“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 12,20-33
+ In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. Parola del Signore
Mediti…AMO
L’episodio del vangelo odierno colloca il Siugnore a Gerusalemme, nei giorni appena precedenti la Pasqua: quella che per Gesù sarebbe stata l’ultima.
La città santa si va affollando di ebrei venuti anche di lontano, dalla diaspora, cioè dalle comunità ebraiche da tempo stanziatesi fuori dalla terra d’Israele, tra popoli pagani dei quali hanno finito per adottare anche la lingua (si capirà bene nell’episodio della Pentecoste) o i nomi propri.
Alcuni ebrei, di lingua greca, hanno sentito parlare di Gesù, e forse hanno assistito poco prima al suo trionfale ingresso a Gerusalemme (quello che la liturgia celebrerà domenica prossima) e vorrebbero incontrarlo personalmente.
È per questo che si rivolgono a Filippo, il quale probabilmente aveva rapporti con loro (infatti questo apostolo porta un nome greco e, precisa l’evangelista, era di Betsaida di Galilea, regione abitata da numerosi non-ebrei).
Filippo si consulta con Andrea (altro apostolo dal nome greco) e i due insieme presentano la richiesta al destinatario.
L’evangelista non riferisce l’andamento dell’incontro con quei forestieri, ma riporta una sintesi di quanto Gesù ha detto loro, e in particolare l’annuncio di quanto gli sta per accadere.
“Vogliamo vedere Gesù….” è la domanda che, alcuni greci rivolgono a Filippo.
Come altri personaggi, anche questi, che oggi incontriamo nel quarto evangelo, possono essere assunti a simbolo di tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutte le culture, i quali chiedono e desiderano di conoscere Gesù.
Questi “greci” di cui il Vangelo parla, non hanno un nome, e questo significa che, il loro nome, è quello di ognuno di noi.
Quando Filippo e Andrea riferiscono a Gesù la richiesta dei due greci, egli risponde che è giunta la sua “ora“.
Quell’ora che non era ancora “arrivata” a Cana, che “stava venendo” nell’incontro con la samaritana al pozzo di Giacobbe, quella “ora” per cui era venuto sulla terra, ora stava per giungere.
È l’ora della sua passione e morte, e pur se più volte avesse avuto la tentazione di fuggire il pericolo della cattura che vedeva avvicinarsi sempre più, ed anche di allontanarsi da Gerusalemme, come gli stessi discepoli più volte lo avevano esortato a fare, non si sottrae a questa terribile ora.
Un’ora fortemente drammatica, che lo aveva portato ad esclamare “…l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre glorifica il tuo nome“.
Ecco perchè decise di restare ed entrare a Gerusalemme, anche se questo gli sarebbe costato la morte.
Ne era ben consapevole, tanco che più volte l’aveva detto, scandalizzando anche i più vicini a lui.
E, oggi, nel tempio lo ripete a tutti i presenti, sotto forma di parabola “…se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto“.
Al Signore non era bastato venire sulla terra, e già questo mostrava l’incredibile amore per gli uomini.
Ma era necessario donare la vita sino alla fine, fino all’effusione dell’ultima goccia di sangue.
Ma è bene ricordare che Gesù non cercava affatto la morte. Non voleva morire.
Infatti nella Lettera agli Ebrei è detto “…Cristo, nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà“.
Ma nell’obbedienza al Vangelo e l’amore per gli uomini erano per Gesù più preziosi della sua stessa vita.
Ed è qui il grande mistero della Croce.
Il Signore non era venuto sulla terra per “rimanere solo“, bensì per portare “molto frutto“.
E l’unica via per portare frutto, ossia per raccogliere i dispersi, Gesù la indica nel brano evangelico”…chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna“.
Sono parole che sembrano incomprensibili, e per certi versi lo sono; esse suonano totalmente estranee al comune sentire, da risultare indecifrabili dal punto di vista semantico.
Tutti amiamo conservare la vita, custodirla, preservarla, risparmiarla dalla fatica; nessuno è portato ad “odiarla“, come invece sembra suggerire il testo evangelico.
Ma la morte di Cristo è feconda di vita, come anche camminare alla Sua sequela, portando la croce, è altrettanto feconda di salvezza, perchè fa si che la nostra vita, sia rinnovata e trasfigurata nella Sua morte e nella Sua risurrezione.
E’ la nuova e definitiva alleanza, promessa fin dalle origini e che oggi rileggiamo nel passo del profeta Geremia:
“Ecco verranno giorni dice il Signore nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda lo concluderò un’alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, un’alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele, dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi í il mio popolo“.
Dalla Croce di Cristo, da quel “chicco di grano“, che è caduto a terra, è nato il nuovo popolo dei battezzati, ovvero di tutti coloro che, per usare un’immagine giovannea, sono stati innestati a Lui come i tralci nella vite, e che, perciò, con Lui soffrono e con Lui muoiono, per risorgere con Lui.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!