15.07.2022 -VENERDI’ SAN BONAVENTURA – Matteo 12,1-8 “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo Matteo 12,1-8

In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

Bonaventura (Bagnoregio, Viterbo, 1218 – Lione, Francia, 15 luglio 1274), mistico e pensatore medievale, vescovo di Albano, cardinale, filosofo e teologo italiano.

Studiò e insegnò alla Sorbona di Parigi e fu amico di san Tommaso d’Aquino.

Da bambino fu guarito da san Francesco, che avrebbe esclamato «Oh bona ventura». Gli rimase per nome ed egli fu davvero una «buona ventura» per la Chiesa.

A 18 anni va a studiare a Parigi e qui entra nell’Ordine dei Frati Minori e termina gli studi nel 1253, diventando magister e ottenendo quindi la licenza di insegnare teologia.

Diede forma di sintesi sapienziale alla teologia scolastica sulle orme di Agostino.

L’espressione più matura di questo umanesimo teologico è nell’«Itinerario della mente a Dio».

Discepolo di san Francesco guidò con superiore saggezza il suo ordine (1257-1273), tanto da essere chiamato «secondo fondatore e padre».

Nel 1257 fra’ Bonaventura diventa Ministro generale dei Frati Minori e questo nuovo incarico lo costringe a lasciare l’insegnamento e a compiere viaggi in tutta Europa.

Nel 1260 scrive due nuove biografie di San Francesco:

  • la Legenda Maior, che rimpiazza tutte le biografie esistenti e si pone l’obiettivo di rinsaldare l’unità dell’Ordine – che conta ormai 30mila frati – minacciata sia dalla corrente spirituale, sia dalle tendenze mondane,
  • e la Legenda Minor.

Alla prima opera s’ispirerà Giotto per dipingere il ciclo delle Storie di San Francesco.

Nel 1271 torna a Viterbo e offre il suo contributo per la risoluzione del famoso conclave, il più lungo della storia, che alla fine eleggerà un suo amico: Gregorio X.

Proprio questo Papa due anni dopo lo consacra vescovo di Albano e cardinale, affidandogli il compito di organizzare a Lione un Concilio per l’unità tra la Chiesa latina e quella greca.

Proprio durante questo concilio, dopo aver tenuto due interventi, Bonaventura muore nel 1274.

Nel 1588 Papa Sisto V lo annovera tra i Dottori della Chiesa – che all’epoca sono sei – accanto a San Tommaso d’Aquino, distinguendo i due come DOTTORE SERAFICO BONAVENTURA e DOTTORE ANGELICO TOMMASO.

Il suo contributo alla dottrina teologica è importantissimo: innanzitutto, partendo dal pensiero di Sant’Agostino, esprime la necessità di subordinare la filosofia alla teologia, in quanto l’oggetto di quest’ultima è Dio.

La filosofia, allora, può solo aiutare la ricerca umana di Dio riportando l’uomo alla propria dimensione interiore – l’anima – da ricondurre appunto a Dio.

San Bonaventura inoltre sostiene che Cristo è la via per tutte le scienze e che solo la Verità rivelata può potenziarle e unirle verso l’obiettivo perfetto, l’unico obiettivo che è sempre la conoscenza di Dio.

Perciò il Santo, che difende la tradizione patristica e combatte l’aristotelismo, giunge alla conclusione che l’unica conoscenza possibile sia quella contemplativa.

Venne canonizzato da papa Sisto IV nel 1482 e proclamato Dottore della Chiesa da papa Sisto V nel 1588.

Egli visse a cavallo della metà del XIII secolo, in un’epoca in cui la fede cristiana, penetrata profondamente nella cultura e nella società dell’Europa, ispirò imperiture opere nel campo della letteratura, delle arti visive, della filosofia e della teologia.

Tenendo presente velocemente le condizioni ambientali di quel torno di tempo, di rinnovamento e di crisi, colpisce la sicurezza con cui Bonaventura affronta le varie situazioni con grande carattere e sicura certezza, manifestando uno spirito perfettamente guidato da un fine ben determinato, ossia l’amore di Dio e le vie che a Dio conducono, specialmente con la scienza della teologia.

Per realizzare tale fine, Bonaventura non esita ad accogliere sia dai pensatori precedenti sia dai contemporanei tutto ciò che gli permette di realizzare il suo disegno, permettendogli di formarsi un pensiero proprio e autonomo, il cui tono e carattere non è prescindibile dalla preoccupazione di guida intellettuale dell’Ordine francescano e del legame fideistico e mistico insieme.

E questo spiega il motivo per cui la fede e la certezza assoluta del dato rivelato sono alla base della sua esperienza intellettuale e spirituale sempre finalizzata all’amore di Dio, la cui bontà e bellezza si manifestano nel grande libro del creato, le cui pagine sono penetrate di significati e di simboli della bontà di Chi l’ha “scritto”. Lettura già fatta poeticamente da Francesco d’Assisi nel suo Cantico delle creature.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

L’osservanza del sabato era una norma piena di buon senso e di profondo senso teologico.

Invitare i credenti nel Dio che aveva liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto a dedicare un’intera giornata di riposo e di festa significava ribadire la dignità e la libertà dei figli.

