a quelle con cui chiosa la quinta domanda del Padre nostro “…rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12).
Gesù ci consegna l’ultima e definitiva narrazione di Dio, LA CUI MISERICORDIA È IL TRATTO ESSENZIALE PER CONOSCERLO ED È L’AZIONE CON CUI DIO STESSO CI METTE IN COMUNIONE CON SÉ, E CON LA QUALE CI RIVELA LA SUA ONNIPOTENZA.
Certamente, mi direte voi, per l’uomo non è facile accettare questo volto di Dio, perché tutte le religioni hanno sempre predicato UN DIO CHE FA GIUSTIZIA, CHE PUNISCE IL MALE COMMESSO, E CHE, NELLA SUA ONNIPOTENZA, CASTIGA.
Non è facile perché noi uomini abbiamo, nel cuore, UN TRISTISSIMO CONCETTO DI “GIUSTIZIA UMANA” e pretendiamo di applicarlo a Dio.
Ma Gesù ci ha rivelato il volto di Dio come volto di colui che:
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ci ha amati mentre gli eravamo nemici,
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ci ha perdonati mentre peccavamo contro di lui,
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ci è venuto incontro mentre noi lo negavamo (Rm.5,8.10).
Ecco perché Gesù ci chiede addirittura l’amore verso i nemici (Mt 5,43-47), novità del comandamento dell’amore del prossimo esteso fino al nemico (Mt 19,19 e 22,39 e Lv 19,18).
In obbedienza al nostro amatissimo “Re dei Re”, dunque, l’amore e il perdono del cristiano siano gratuiti, senza calcoli né restrizioni, “di cuore”.
Perché, se il cristiano perdona facendo calcoli, SVALUTA QUEL PERDONO CHE PROCLAMA A PAROLE.
SIAMO CHIAMATI, NEI SECOLI ETERNI A PERDONARE L’IMPERDONABILE: QUESTA L’UNICA MISURA DEL PERDONO CRISTIANO!
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!