15.04.2023 SABATO FRA L’OTTAVA DI PASQUA – MARCO 16,9-15 “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MARCO 16,9-15

+ Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il Vangelo di Marco con il suo stile essenziale e stringato, riassume in poche righe diversi episodi riguardanti le apparizioni di Gesù dopo la sua gloriosa risurrezione.

Pone l’accento sulle diverse testimonianze che sgorgano da quelle visioni del Risorto, in particolare quella di Maria di Màgdala e quella dei due discepoli di Èmmaus e soprattutto sulla incredulità e sulla perplessità degli apostoli.

E il Secondo Evangelo termina con una catechesi sulla fiducia che meritano gli undici apostoli, la cui testimonianza è il fondamento della fede della Chiesa: Gesù stesso li ha chiamati per andare dalla Galilea a Gerusalemme.

D’ora in poi, sembra dire il Risorto, che LA FEDE HA BISOGNO DI TESTIMONI.

HA BISOGNO DI INCARNARSI NELLA VITA E NELLA STORIA DI CHI VUOLE ESSERE DAVVERO DISCEPOLO DEL SIGNORE, ANNUNCIATORE DEL SUO VANGELO, IN UNA STORIA FATTA DI RELAZIONI.

Giorno dopo giorno è necessario fare esperienza di incontro con il Vivente, entrare nella logica di quella croce ormai gloriosa che permette di leggere nelle piaghe di chi ci ha salvato attraverso la Passione e la morte il fiorire di una nuova vita.

E NELL’INCONTRO COL LORO SIGNORE, Vedendolo, gli Apostoli capiscono che il Vangelo di Dio, la Buona Novella che Gesù aveva predicato, E CHE DIVENTA LA LORO MISSIONE, HA UN AVVENIRE SENZA FINE.

E comprendono che la loro missione, d’ora in poi, comprenderà “il mondo intero” e “la creazione intera”, e quindi, tutta LA COMUNITÀ DEI VIVENTI, NEL TEMPO E NELLA STORIA.

Una piccola precisazione storica su questa parte del Vangelo di Marco.

I versetti 9-20 sono comunemente chiamati “la chiusa lunga di Marco”.

Essa manca nei manoscritti più antichi ed autorevoli ed è ritenuta dagli studiosi un’aggiunta successiva (attorno all’inizio del II secolo) per colmare una conclusione un po’ secca ed improvvisa dello stesso vangelo (“la chiusa breve”: 16,1-8).

TUTTAVIA LA CHIESA LI HA ACCOLTI NEL CANONE DELLE SCRITTURE E CI ASSICURA DELLA LORO ISPIRAZIONE PER CUI NOI LI LEGGIAMO COME PAROLA DI DIO.

Il loro ignoto autore ci fornisce qui un prezioso riassunto di quanto ci trasmettono gli altri tre vangeli sulle apparizioni di Gesù (probabilmente risalente a fonti orali da loro indipendenti).

C’è in questi versetti aggiunti, un nucleo “teologico” molto importante: quello dell’“incredulità”.

Attraverso questa riflessione aggiuntiva, appare chiaro nella storia, CHE LA FEDE NEL RISORTO NON NASCE DALLA CREDULITÀ DELLA COMUNITÀ PRIMITIVA, MA È UNA CREAZIONE CHE S’IMPONE DALL’ESTERNO E DALL’ALTO PROPRIO NONOSTANTE LA SUA INCREDULITÀ.

E questi versetti ci confermano che Maria di Màgdala fu la prima a cui Gesù apparve – naturalmente lasciando da parte il caso particolare dell’apparizione a Maria, SUA MADRE.

La Maddalena è una donna e per di più una da cui sono stati scacciati sette demòni: quindi un testimone assolutamente inattendibile secondo i criteri del tempo.

MA È UNA PRASSI COSTANTE DI DIO, ATTESTATA NELLE SCRITTURE, QUELLA DI SCEGLIERE LE PERSONE PIÙ INADATTE E IMPROBABILI PER CONDURRE A TERMINE I SUOI PIANI.

È normale quindi che non fosse creduta.

Ma l’incredulità diventa sempre più ingiustificata mano a mano che si procede.

Anche i due discepoli in cammino verso la campagna (probabilmente gli stessi di cui parla Luca nel capitolo 24 del suo vangelo) non vengono creduti e neppure gli Apostoli credono alle molte testimonianze che ricevono («non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto»).