LO SCHIAVO NON SI RIPOSA MAI, IL FIGLIO SÌ.

Perciò questa norma definiva più di molte altre l’appartenenza al popolo e all’esperienza degli ebrei. Ma questa splendida prospettiva, come spesso accade, era lentamente scivolata nell’esteriorità.

Basti pensare che al tempo di Gesù esistevano addirittura norme precise che determinavano quanti passi si potevano compiere in giorno di sabato e quali attività erano concesse.

Di conseguenza, Gesù, davanti all’ottusità dei farisei che lo seguono per segnalare ogni sua incoerenza riguardo ai precetti della Legge, dice con forza che NON È LA LEGGE IL CUORE DELL’INCONTRO CON DIO.

È LA MISERICORDIA IL CENTRO DELLA NOSTRA FEDE, IL CUORE PULSANTE DEL MESSAGGIO CRISTIANO.

La religione non è, come purtroppo ancora molti si ostinano a credere, una serie interminabile di obblighi da rispettare, ma l’incontro gioioso con Dio che ci spinge a cambiare vita, che vuole farci passare dalla tenebra alla luce della Risurrezione.

La misericordia, quindi, non è una vaga emozione o un inutile atteggiamento buonista che fa finta di non vedere gli sbagli, MA è L’ATTEGGIAMENTO DI CHI, COME DIO, GUARDA ALLA MISERIA COL CUORE, CIOÈ DI CHI NON SI SCANDALIZZA DAVANTI AL PECCATO, MA DI CHI SI INGEGNA PER AIUTARE IL PECCATORE A RICONOSCERE LA PROPRIA OMBRA E A SUPERARLA.

E Gesù, che si dimostra conoscitore esperto della storia della Bibbia, cita un episodio riguardante il re Davide e richiama i suoi uditori, e noi, ad andare all’essenziale.

SE UNA NORMA FATTA PER DARE GLORIA A DIO FINISCE COL MORTIFICARE IL BENE, QUALCOSA NON FUNZIONA.

Spesso, molto spesso, Gesù rivolge agli uomini religiosi domande simili: “Non avete mai letto nelle Scritture?”.

Un interrogativo che contiene in sé una buona dose di ironia, visto che i vari interlocutori di Gesù leggevano e commentavano le sante Scritture “per mestiere”, più volte al giorno…

Ma forse solo una domanda pungente può scalfire la forza dell’abitudine. E questo vale a maggior ragione per gli esperti delle Scritture, che spesso sommergono il testo sotto fiumi di parole, nascondendone i sensi più semplici e dunque profondi, che il lettore comune avrebbe diritto di conoscere, perché ne avrebbe bisogno per la propria vita.

Purtroppo, i biblisti e i teologi, spesso leggono più i commenti al testo che il testo stesso, al punto che la domanda di Gesù rischia di assumere una tonalità realistica.

Qui Gesù cita e interpreta le Scritture (ovvero episodi narrati in 1Sam 21,2-7 e Nm 28,9-10) per giustificare la sua condotta e quella dei suoi discepoli: A DIFFERENZA DI ALTRI, EGLI SA BENE QUEL CHE FA, E LO COMPIE IN OBBEDIENZA ALLA VOLONTÀ DEL PADRE, IN VISTA DELLA VITA PIENA.

Quella vita che è più grande di ogni precetto religioso, che ci aiuta a penetrare nello “…sta scritto”.

La vita va letta alla luce del vangelo, ma a sua volta aiuta sempre più a leggere il vangelo: questo ci ha insegnato Gesù!

Altrimenti non vi è ascolto della Parola contenuta nelle Scritture, bensì esercizio intellettuale su un testo antico: ecco l’inganno degli inganni, nutrito da supponenza intellettuale, che preclude la vera conoscenza della potenza di Dio contenuta tra le righe delle Scritture (Mt 22,29):

  • “E Gesù rispose loro: “Vi ingannate, perché non conoscete le Scritture e neppure la potenza di Dio.

Quando si interpreta, qui e ora, il significato dello “…sta scritto”, e lo si coglie alla luce e in vista della vita, si può giungere a sintesi illuminanti, come questa: “Se aveste compreso che cosa significhi:Misericordia io voglio e non sacrifici’ (Os 6,6, testo molto caro a Gesù, che lo cita anche in Mt 9,13), non avreste condannato persone senza colpa” .

Affermare ciò non è molto diverso dal dire – come nel passo parallelo di Marco (2,27) – che il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato.

Cioè: guai a piegare l’uomo alla legge e assumere la legge come giudizio nei confronti dell’uomo, PERCHÉ QUELLO CHE C’È DA SALVARE NON È IL PRINCIPIO DELLA LEGGE, QUELLO CHE C’È DA SALVARE È L’UOMO”.

Non è forse questa la radice della misericordia?

Scritture, interpretazione intelligente, vita: ecco il percorso!

Manca solo un ultimo tassello, quello decisivo, prontamente aggiunto da Gesù: “Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.

La centralità è sempre del Signore Nostro Gesù Cristo, alla luce del quale vanno lette tutte le Scritture.

Essa è al contempo centralità di un’intelligenza misericordiosa, ma anche di una misericordia intelligente.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!