«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MARCO 2,18-22
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!». Parola del Signore
Mediti…AMO
In questo cammino all’interno dell’Evangelo di Marco abbiamo iniziato a vedere i cinque conflitti tra Gesù e le autorità religiose:
- In Mc 2,1-12 abbiamo visto il primo conflitto. Era attorno al perdono dei peccati.
- In Mc 2,13-17, il secondo conflitto è sulla comunione attorno al tavolo, con i peccatori. Il vangelo di oggi presenta il terzo conflitto sul digiuno.
- Domani abbiamo il quarto conflitto, attorno all’osservanza del sabato (Mc 2,13-28).
- Dopo domani, l’ultimo dei cinque conflitti sarà attorno alla guarigione nella giornata del sabato (Mc 3,1-6).
Il conflitto sul digiuno occupa un luogo centrale.
Per questo, le parole sul rammendo nuovo sul vestito vecchio e sul vino nuovo in otri nuovi (Mc 2,21-22) devono essere capite sotto una luce che irradia la sua chiarezza anche sugli altri conflitti, due prima e due dopo.
Gesù non insiste nella pratica del digiuno, che è una pratica assai antica, presente in quasi tutte le religioni, perché è visto come un aiuto fisico alla preghiera. Egli stesso la praticò durante quaranta giorni nel deserto (Mt 4,2).
Il digiuno funziona così: il corpo soffre la fame e in preghiera trasferisce questa fame all’anima.
La fame del corpo viene sublimata nella fame dell’anima, fame che solo Dio può saziare.
Il digiuno diventa così la preghiera del corpo che aiuta e sostiene la preghiera dell’anima.
Il digiuno dei farisei e dei discepoli di Giovanni indicava l’assenza di Dio e non la presenza.
Digiunavano per aver più fame di GRAZIA, MA ERANO TROPPO CONCENTRATI SUL LORO DIGIUNO PER ACCORGERSI CHE IN GESÙ C’ERA GRAZIA A SAZIETÀ.
L’intenzione del digiuno era buona, ma l’uso era dannosissimo: un rito esteriore del vecchio patto veniva preso a metro di giudizio per la gioia esteriore del nuovo patto.
Il vecchio vuole giudicare il nuovo senza averlo compreso. E noi sappiamo bene che molti sono alla ricerca di novità, ma quando la verità arriva, eccoli a rimpiangere il passato e a far finta che non sia arrivato niente d’importante.
E questo perché si ha paura: perché ciò che è vecchio tranquillizza, mentre la novità scuote, interpella, divide.
MA OCCORRE NON DIMENTICARE MAI CHE IL DIGIUNO È CERTAMENTE VALIDO, MA QUELLO CHE CONTA DI PIÙ È LO SPOSO.
Ma il Maestro non insiste con i suoi discepoli perché facessero la stessa cosa, anzi, li lascia liberi. Per questo, i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei, che erano obbligati a digiunare, vogliono sapere perché Gesù non insiste sul digiuno.
E Gesù risponde dicendo che quando lo sposo è con loro, durante la festa di nozze, non hanno bisogno di digiunare. Così dicendo, Gesù si considera lo sposo e i discepoli sono gli amici dello sposo. E, il tempo in cui sta con i discepoli, è pari ad una festa di nozze.
Ma arriverà un giorno in cui lo sposo sarà assente, e allora, se vogliono, possono digiunare. Gesù ovviamente sta già alludendo alla sua morte.
E poi c’è il simbolismo del “rammendo nuovo su un vestito vecchio”, del “vino nuovo in otri nuovi”.
Queste due affermazioni di Gesù, chiariscono l’atteggiamento critico di Gesù dinanzi alle autorità religiose, a cui dice che non si mette una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio. Perché quando il vestito si lava, il rattoppo nuovo squarcia il vestito e si forma uno strappo peggiore.
Perimenti, nessun uomo saggio mette vino nuovo in otri vecchi, perché i gas della fermentazione del vino nuovo spaccheranno gli otri vecchi. Occorre mettere il vino nuovo in otri nuovi.
