15.10.2022 – SABATO SANTA TERESA D’AVILA – LUCA 12,8-12 “Lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo LUCA 12,8-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato. Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

Teresa de Ahumada y Cepeda, prima donna nominata DOTTORE DELLA CHIESA, era nata nel 1515. Fu donna di eccezionali talenti di mente e di cuore. Fuggendo da casa, entrò a vent’anni nel Carmelo di Avila, in Spagna. Faticò prima di arrivare a quella che lei chiama la sua «conversione», a 39 anni. L’incontro con alcuni direttori spirituali la lanciò a grandi passi verso la perfezione. Nel Carmelo concepì e attuò la riforma che prese il suo nome. Unì alla più alta contemplazione un’intensa attività come riformatrice dell’Ordine carmelitano. Dopo il monastero di San Giuseppe in Avila, con l’autorizzazione del generale dell’Ordine si dedicò ad altre fondazioni e poté estendere la riforma anche al ramo maschile.

Fedele alla Chiesa, nello spirito del Concilio di Trento, contribuì al rinnovamento dell’intera comunità ecclesiale. Morì a Alba de Tormes (Salamanca) nel 1582. Beatificata nel 1614, venne canonizzata nel 1622. San Paolo VI, nel 1970, la proclamò Dottore della Chiesa.

Si distinse, giovane professa, per la sua singolare virtù; ma purtroppo una strana e misteriosa malattia la colpì nel fiore della sua età, portandola quasi alla morte. Anzi, sembrò a chi le era vicino già morta, tanto che le scavarono la fossa nel cimitero monastico. Dopo quattro giorni di catalessi, riprese a vivere: era però in uno stato pietoso. Rattrappita per fortissimi dolori di nervi, si ravvolgeva in sé stessa come un gomitolo. Quello che i medici non riuscirono a fare, lo fece la preghiera e il ricorso ai santi del cielo: S. Giuseppe, il santo che fu da lei tanto prediletto, la riportò alla salute, con un vero miracolo. Convalescente, tornò al monastero dell’Incarnazione, dal quale era uscita per le cure. Riprese la sua vita ascetica e la sua fervente preghiera, stimolata nella direzione dell’orazione dalle letture indicatele dallo zio Pietro di cui era stata ospite.

Il demonio però, prevedendo che proprio quella giovane religiosa avrebbe potuto strappargli col tempo molte persone, con la sua attraente personalità e col suo amore per Dio, fece quanto poteva per spegnere nel cuore la fiamma di questo comunicativo amore. L’orazione divenne il suo bene più grande, disponendola ad un rapporto sempre più profondo con Dio. Raggiunse così in un tempo relativamente breve le vette più alte e l’amore pieno e totale verso Dio e verso le sorelle, tanto da irradiare intorno a sé tanta luce da illuminare chi le sta attorno.

La cristianità stava attraversando in quell’epoca una forte crisi, specialmente per quella che allora era detta l’eresia dei luterani. Illuminata dal Signore, dopo aver parlato insieme ad alcune sorelle dell’Incarnazione, pensò ad una Riforma del Carmelo, ritornando alle sorgenti della primitiva Regola carmelitana.

Il 24 agosto 1562 ebbe così inizio la fondazione di San Giuseppe: il suo primo monastero riformato, che poté attuare in mezzo a moltissime difficoltà di ogni genere, sia da parte della città stessa, sia da parte di alcune persone forse istigate dal demonio. Le nuove monache, strette in severa clausura, consumavano la loro vita nella preghiera, nella mortificazione, nella comunione fraterna e nel lavoro. Alla liturgia delle ore del coro seguono due ore di orazione mentale; nel cibo si astengono completamente dalle carni e aggiungono altre penitenze.

