«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG
Dal Vangelo secondo MATTEO 13,1-23
+ Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno». Parola del Signore
Mediti…AMO
Il capitolo 13 di Matteo è costituito interamente da parabole, eccetto il brano finale 13,53-58 che parla dell’incredulità dei concittadini di Gesù nei suoi confronti.
Tutte queste parabole hanno come tema IL MISTERO DEL REGNO DEI CIELI.
Quasi tutte si ispirano al tema del seme, della semina e della mietitura.
Un’altra caratteristica di questo capitolo è che per le prime due parabole (quella del seminatore e quella della zizzania) vi è una netta separazione tra i discepoli e le folle:
-
le parabole sono per le folle
-
ma la loro spiegazione è riservata unicamente ai discepoli.
Le ultime cinque parabole invece non hanno alcuna spiegazione.
In questo contesto il brano del Vangelo di oggi ci racconta -se si eccettua l’ultima frase- la storia di una catastrofe.
Tutto comincia nella speranza e, nonostante questo, non tarda ad essere ridotto ad un nulla: gli uccelli mangiano il seme; il terreno pietroso gli impedisce di mettere le radici; le piante spinose lo soffocano… tutto segue il suo corso di apparente disperazione.
Nella parabola del seminatore si incontra il “ma” di Dio: ci sono poche speranze, ma vi è almeno una terra buona per portare cento frutti.
È con gli occhi di Gesù che bisogna leggerle questo genere di storie catastrofiche, e bisogna leggerle con Gesù fino in fondo.
La prima parte mostra che tutto è vano. Eppure la storia di questa sconfitta porta ad una conclusione inattesa.
Dio, nella sua infinita misericordia, non lascia che il seminatore soccomba come un personaggio tragico.
Inoltre La sorte del seme nei vari terreni ha spesso lasciato perplessi i lettori antichi e moderni del testo e ha fatto pensare a un seminatore particolarmente distratto.
Ma bisogna ricordare che in Palestina, non accade come nel vecchio Continente, ma lì la semina precede l’aratura.
E si poteva seminare un po’ dovunque, tanto poi sarebbe passato l’aratro.
Peccato però che in questa parabola non si parla di nessuna aratura.
Ma, per contro è anche vero che gli elementi ricordati nella parabola sono tipici dell’agricoltura palestinese: dove il terreno è sempre più sassoso del nostro, le spine servivano da siepi di recinzione, e persino i sentieri dei campi venivano arati.
Però non ci si può fermare troppo alla letteralità della parabola. Ciò che conta è il significato. Ed è solo in questo contesto che si capisce come fa una spiga a produrre cento grani. Altrimenti sarebbe biologicamente UNA un’evidente esagerazione.
L’accento cade sull’attività del seminatore. Nonostante lo spreco e l’insuccesso (che vengono enfatizzati) egli riesce comunque a ottenere un raccolto straordinario. Il seminatore viene indicato con l’articolo il, ciò ne fa il rappresentante della classe dei seminatori.
Non viene spiegato chi sia, ma il contesto lascia facilmente concludere che Gesù stia parlando proprio di se stesso, è Lui che semina la “parola del regno“.
In un certo senso è una parabola in atto: Gesù spiega quello che succede nel momento stesso in cui sta parlando.
Ma vediamo anche IL SIMBOLISMO nel dettaglio:
SI INIZIA CON UN ACCENNO AL MARE DI GALILEA, il luogo della chiamata dei primi discepoli; si prosegue con la parabola del seme sparso a larghe mani: è la grande folla di ogni giorno, chiamata ad essere discepola. All’inizio la folla è sempre una moltitudine indistinta di persone, dinanzi alla quale si staglia il bellissimo contrasto del solo Gesù dinanzi all’umanità. Lui rivolto a ciascuno e a tutti. Un vero incontro, come quello fra il seme e la terra.
IL SEMINATORE CHE ESCE A SEMINARE RACCONTA L’USCITA DEL FIGLIO DAL SENO DEL PADRE. Lui esce perché vuole portare tutti alla stessa condizione familiare: figli nel Figlio dell’unico Padre. Per questo la sua parola è il seme sepolto nella terra.
IL SEME CADE A TERRA. Si lascia andare, si espone alla volontà degli uomini, all’ostilità di ogni terreno; non ha protezione. La terra lo disfa, quasi lo distrugge. E così il seme rinasce, fruttifica; più affonda più riesplode, riempendo la spiga di cento nuovi semi. L’agricoltore è mestiere all’aria aperta. Come quello del pescatore: siccome Gesù è sulla riva del lago, terminerà con una grande pesca. La semina, come la pesca, è un’avventura a due. Anche la creazione è l’avventura di un incontro tra Dio e l’uomo.
IL TITOLO LO DÀ GESÙ: “la parabola del seminatore” che inizia col comando “Ascoltate!”. L’ascolto fa entrare nella beatitudine, nel profondo, perché rende fertile il cuore di chi lo pratica. Tutto è in rapporto alla Parola. Il seme che porta frutto è quello di chi ascolta la Parola.
IL GESTO DEL SEMINATORE È LARGO, generoso; un abbraccio dell’orizzonte. Anche la semina è abbondante, pare uno spreco. Il Figlio che esce dalla casa del Padre sparge la parola, se stesso, senza guardare a come siamo. Così erano i terreni e il modo abituale di seminare nella Palestina dei tempi di Gesù. La strada era un tratturo, strada di campagna; le spine si toglievano dopo e i campi erano sassosi. Povero il terreno e povero il seminatore. Da questa povertà viene però l’abbondanza della storia di Dio in mezzo agli uomini.
Spiegando la parabola, Gesù indica tre modi di sbagliare tutto il rapporto con la vita, o con la vita di Dio, che poi è la stessa cosa: perché il sacro e il reale coincidono.
Gesù riflette su tre immagini, propone tre simboli per indicare tre errori da evitare.
-
Il primo errore lo compie CHI È STRADA aperta a tutte le avventure, e non “comprende” la Parola, chi non sosta in silenzio e in ascolto, e non può capire. Allora vengono gli uccelli del cielo, viene il maligno, e derubano, perché egli non si ferma per capire; perché la Parola di Dio non è MAI ovvia, perché il vangelo non è MAI scontato: chiede tempo e cuore.
-
Il secondo motivo di fallimento che Gesù propone oggi È IL CUORE POCO PROFONDO, icona di un terreno pieno di sassi, dove non c’è molta terra, dove c’è sì una gioia immediata ma che non regge alla prima difficoltà. E, appena giunge un dolore, la parola resta bruciata.
-
Il terzo motivo di fallimento È L’INGANNO DI UNA VITA SBAGLIATA, LA SPINA degli affari, degli interessi, delle preoccupazioni, della carriera, che soffoca gli altri attorno a noi. Soffoca Dio dentro di noi. La ricchezza è una spina nella carne del mondo, una spina perenne nella storia dell’uomo. E non dà nessun frutto, ma solo inganno, e produce guerra e sangue, produce aridità e non nutre nessuno
Ecco allora, Fratelli e Sorelle, che il nostro compito è quello di diventare BUON TERRENO PROFONDO E ACCOGLIENTE, che si apre alla PAROLA DI DIO e accoglie la POTENZA DI DIO.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!