16.09.2023 – SABATO SANTI CORNELIO E CIPRIANO – LUCA 6,43-49 “Perché mi invocate: Signore, Signore! e non fate quello che dico?”
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 6,43-49
a del Signore
Mediti…AMO
I santi Cornelio e Cipriano sono ricordati dalla Chiesa nello stesso giorno.
SAN CORNELIO, originario di Roma, fu eletto PAPA nel 251 per la sua umiltà e la sua bontà, dopo un periodo di sede vacante a causa della violenta persecuzione di Decio.
Cornelio e si batte contro Novaziano, affermando l’unità della Chiesa universale. Non è solo sintonia personale con papa Cornelio: Cipriano parte dall’unità dei cristiani innanzitutto con i rispettivi vescovi, e poi dei vescovi con Roma quale sede principale, fondata su Pietro capo degli Apostoli.
Ucciso in guerra l’imperatore Decio, il suo successore Treboniano Gallo è spinto a perseguitare i cristiani perché c’è la peste, e la “voce del popolo” ne accusa i cristiani, additati come “untori” in qualunque calamità.
Si arresta anche papa Cornelio, che muore in esilio nel 253 a Centumcellae (antico nome di Civitavecchia).
E viene definito “martire” da Cipriano, che appoggia il suo successore Lucio I contro lo scisma di Novaziano.
SAN CIPRIANO, vescovo e martire, nacque a Cartagine verso il 210. Dopo tre anni dalla sua conversione al Cristianesimo, fu eletto VESCOVO della sua città.
Ritiratosi in clandestinità durante la persecuzione di Valeriano, venuto a conoscenza di essere stato condannato a morte, tornò a Cartagine per dare testimonianza di fronte ai propri fedeli e venne decapitato nel 258.
Fu eletto papa nel 251 per la sua bontà, prudenza e umiltà. Prima di lui, in un tempo di sede vacante, resse la Chiesa il dotto e dinamico prete Novaziano, che aspirava al pontificato.
Quando infatti fu eletto Cornelio, Novaziano lo contrastò, scatenando uno scisma rigorista: accusò il legittimo papa di cedimento verso quei cristiani – i lapsi – che, pressati dai persecutori ad apostatare, non avevano avuto la forza di confessare eroicamente la fede.
Il vescovo di Cartagine, Cipriano, a nome di tutto l’episcopato africano, condividendo l’atteggiamento misericordioso di Cornelio verso chi era caduto nell’apostasia, si schierò in difesa del legittimo papa contro quei cristiani che minavano l’unità della Chiesa.
Cipriano nacque a Cartagine verso il 210. Retore ed avvocato di professione, si convertì al cristianesimo nel 246.
Pochi anni dopo, nel 249, fu eletto vescovo della sua città. Coinvolto nella questione dei lapsi durante la persecuzione di Decio, che colpì anche la Chiesa africana, fu a fianco del papa Cornelio sostenendo la sua posizione e la sua prassi pastorale.
Per evitare mali maggiori, Cipriano a Cartagine e Cornelio a Roma, sancirono con un concilio la condanna dei fautori della discordia.
Qui nel 258 fu preso, processato e decapitato davanti ai suoi fedeli il 14 settembre.
La Chiesa associa, nella prima preghiera eucaristica, Cornelio (di Roma) e Cipriano (di Cartagine) per il loro comune martirio e per il loro comune amore per l’unità della Chiesa
Ma veniamo alla pericope evangelica odierna, Fratelli e Sorelle.
Il vangelo di oggi ci riporta la parte finale del Discorso della Pianura che è la versione che Luca presenta del Sermone della Montagna del vangelo di Matteo.
Albero, Parola, Casa. Con questi tre termini, tre segni concreti Gesù ci aiuta a conversione, a essere misericordiosi come Dio è misericordioso.
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“Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.”