Medita quindi di introdurre nella sua Riforma anche i Carmelitani e vi riesce assai bene con Juan de la Cruz, che in Duruelo fonda il suo primo convento di Carmelitani Scalzi, nel 1568. Essi avranno l’obbligo, oltre la Regola comune con le monache, ma senza clausura, di occuparsi, in parte, anche dell’apostolato diretto ed esteriore e ben presto fonderanno 14 conventi maschili. Arriva però, come sempre, l’ora della prova: tutte le opere di Dio sono contrassegnate dalla Croce. Ma la tempesta che pare affogare il nuovo Carmelo non trova Teresa impreparata. Ella, imperturbabile nella sua fierezza castigliana, persuasa di aver lavorato unicamente per la gloria di Dio, attraversa con calma e pazienza le molte persecuzioni che le sopravvengono da parte degli uomini e del demonio stesso, geloso di tanto bene. Quando sembra che la sua opera venga distrutta, perché i noviziati sono chiusi, e capi della Riforma sono in carcere o fuori dalle proprie sedi, ella, dal monastero di Toledo, dove viene rinchiusa con la proibizione di uscirne, domina la tempesta.

Con la sua numerosa corrispondenza, rianima i colpiti, rinfaccia l’ingiustizia ai colpevoli, incita le figlie alla preghiera e coinvolge il Re per il trionfo della giustizia. Si abbandona soprattutto a Dio: viene infatti il momento della vittoria: la sua opera viene giuridicamente riconosciuta dall’autorità della Chiesa e costituita in un organismo a parte, indipendentemente dal vecchio tronco su cui era sbocciata. Quando si tratta della gloria di Dio nessuno ferma Teresa: né la febbre che molto spesso la tormenta con i suoi malanni, né le opposizioni degli uomini, non la povertà, non gli assalti che deve subire da parte dell’inferno stesso.

È Madre molto tenera, e la bontà naturale del suo cuore di donna sa bene temperarlo alla fiamma dell’amore divino, di cui arde come un braciere, e sa rispondere a tutte le necessità delle figlie, preoccupandosi per la loro salute materiale e spirituale. Quanto più grandi erano i doni con cui Dio l’arricchiva, tanto più profondo era il sentimento della sua umiltà. Sapeva proprio soffrire quando un rapimento la sorprendeva in pubblico, come sapeva godere quando qualcuno la copriva di ingiurie.

Non usciva mai dalla sua bocca alcuna parola contro la carità e non si meravigliava mai delle debolezze altrui. Eccelleva nello spirito di ubbidienza, di povertà, di generosità, di prudenza. Ma ella era grande soprattutto nell’amore, tanto che sapeva ripetere: “Signore, che altri vi serva meglio di me e che voi gli conserviate in cielo una maggiore felicità, ciò sia alla buon’ora: ne sono contenta; ma che vi sia uno che vi ami più di me, no, non lo so proprio sopportare”.

Ebbe davvero nella vita a soffrire moltissimo. Le sue continue infermità corporali non le lasciavano un momento di tregua; il martirio ineffabilmente doloroso a causa delle vie molto straordinarie per cui Dio la conduceva, l’incomprensione di confessori e di persone che la pensavano quasi indemoniata, la lotta stessa col demonio, che a volte pareva atterrirla, le ignominiose calunnie di alcuni nemici e dello stesso Nunzio Apostolico che la giudicò femmina inquieta e vagabonda le furono molte volte causa di gravi afflizioni. Con l’Amore che le bruciava il cuore, tuttavia, è lieta, anche in quelle occasioni, di poter donare qualcosa al suo Dio.

Il motivo però che pone Teresa tra le figure di primo piano, che hanno illuminato per secoli la Chiesa stessa, è senz’altro il suo sicuro e solido magistero, esplicato nella mistica, nella quale ha lasciato un’impronta veramente incancellabile della sua personalità più pratica che speculativa. Ella ha la capacità di spiegare il mistero di amore di Dio, vissuto nella sua esperienza, con una semplicità impressionante, grande dono anche questo di Dio stesso. È solo attenta che il suo insegnamento non sia in contrasto con quello della Chiesa: in tale modo non vi è arcano della sua disciplina mistica, che ella non ricerchi e spieghi acutamente, salendo per tutti i gradi della contemplazione.

