16.05.2022 LUNEDI’ 5′ SETTIMANA DI PASQUA C – GIOVANNI 14,21-26 “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 14,21-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

In questo tempo pasquale la chiesa continua a offrirci i “discorsi di addio” di Gesù (Gv 13,31-16,33), collocati nell’ultima cena ma da intendersi quali parole di Gesù glorificato, del Signore risorto e vivente che si rivolge alla sua comunità aprendole gli occhi sul suo presente nella storia, una volta avvenuto il suo esodo da questo mondo al Padre (Gv 13,1).

Il capitolo 14 del Vangelo di Giovanni è un bell’esempio di come si faceva la catechesi nelle comunità dell’Asia Minore alla fine del primo secolo.

Mediante le domande dei discepoli e le risposte di Gesù, i cristiani formavano la loro coscienza e trovavano un orientamento per i loro problemi.

In questo capitolo 14, abbiamo:

  • la domanda di Tommaso e la risposta di Gesù (Gv 14,5-7),
  • la domanda di Filippo e la risposta di Gesù (Gv 14,8-21),
  • e la domanda di Giuda e la risposta di Gesù (Gv 14,22-26).

L’ultima frase della risposta di Gesù a Filippo (Gv 14,21) forma il primo versetto del vangelo di oggi.

In questo brano Gesù ci parla dell’Amore, un sentimento che rappresenta troppo spesso, quanto di più vago possiamo immaginare.

L’uomo di tutti i tempi, parla tanto e a sproposito di “amore“.

Sarà per il fatto che tutto il resto è crollato, ideali, politica, speranze, e che viviamo in un mondo bellicamente feroce che ci costringe a vivere in continuo affanno, in continua lotta per la sopravvivenza, strangolati dall’idolatria del profitto.

Ecco che, allora, molti si rifugiano nei sentimenti, nelle emozioni, nel privato, sperando di ottenere, almeno in quel contesto, qualche soddisfazione.

Ma confondono i sentimenti con l’AMORE. Poiché troppo spesso utilizzano a sproposito questa parola, della quale, quasi sempre, non ne conoscono affatto il significato.

L’amore vero è sempre una faccenda concreta. Amare a parole non solo conta poco ma risulta anche offensivo. L’AMORE È SEMPRE UNA QUESTIONE DI FATTI CONCRETI E NON DI APPARENZE.

Gesù è categorico: il Padre, Suo e Nostro, è la fonte originaria e originante e diffusiva dell’Amore. Praticare l’Amore quindi, significa fare la sua volontà, esplicitata nei suoi precetti.

E ci spiazza quando parla di amore. Ci dice che lo amiamo se osserviamo i comandamenti.

Con un lungo discorso ci introduce nelle profondità dell’AMORE DIVINO, con concretezza e realismo.

E ci dice che se una persona ama Dio, realizza praticamente nei suoi atteggiamenti gli insegnamenti del Vangelo, orienta la sua vita sul comandamento dell’amore vicendevole.

Se questo accade allora possiamo fare l’esperienza di essere “abitati” dalla tenerezza di Dio.

Perché abbiamo creduto alla sua Parola, che è AMORE, e lo abbiamo incontrato nei sacramenti, che sono i segni efficaci della sua presenza.

E forti di tutto ciò, abbiamo imparato a leggere i nostri accadimenti alla luce della provvidenza e volontà divina e fortificati dallo Spirito Santo, che è “LA CIRCOLAZIONE D’AMORE TRA IL PADRE E IL FIGLIO”, che è stato riversato nei nostri cuori, siamo capaci di affrontare le difficoltà e di superarle con gioia.

E in questa circolazione d’amore che si stabilisce, di conseguenza, tra il Padre e il credente, il primato è da attribuire all’amore di Dio.

È lui che ci ha amato per primo e, con il dono della vita, ci ha offerto anche la possibilità di una comunione d’amore con lui.

Tuttavia questa offerta d’amore da parte del Padre non può realizzarsi senza la libera adesione e collaborazione dell’uomo, che il Vangelo di Giovanni sintetizza con la formula “osservare i miei comandamenti”.

Chi accoglie i suoi comandamenti e non osserva è simile a uno che s’innamora di una donna ma poi non fa nulla per conquistarla. E fa sì che quell’amore si trasformi in un dolore incandescente che brucia dentro.

La Fede funziona alla stessa maniera: NON SI PUÒ RIMANERE A GUARDARE ALLA FINESTRA QUELLO CHE DIO FA.