Se sono mandorlo non posso pretendere di produrre uva, se rovo non posso pretendere di profumare di rosa. Accettarmi per quel che sono, avviene solo nella misericordia.
E, nella misericordia mi è chiesto di accogliere l’altro così com’è, senza pretendere di cambiarlo, affinché dia frutti diversi.
Di fatto, nella misericordia, avverrà che sia io stesso, che l’altro porteremo buoni frutti, contenuti in un bel cesto di frutti d’amore.
“L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene.”
E ne siamo convinti: uno può dare, comunicare solo quello che ha, perchè il nostro cuore è un recipiente prezioso, ma dobbiamo fare bene attenzione perché può essere alimentato sia col bene che col male.
È il terribile monito del Signore, alla luce del quale siamo chiamati a comprendere che non basta INVOCARE IL NOME DEL SIGNORE e PARTECIPARE ASSIDUAMENTE ALLA VITA LITURGICA E DELLA COMUNITÀ: queste due cose sono solo il punto di partenza che deve poi sfociare nella concretezza del quotidiano.
Noi siamo chiamati a costruire, la casa della nostra vita, SULLA SOLIDA ROCCIA DELLA PAROLA DI DIO, che sempre ci rassicura, a volte ci giudica, ma quasi sempre ci incoraggia.
Perché un cristiano sta di casa nella Parola, continua a costruire la casa sulla Parola, sul Vangelo che ci porta a Gesù, ci fa incontrare Lui, la Roccia, la Misericordia del Padre dal cuore e viscere di Madre.
Possa lo Spirito soffiare forte su di noi, che gli occhi, la mente, il cuore possano riconoscere Gesù, Misericordia del Padre, come vero Maestro, vera Guida e così essere figli, fratelli della Misericordia, di essa vivere e far vivere.
Ma cerchiamo di non dimenticare che LA PAROLA CHE DIO SEMINA NELLA NOSTRA VITA è affidata alla nostra libertà, per cui tutto dipende dalla nostra attiva collaborazione, affinché ci impegnamo a tradurla in modo coerente, soprattutto quando il dolore, la morte e le difficoltà bussano alla nostra porta.
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Tanti “cristiani” hanno sempre pronta la lista delle difficoltà e dei problemi, utili a tirarsi indietro o per cercare raffinate scuse e compromessi.
E così, invece di tradurre con fedeltà LA PAROLA nella propria vita, iniziano a reinterpretare il dato biblico attraverso ragionamenti che addomesticano la Parola e le fanno perdere la sua carica “esplosiva”.
Chi si comporta così, dà certamente più credito alle sue ragionevoli paure, che alla Parola di Dio.
Ma così facendo, nonostante le buone intenzioni, non sarà in grado di resistere alle tempeste della vita.
Dobbiamo imparare a saper miscelare PAROLA DI DIO, FEDE E FIDUCIA: credere, significa dare credito a Dio, senza chiedere la restituzione con gli interessi.
Dobbiamo fare come la nostra Mamma Celeste, che nella casa di Zaccaria cantava la fedeltà di Dio, e questo le ha permesso di non dubitare, nemmeno per un istante, ai piedi della croce.
”, grida con forza Paolo di Tarso alla Comunità cristiana che è in Efeso (Ef 3,17-19).
Forti di questa autorevole Parola, Fratelli e Sorelle ricordiamoci allora che è sempre necessario vigilare affinché l’insegnamento del Vangelo non resti sospesi nell’aria.
Occorre inoltre acquisire la certezza che, SE LA PAROLA DIVENTA IL METRO DI GIUDIZIO DELLA NOSTRE SCELTE, SE SAPPIAMO RICONOSCERE SENZA INUTILI SCRUPOLI IL NOSTRO PECCATO E LO AFFIDIAMO A DIO, allora la nostra vita, costruita sulla roccia, fruttificherà in opere buone, e in opere di conversione.
Lasciamoci cambiare profondamente da Dio.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!