I più illustri teologi del suo tempo si stupivano nel vedere come da questa donna fossero state raccolte in un solo corpo di scritti le massime di teologia mistica, tramandate dai Padri della Chiesa.

Arrivata un giorno ad Alba de Tormes, vi chiudeva gli occhi in pace, il 4 ottobre 1582, consunta più dall’amore che dalla malattia. Aveva sessantasette anni. Considerata dalla Chiesa “Madre degli spirituali”, cioè di coloro che cercano l’unione profonda con Dio, fu proclamata santa il 12 marzo 1622 e poi, il 27 settembre 1970, da Paolo VI Dottore della Chiesa.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

L’amore di Dio conosce solo un ostacolo, che è IL NON VOLERLO ACCOGLIERE, quando non riconosciamo che siamo figli di un Padre che ci ama infinitamente e desidera che ci abbandoniamo al suo amore, donandolo ai fratelli così come lo abbiamo ricevuto.

Il peccato contro lo Spirito viene commesso quando gli uomini riconoscono la Parola di Dio offerta loro come Verità, ma non la vogliono accettare, non apprezzando e non accogliendo così la Sua Parola. Ma se arriviamo a deliberatamente e consapevolmente a rifiutare lo spirito profetico che è nelle azioni e nell’insegnamento di Gesù, rifiutiamo l’incontro con l’agire misericordioso e salvifico col Padre. Questo è un attacco alla Trinità, una bestemmia. A volte si sintetizza in parole (le colorite bestemmie che abitano sulle labbra di molti), ma soprattutto si manifesta, anche silenziosamente, nella scelta atea di fare a meno di Dio.

Ma cerchiamo di capire bene. Cosa intendeva Gesù parlando della bestemmia contro lo Spirito santo che non può essere perdonata? La risposta ci viene indicata nel commento del versetto presente in Marco 3,30 “Egli parlava così perché dicevano – ha uno spirito immondo”. QUESTE PERSONE NON AVEVANO BESTEMMIATO O IMPRECATO CONTRO NESSUNO, NON NEL SENSO CHE INTENDIAMO NOI ORA, MA DICHIARAVANO CHE LE OPERE DI GESÙ NON ERANO DA DIO, MA DA SATANA, CIOÈ RIFIUTAVANO DI CREDERE IN GESÙ CRISTO COME FIGLIO DI DIO.

Gesù era impossibilitato a compiere i miracoli quando tra la gente regnava l’incredulità, perciò diceva “…Sia fatto secondo la tua fede!” Se tu non credi che lo Spirito Santo, che è lo Spirito dell’Amore, il Padre in persona, ti possa educare e ammaestrare affinché noi tutti possiamo andare là dove è Gesù, tu non accetti l’unica via di salvezza che ti viene prospettata.

Ecco perché altrove dice “…Nessuno verrà a Me se non sarà attratto a Me per mezzo del Padre! Voi tutti dovete venire ammaestrati dal Padre, vale a dire dall’eterno Amore in Dio, se volete venire a Me!

Se una persona non crede che, lo Spirito Santo, lo Spirito dell’Amore, il Padre in persona possa condurla a Gesù, il “Dio con noi”, l’Emmanuele, ATTRAVERSO LA SUA PAROLA, Essi non hanno nessuna possibilità di usare la Grazia e la Misericordia verso questo incredulo ateo.

Il Cristo non può perdonare i peccati, perché non viene riconosciuto cole IL PROPRIO PERSONALE SALVATORE.