Con questo insegnamento il Maestro vuol evidenziare che la religione, difesa dalle autorità era come un vestito vecchio, come un otre vecchio.
E non si poteva affatto combinare ciò che di nuovo era portato da Gesù, con i vecchi costumi. Non si può ridurre la novità di Gesù alla misura del giudaismo. O l’uno, o l’altro.
Bisogna saper separare le cose. Gesù non è contro ciò che è “vecchio”, ma vuole evitare che il vecchio si imponga al nuovo.
Non si può mettere il vino nuovo delle parole e delle opere di Gesù in contenitori vecchi, quelli della Legge antica.
Non conviene confrontare quello che fa il Messia con ciò che è ordinato dalla Legge di Mosè, altrimenti si sconvolge la vita ordinata secondo quella Legge.
Non si può essere giudici imparziali, facendo questo confronto come potessimo essere superiori alla Legge e a Gesù Cristo.
Per comprendere lui, è necessario seguirlo, ascoltare le sue parole e metterle alla prova di tutta la realtà, anche alla prova della Legge di Mosè.
Altrimenti sarebbe lo stesso che voler ridurre il messaggio del Concilio Vaticano II AL CATECHISMO ANTERIORE AL CONCILIO.
Ciò che è antico non può contenere la forza del nuovo; il nuovo si esprime con tutta la sua forza nuova, ma è sottinteso che il nuovo può contenere l’antico e nulla va perso.
Così la Nuova Legge del Cristo Re è un grado di contenere il nuovo, senza perdere l’antico.
Questa è la fede che ha vinto il mondo: la fede che si lascia determinare soltanto dalla presenza di Cristo e che rifiuta e denuncia tutte le voci estranee che vogliono giudicarla e comandarla.
Perché la parola di Gesù è l’unica, l’unica che non imprigiona in un dettame, ma libera nella gioia.
Fratelli e Sorelle, se conoscete la gioia in Cristo, conoscete anche la libertà in Cristo, e nessuno la deve toccare. Se ci sentiamo lontani da Gesù, allora c’è motivo di digiunare, di essere triste, di desiderarlo con forza.
Ma se viviamo NELLA GRAZIA E NELLA FEDE, allora ogni giorno è la festa della libertà.
E nelle feste si dà onore al festeggiato e si gode dei suoi doni.
Ma anche se siamo in un momento della nostra vita difficile e triste, l’invito alla festa di Cristo non fa scomparire il nostro dolore, ma ci rafforza e ci aiuta a portarlo.
Al mondo sono i popoli più poveri che fanno le feste più grandi e che si divertono di più, ed è solo tra di essi che una festa di nozze può durare diversi giorni o settimane.
Ma allora io mi chiedo: ma quanto potrà durare la nostra festa con Cristo?
Potrà durare fino a che non ci sarà tolto. Ovvero fino a che la sua presenza davanti a noi non sarà offuscata dalla nostra mancanza di fede, dalla nostra cecità spirituale, da quel nostro troppo avere che nulla più cerca.
ALLORA SARANNO ARRIVATI I GUAI.
E, allora ricordati sempre… il vangelo è la BUONA NOVELLA, la parola nuova che ha bisogno di cuori nuovi che la accolgano e di una vita nuova che la metta in pratica.
La creatività dello Spirito Santo è sempre nuova e sa adattarsi ad ogni situazione, ma richiede un cuore nuovo per poter realizzare l’opera nuova della salvezza, della liberazione interiore.
Per cui non dimenticare ciò che ti dico…
Hai Gesù? Allora fa’ festa!
Ti manca Gesù? Allora digiuna e prega!
Confrontati nella libertà con il GESÙ PRESENTE e con il Gesù solo invocato.
Solo così Gesù sarà nella tua vita SEMPRE PIÙ PRESENTE E SEMPRE PIÙ INVOCATO.
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!