16.02.2022 MERCOLEDI’ 6′ SETT. T.O. – MARCO 8,22-26 “…il cieco fu guarito…”
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo MARCO 8,22-26
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio». Parola del Signore
Mediti…AMO
Però questo miracolo della guarigione del cieco di Betsàida, è davvero così strano, fatto a due riprese, fa correre la nostra memoria a Mosè nel deserto che percuote due volte la roccia con la verga per farne scaturire l’acqua a Massa e Meriba. È un richiamo, ancora una volta, al tema dell’Esodo.
Abbiamo quindi due indicazioni sull’importanza del brano. Siamo di fronte a un evento tematico nel vangelo secondo Marco: quello della cecità nei confronti dell’identità di Gesù sia da parte degli oppositori come da parte dei discepoli e della guarigione che Gesù deve operare.
Per questo motivo il brano è esclusivo di Marco: è assente negli altri due sinottici.
Il fatto è ambientato a Betsàida, in territorio pagano, ove è avvenuta anche la guarigione del sordomuto, con il quale la guarigione di questo cieco ha molte affinità: del resto entrambi i racconti sono esclusivi di Marco.
Il sordomuto e il cieco rappresentano i farisei che si sono opposti a Gesù e in qualche modo lo hanno costretto a partire dal loro territorio.
Ma il sordomuto e il cieco di Betsàida rappresentano soprattutto gli stessi discepoli di Gesù; poco prima erano stati rimproverati da Gesù per la loro cecità e sordità.
Gesù ha rivolto loro un rimprovero accorato, fatto da sette domande con le quali viene ribadito che la loro incomprensione sta raggiungendo il colmo.
In questo racconto i discepoli non sono nominati esplicitamente, ma la malattia del cieco ripresenta la chiusura dell’uomo, quindi anche quella del discepolo, di fronte al vangelo.
L’episodio quindi riguarda direttamente il cieco, ma diventa una lezione per tutti coloro che di fronte a Gesù sono ciechi.
Il territorio pagano sembra il luogo più adatto per la comprensione del messaggio cristiano.
Il cieco, come il sordomuto, non è del tutto cosciente della propria situazione, non prende l’iniziativa di accostarsi a Gesù.
Ma possiamo anche dare all’episodio una interpretazione spirituale: Gesù si è radunato un popolo nel deserto, lo sfama con il pane della salvezza, gli dà la forza di camminare. Questo è il miracolo di Gesù, ma quanto è difficile questo miracolo!
Gesù stesso lo prende per mano; entra in contatto personale con Lui e lo conduce fuori da quel clima scomposto dove domina confusione e curiosità.
Lo prende per mano perché un cieco ha bisogno di un contatto vivo e di sentire nel linguaggio di una mano la possibilità di fidarsi.
“Prenderlo per mano” significa dargli sicurezza! Molte volte quel cieco aveva teso la mano chiedendo guida e aiuto. Spesso era rimasto con la mano tesa, o addirittura era stato abbandonato. Forse aveva dato la mano ad un cieco come lui ed entrambi sono caduti
“…lo condusse fuori dal villaggio”. Il cieco deve uscire fuori da Betsàida, abbandonare ciò che per lui significa una protezione, ciò che gli garantisce una sicurezza, una serenità.
Il processo di guarigione non può iniziare nel villaggio, sotto la tutela di coloro che ci conducono.
Il passaggio dal buio alla luce, certamente è un passaggio doloroso, perché siamo chiamati ad abbandonare le pareti familiari che ci difendono, le situazioni nelle quali ci sentiamo al sicuro.
Questo processo ha bisogno dell’esperienza purificante della solitudine; bisogna “lasciare il villaggio” e andare verso il deserto, lì dove siamo finalmente soli con noi stessi.
Il dono della guarigione fisica e della fede è frutto di un incontro profondo e personale con Gesù. Ecco perché occorre prendere le distanze dal vociare della folla.
Per chiarire il significato della frase “fuori del villaggio”, bisogna tenere conto del fatto che essa contiene una chiara allusione al testo del libro di Geremia al capitolo 31,32, dove Dio dice «…prendendo io la loro mano per condurli fuori della terra d’Egitto», ricordando l’esodo liberatore.
Il parallelismo tra Marco e il profeta fa vedere che l’azione di Gesù produce un esodo che porta fuori da una terra di oppressione, rappresentata da «il villaggio».
E, in disparte, a tu per tu con il povero cieco, il Signore opera il miracolo aprendo quegli occhi condannati ormai alle tenebre.
Che cosa il cieco abbia provato è facile immaginarlo. Egli può contemplare tutto ciò che gli sta davanti.
La vita, e tutti quegli stupendi panorami di bellezza e di meraviglia che tutti noi siamo abituati a vedere, ora sono in possesso anche di questo povero uomo, finalmente sanato.
Ma come avviene il miracolo?
E questo povero circo, dapprima vede confusamente, poi con grande chiarezza.
Ciò sembra voler significare che la sua Fede non era completa: poca fede, poca visione; molta fede, visione chiara.
Inoltre, fino a quando non si vede con nitore, come il cieco guarito, non si vede Gesù nella vera luce della sua identità e, di conseguenza, non si è ancora adatti per l’annuncio del vangelo.
Non vedere significa essere simili ai pagani, che somigliano ai loro idoli, i quali “hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono...” (Sal 105,4-6).