È UNA GRAZIA PARTICOLARE QUELLA IN CUI ALL’UOMO VIENE TRASMESSA LA PAROLA DEL SIGNORE, PERCHÉ È IL PANE, CHE VIENE DAL CIELO, CHE HA PARTICOLARE EFFETTO SULL’ANIMA UMANA.

Questa GRAZIA data attraverso la Voce dello Spirito, è il più sublime Patrimonio spirituale, un Dono di Grazia di un valore inafferrabile e dev’essere ricevuto con gratitudine, sentendosi toccato dalla Verità, riconoscendolo prezioso nel Contenuto, così come la Sua Origine divina.

Pecca contro lo Spirito un uomo che accetta con indifferenza la Parola di Dio, e si ribella di accoglierne il Contenuto. Il Signore Stesso gli è venuto incontro e l’uomo non lo ha accolto, il Signore gli parla e lui non Lo ascolta; gli offre il Pane ed il Vino, la Sua Carne ed il Suo Sangue, e lui lo respinge.

Il peccato contro lo Spirito è quindi oltremodo grave, perché può avere per conseguenza una totale assenza di conoscenza; l’uomo diventerà totalmente cieco nello spirito, perché Gesù Stesso gli toglie la facoltà della conoscenza.

Coloro che l’accolgono, invece, come Suo Regalo saranno benedetti, perché accolgono il Signore Stesso e d’ora in poi sono nella Sua Grazia. Il Signore Stesso è ora con loro e la Sua Presenza assicura loro la Sua costante Giuda, costante Aiuto in ogni miseria ed una misura di Grazia, che loro stessi possono aumentare tramite il loro amore per Gesù e raggiungono certamente la loro meta sulla Terra, che si formino cioè nell’essere di Luce, perché la Sua Parola trasmette loro contemporaneamente la Forza, per cui andrà a mani vuote ogni uomo che pecca contro lo Spirito.

Già… se crediamo nella SUA PAROLA, CIOE’ NEL FIGLIO DELL’UOMO…

Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato”.

Il brano evangelico riporta, fedelmente registrata anche in Marco e Matteo, parole “impressionanti e sconvolgenti”, scrive Giovanni Paolo II.

Ad una prima lettura queste parole sembrano contrastare con l’annuncio della misericordia che percorre tutte le pagine del Vangelo e che possiamo considerare il cuore della buona notizia.

Dio è sempre pronto a perdonare ed è sempre disposto a ricominciare. Questo annuncio diventa ancora più visibile nella pagina oscura del rinnegamento di Gesù: nella notte della passione l’apostolo Pietro prima tradisce il Maestro e subito dopo, toccato dallo sguardo misericordioso di Gesù, prende coscienza del suo peccato e versa lacrime di sincero pentimento.

Luca 22,62 offre l’interpretazione più commovente “…uscito fuori, pianse amaramente”. Tutto questo è opera dello Spirito che illumina interiormente la coscienza e apre l’uomo alla conversione.

Giovanni 16,8 afferma che quando sarà venuto, lo Spirito “…dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato”.

SE INVECE L’UOMO SI CHIUDE ALLA GRAZIA, SE NON RICONOSCE IL SUO PECCATO, ANZI LO GIUSTIFICA; E SE, PEGGIO ANCORA, PERSEVERA NELL’ERRORE E NON INVOCA LA MISERICORDIA DI DIO, ALLORA NON POTRÀ OTTENERE IL PERDONO.

Il vocabolo bestemmia –blasphemía– significa ingiuriare per mezzo di parole.

In questo caso, spiega Giovanni Paolo II, non consiste propriamente nell’offendere con le parole lo Spirito Santo; consiste, invece, nel rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo (Dominum et vivificantem, 46).

Quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono”, dice il salmo 103,11. Ed è vero.

MA È VERO ANCHE CHE PER ACCOGLIERE LA MISERICORDIA, DOBBIAMO CHIEDERLA. E PER CHIEDERLA, DOBBIAMO RICONOSCERCI PECCATORI.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!