Dobbiamo con la nostra libertà cercare di aggrapparci a Lui mettendo in atto “una reazione nucleare” dell’amore che Gesù descrive così “…Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

Ecco allora che l’amore diventa così non una “casa” qualunque, MA UNA “CASA ABITATA” DA DIO\AMORE.

E questo perché l’AMORE non è una legge imposta dall’alto ed esterna all’uomo, ma è la Legge stessa dell’amore che Gesù ha rivelato al mondo, con la sua vita radicalmente donata a Dio e ai fratelli.

Osservare i comandamenti significa aprirsi alla Rivelazione di un amore più forte dell’egoismo, dell’individualismo e dei rapporti di potere, un amore che proviene dal Padre e che è in grado di trasformare tutte le nostre relazioni.

Se questo amore è in circolo nelle nostre relazioni, allora possiamo affermare di osservare la Parola di Gesù e siamo certi che Egli si manifesta nella nostra vita.

Ma c’è un’altra parola nel brano odierno che mi colpisce.

  • “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi…”.

In questo contesto dell’ultima cena, nel quale abbiamo detto, sono collocati i “discorsi di addio”, alcuni discepoli gli pongono delle domande:

  • Pietro innanzitutto (Gv 13,36-37),
  • poi Tommaso (Gv 14,5),
  • infine Giuda, non l’Iscariota, MA IL CUGINO DI GESÙ (da parte di padre e di madre), ESSENDO FIGLIO DI ALFEO, FRATELLO DI SAN GIUSEPPE e sua madre era la cugina di Maria Santissima.

Quest’ultimo chiede “…Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?”.

È una domanda che deve aver causato anche sofferenza nei discepoli: dopo quell’avventura vissuta insieme a Gesù per anni, egli se ne va e sembra che nulla sia veramente cambiato nella vita del mondo…

Una piccola e sparuta comunità ha compreso qualcosa perché Gesù si è manifestato a essa, ma gli altri non hanno visto e non vedono nulla.

A cosa si riduce dunque la venuta del Figlio dell’uomo sulla terra, la sua vita in attesa del regno di Dio imminente che egli proclamava?

Giuda Taddeo allora pone a Gesù una domanda, che possiamo tradurre così: “…perché alcune persone percepiscono Dio e altre no?

Percepire è qualcosa di più del sentire. Si avvicina al concepire.

La risposta di Gesù allarga l’orizzonte verso l’azione: chi ama, ovvero chi fa secondo Dio, percepisce la presenza di Dio:

  • “…Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

L’osservare è ben diverso dal conoscere, perché ci insegna ad amare.

Ecco perché Gesù non si manifesta al mondo che non crede in lui, che gli è ostile perché non riesce ad amarlo: per avere la manifestazione di Gesù occorre amarlo!

Ogni volta che si leggono queste parole, si è turbati in profondità: Gesù, figlio di Maria e di Giuseppe, uomo come noi, non ci chiede solo di essere suoi discepoli, di osservare il suo insegnamento, ma anche di amarlo, perché amandolo si compie ciò che lui vuole e facendo ciò che lui vuole lo si ama.

In ogni caso, L’AMORE VIENE DEFINITO NECESSARIO PER LA RELAZIONE CON GESÙ.

Amare è una parola impegnativa, eppure Gesù la utilizza concretamente, leggendo la relazione con il discepolo non solo nella fede, nell’obbedienza all’insegnamento, nella sequela, ma anche nell’amore.

Fratelli e Sorelle carissimi, il vangelo di oggi quindi ci parla di un Dio che è concreto, e ci dice che solo un amore realmente accolto, che si fa concretezza e incarnazione nel cuore dell’uomo, può cogliere la manifestazione del Padre in Cristo.

Il riconoscimento decisivo avviene accettando la croce di Gesù come suprema e compiuta manifestazione dell’amore.

Noi possiamo “vedere” Dio solo amando perché Dio è amore.

E questa non è una definizione, ma l’indicazione essenziale per cogliere la presenza di Dio nel mondo: perché solo amando si è in sintonia con il suo agire.

In questo senso la Fede è possibile solo amando Dio.

Essa non è mai frutto di una deduzione logica o di un ragionamento filosofico.

Ha detto un Padre della Chiesa, SAN GREGORIO MAGNO, nella sua Omelia n.30,1 del testo “Omelie sui Vangeli”:

  • “Colui che ama veramente Dio, ne osserva i comandamenti, e Dio entra nel suo cuore e vi rimane, perché l’amor di Dio riempie talmente il suo cuore, che al tempo della tentazione, non si muove. Questi, allora, ama davvero, poiché un piacere illecito non ne cambia la mente”.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!