Questa guarigione odierna, del cieco di Betsàida, che avviene in due tempi (è un fatto unico in tutto il Vangelo) si presta a simboleggiare, quindi, IL VIAGGIO DELLA FEDE, che avviene progressivamente e non senza esitazioni.
Questa guarigione è un gesto profetico di Gesù e simboleggia anche lo schiudersi degli occhi dei suoi discepoli, che non vogliono vedere i propri occhi aprirsi alla luce della sua messianicità. Solo a seguito di ciò essi diventeranno capaci di dire “…Tu sei il Cristo di Dio!” (Mc 8,29).
Il miracolo del brano odierno è molto simile a quella del sordomuto del cap.2,3-7 di Marco.
Anche qui la guarigione avviene in disparte, c’è il contatto fisico e l’uso della saliva, come in Marco 7,31-37. Ci sono persone, anche qui, che vogliono bene a questo cieco e lo portano a Gesù.
Al tempo di Gesù si credeva che la saliva fosse alito, respiro concentrato e che nel toccarla, in qualche modo si entrasse in contatto con la forza vitale della persona che la emetteva.
Gesù mette la saliva direttamente sugli occhi dell’infermo. Era la saliva di un uomo animato dallo pneuma, un uomo segnato dallo Spirito di Dio. era quindi una saliva particolarmente efficace.
All’epoca era considerata “alito condensato”, ovvero simbolicamente, una immagine dello Spirito.
È certamente una maniera figurata con la quale Marco indica l’azione di Gesù di comunicare il suo Spirito.
Dalla “bocca di Dio” viene la Parola il Verbo che porta la vita. La vita dello Spirito viene a toccare direttamente gli occhi del cieco.
Il gesto poi del toccare, dell’imporre le mani, nei due episodi ricordati, la dice lunga sull’importanza di vivere il contatto fisico con Gesù, per essere guariti.
Quante volte un abbraccio sincero e confidenziale guarisce più di una medicina.
Quante volte una carezza esprime più delle parole quel che si vive. Quante volte appoggiare la mano sulla spalla, tener la mano nella sofferenza o nel pianto incoraggia, protegge, esprime disponibilità, accoglienza, confidenza, affetto, stima.
Gesù non teme questo aspetto, che anche noi cristiani guardiamo con imbarazzo, se non con sospetto, e lo fa diventare un meraviglioso mezzo di guarigione.
E anche quelle persone che conducono il malato da Gesù, hanno tanto da insegnarci. Esse vedono Gesù e vogliono che anche il cieco possa goderne, essere toccati come lo sono stati toccati loro (Mc 6,56).
Hanno visto Gesù toccare il lebbroso e la sua carne è rifiorita come quella di un bambino.
Il tocco di Gesù è quello anche solo del lembo del mantello. Quella donna aveva osato toccarlo (5,30) e ne era rimasta risanata.
Gesù toccò la suocera di Pietro e le guarì la febbre (1,31), così come toccò il sordomuto e gli diede l’udito e la parola (7,33).
Il verbo “toccarlo” all’aoristo, in greco indica che per loro era sufficiente che lo toccasse una sola volta per guarirlo, pertanto possiamo dire che avevano fede in Gesù.
È SIGNIFICATIVO CHE IL MIRACOLO DEL RECUPERO DELLA VISTA AVVENGA SUBITO DOPO L’AMMONIZIONE DI GESÙ AI DISCEPOLI SULLA BARCA, QUANDO AVEVA DETTO: AVETE OCCHI E NON VEDETE, AVETE ORECCHI E NON UDITE? (Mc.8,18).
La durezza di cuore dei discepoli era, quindi, messa in relazione a questa doppia menomazione, sia dell’udito che della vista. Gesù è venuto a guarire chi non sente e anche chi non vede, e, grazie a ciò, anche la durezza di cuore dei discepoli può essere sanata.
Gesù è l’unica luce che dà la vista, che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Il discepolo è un cieco che sa di esserlo, ma riconosce l’impossibilità di guarire da solo e lascia che il Signore agisca secondo la sua misericordia.
E questo ci dice che, nonostante ci siamo convertiti grazie ad un evento importante accaduto nella nostra vita, ancora non vediamo tutto in profondità.
La conversione è un lungo percorso che inizia e procede anno dopo anno, di GRAZIA in GRAZIA, di gloria in gloria, fino alla piena e manifesta comprensione della profondità del mistero di Dio.
Anche a noi, Fratelli e Sorelle, accade lo stesso, quando abbiamo le idee confuse, quando non sappiamo riconoscere la volontà di Dio nei nostri riguardi.
Allora dobbiamo rafforzare la nostra fede, consentendo a Gesù di toccare i nostri occhi con la sua saliva e di imporci le mani.
E dobbiamo ricordarci quindi, che la conversione non è qualcosa di istantaneo. Certo esiste la caduta da cavallo di san Paolo ma anche lui, poi, ha dovuto camminare e non poco per diventare l’Apostolo delle Genti.
Ciascuno di noi non può pensare di essere santo subito. Serve sempre tempo e più e più interventi della GRAZIA DI DIO. Mai credersi arrivati nella via della salvezza.
Alla fine il Signore chiede al cieco di non tornare nel villaggio: spesso, nel vangelo di Marco, la folla, la gente, il clan sono elementi di disturbo, negativi. Ciò che pensa la gente, anche i famigliari, spesso, sono un muro che ci impedisce di accogliere la novità del vangelo.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!