La fede non è un patrimonio già dato, ormai ‘scontato’, che siamo autorizzati a dare per acquisito…

Dobbiamo stare molto attenti a non ridurci a “credere di credere”…

Ciò che di faticoso ci portiamo a livello orizzontale nelle nostre relazioni, ce lo portiamo anche nella nostra vita spirituale.

Ma la rivoluzione sta nel ricordarsi che noi non siamo privi di scelta anche quando ci sembra di non avere altra scelta.

La durezza di cuore può essere il modo con cui abbiamo vissuto per molti anni ma non siamo condannato a vivere per sempre così.

Pasqua è ricordarsi che possiamo disobbedire alla durezza di cuore e lasciare che il Signore ci stupisca.

Pasqua è fidarsi anche dell’esperienza degli altri, di quelli che il vangelo chiama testimoni e che altro non sono che persone che ci sono passate prima di noi.

Infine Pasqua è comprendere che chi ha incontrato qualcosa di così grande non può non annunciarlo agli altri.

In questo senso la vita cristiana non è mai vita ripiegata su sé stessa, ma è sempre vita missionaria, vita aperta agli altri, vita che genera la vita.

Chi ha incontrato Cristo Risorto lo si riconosce dal fatto che HA SEMPRE UN PRINCIPIO DI PASQUA IN TUTTO CIÒ CHE FA.

Perché evangelizzare non è un persuadere, o un convincere.

EVANGELIZZARE È MOSTRARE UN FATTO DAVANTI A CUI L’ALTRO NON PUÒ NON PRENDERE POSIZIONE.

Ma voglio anche proporvi un’altra riflessione complementare –non mia- che si “”appoggia alla teologia che troviamo nel Catechismo della Chiesa cattolica ai paragrafi 662-667.

Qui si dice che Gesù sale al cielo per poterne aprire la porta agli uomini:

  • «Lasciata alle sue forze naturali, l’umanità non ha accesso alla Casa del Padre (Gv 14,2), alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto aprire all’uomo questo accesso “per darci la serena fiducia che dove è lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria”» (Messale Romano, Prefazio dell’Ascensione, I).

Si vuol dire che nonostante il desiderio di conoscere Dio, e lo sforzo per poterlo incontrare, solo Dio può rivelarsi a chi lo cerca.

Ciò è possibile in particolare “dopo” la passione e risurrezione del Messia.

Stefano, il primo martire, annuncia infatti che quella porta, che il Signore Gesù ha spalancato, “rimane aperta” e non si chiude più:

  • «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio» (At 7,56).

È da lì, da quello stesso cielo, come profetizzato nell’Apocalisse, che discenderà poi la Gerusalemme nuova, quella città dove l’agnello è il Signore che tutti riconosceranno, e nella quale non si udranno più pianti e lamenti e non vi sarà più il male (Ap 21).

Ad entrare in questo nuovo cielo – in questa nuova “terra” – è Gesù nella sua umanità, scrive il Catechismo, anzi, è proprio “la sua umanità” ad addentrarsi nella gloria divina.

Non sale al Padre un Gesù liberato dal peso del suo corpo o della sua storia (visione gnostica, questa, riportata ad esempio nell’apocrifo Vangelo di Giuda), anzi, è proprio l’opposto, e allo stesso modo saremo salvati anche noi.

San Leone Magno, a proposito, spiega che con l’ascensione di Gesù «la nostra povera natura umana è stata portata da Cristo sopra tutti i cieli, sopra tutti i suoi abitanti, sopra tutte le schiere angeliche, al trono stesso di Dio Padre» (Sermone 74).

Cosa significa, infine, che Gesù è «alla destra del Padre»?

Questa espressione, oltre ad indicare la dignità e la gloria che gli sono dovute, come Figlio nella sua divinità, lascia intendere che lì, accanto al Padre, il Signore Gesù può presentargli le nostre preghiere, e per noi può intercedere:

  • «In cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza, essendo egli sempre vivo per intercedere a favore di quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio (Eb 7,25).
  • Come sommo sacerdote dei beni futuri (Eb 9,11)
  • egli è il centro e l’attore principale della Liturgia che onora il Padre nei cieli” (CCC 662).
  • «Gesù Cristo, essendo entrato una volta per tutte nel santuario del cielo, intercede incessantemente per noi come il mediatore che ci assicura la perenne effusione dello Spirito Santo» (667).

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!