14.12.2023 – GIOVEDI’ SAN GIOVANNI DELLA CROCE – MATTEO 11,11-15 “…fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 11,11-15
+ In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore
Mediti…AMO
Giovan Giuseppe della Croce, (nel martirologio romano Giovanni Giuseppe della Croce) al secolo Carlo Gaetano Calosirto conosciuto anche come “il più bel fiore d’Aenaria” (1654–1734), fu un presbitero dell’Ordine dei Frati Minori alcantarini.
Entrato nel Carmelo ebbe un’accurata formazione umanistica e teologica.
Giovanni è fra i grandi maestri e testimoni dell’esperienza mistica.
Poco dopo, il giovane religioso fa un incontro che decide del resto della sua vita: quello con Teresa di Gesù, la grande Teresa d’Avila, riformatrice del Carmelo.
Tra la Madre cinquantenne e Giovanni, più giovane di quasi trent’anni, nasce una di quelle amicizie spirituali che il Cielo sa suscitare per favorire i suoi piani.
Teresa vuole infatti estendere la riforma carmelitana al ramo maschile dell’Ordine, e per il momento non ha trovato che inconvenienti – nessuno dei carmelitani da lei avvicinati è all’altezza del compito a cui si punta.
Pochi minuti di conversazione con Giovanni le bastano a convincersi di essere in presenza di un santo, e che lui è l’uomo atteso. Il colpo di fulmine è reciproco: da quel momento Giovanni si vota ad assecondare l’opera dell’amica: chissà se immagina quanto gli costerà questa decisione (forse sì, perché entrando nel movimento dei Carmelitani Scalzi cambia il nome di religione in “Giovanni della Croce” – scelta che si rivela presaga delle avversità che lo attendono).
Valladolid, Duruelo, Pastrana: le fondazioni maschili si moltiplicano, sotto la sua direzione, e questo lo obbliga a incessanti spostamenti; e in contemporanea egli assume anche la direzione spirituale delle carmelitane di Avila.
Lo fa per preservarsi dalle tentazioni d’orgoglio davanti a questi trionfi, oppure per attrarre grazie divine sull’opera?
Giovanni s’impone quel che più tardi avrebbe detto “penitenze da bestie”.
Dorme a terra, senza materasso né coperta; si alimenta il meno possibile; si mortifica in mille modi; dorme due ore a notte.
Per questa ascesi smisurata e distruttrice sviluppa, e se ne rende conto, un piacere, una “soddisfazione” (parola sua) che assomiglia molto a una raffinatissima tentazione di orgoglio, di quelle che il demonio confeziona apposta per le anime d’élite (inafferrabili con le trappole ordinarie).
Teresa lo mette in guardia per tempo e lo riconduce a un senso della penitenza più giusto e più equilibrato, e da quel momento Giovanni avrebbe sempre messo in guardia coloro che avrebbe diretto contro questa assurda corsa alla performance ascetica (che in realtà non ha per fine la gloria di Dio e la salvezza delle anime).
Alla fine è senza passare da inutili eccessi che Giovanni entra, poco a poco (e aiuta Teresa a penetrarvi più avanti), nella contemplazione dell’intimità divina. Figlio del Carmelo, come Elia (modello biblico dell’Ordine) egli sa che l’incontro con Dio si fa sulla montagna, lontano dal mondo, nel silenzio e nella spoliazione.
A questa purificazione non si giunge senza pena, senza rammarico, senza sofferenza – ragion per cui l’umanità evita questa via, senza comprendere che, se non la si prende liberamente in questo mondo bisognerà percorrerla attraverso il fuoco del Purgatorio per liberarsi da tutto quanto impedisce il vis-à-vis con l’Amato.
Il Signore permise che subisse dolorose incomprensioni da parte dei confratelli di Ordine e di Riforma.
In questo cammino di croce, abbracciato per puro amore, ebbe le più alte illuminazioni mistiche di cui è cantore e dottore nelle sue opere:
- «La salita al monte Carmelo»,
- «La notte oscura dell’anima»,
- «Il cantico spirituale»
- «La fiamma viva di amore».
Fra le più alte voci della lirica spagnola, è il mistico «del nulla e del tutto», guida sapiente di generazioni di anime alla contemplazione e all’unione con Dio.
Il 26 maggio 1839 è stato proclamato santo da papa Gregorio XVI, e la sua memoria liturgica cade il 5 marzo ed è Dottore della Chiesa.
Gesù parla di Giovanni “il Battezzatore”, una delle figure più importanti del vangelo, e giunge a definirlo il più grande uomo mai nato…
GESÙ NON POTEVA TESSERE UN ELOGIO PIÙ GRANDE: DEL SUO PRECURSORE, CREDIBILISSIMO, LA GENTE ERA GIUSTAMENTE AMMIRATA.
Sì, il più piccolo uomo del Regno è il più grande del massimo asceta dell’Antico Testamento, Profeta del primo testamento, che ha intensamente voluto preparare, CON COERENZA E ASSOLUTA FERMEZZA, LA VENUTA DEL MESSIA, che però non rispondeva ai canoni di quello da lui annunziato.
Tanto che, quando sarà prigioniero nella grande fortezza romana del Macheronte, presso il mar Morto, manderà i suoi discepoli, ad interrogare il Signore, per capire se si fosse sbagliato o meno.
E questa cosa la amo, personalmente, perchè, se il più grande credente ha avuto dei dubbi e ha dovuto operare qualche conversione, probabilmente anche io mi consolo nella mia poca Fede.
Giovanni era in prigione in attesa della morte certa, riservata sempre ai profeti, e sa che il Veniente, il Messia libera i prigionieri, mentre lui marcisce in carcere, in catene.
Aveva annunciato l’Inviato di Dio?
Perchè Gesù non sembra compiere il giudizio dei malvagi e dei giusti. Non succede nulla di ciò che era stato previsto dai profeti per il giorno del Signore.
Il dubbio di Giovanni era aver forse compreso male LA PAROLA DEL SIGNORE che gli era stata indirizzata, oppure si era illuso di sentirla nel proprio cuore?
C’era un evidente contrasto tra ciò che aveva annunciato e ciò che si stava realizzando attraverso Gesù.
E c’erano poi, alcuni tra i discepoli di Giovanni, che:
- si erano anche scandalizzati dal comportamento di Gesù, in quale non digiunava, come essi invece facevano (Mt 9,14-17),
- che non disdegnava di mescolarsi ai peccatori (Mt 9,9-13).
E la separazione dai peccatori e la vita ascetica nel deserto non sembravano essere i tratti distintivi di Gesù, o meglio, DEL MESSIA DI ISRAELITICHE ATTESE.
Per queste ragioni Giovanni dal carcere manda alcuni suoi discepoli a interrogare Gesù stesso:
- “Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?”.
Ecco la grandezza di Giovanni: NEL BUIO DELLA PROVA NON DECIDE DA SÉ, NON SI DÀ UNA RISPOSTA, MA LASCIA CHE SIA GESÙ A DARGLIELA.
Anche se non riesce a vedere una corrispondenza tra la propria visione del “Veniente” e la sua realizzazione pratica da parte di Gesù, in mezzo ai propri dubbi lascia che sia Gesù stesso a spiegarsi e a decidere.
E Gesù non risponde direttamente, con la prima persona singolare, del tempo presente, attivo indicativo, del verbo “essere” in greco antico: “ego’ eimi’”, “IO SONO”, ma replica con la testimonianza del suo operare, in conformità alla missione del profeta anonimo annunciato da Isaia (Is 61,1-3).
Gesù può solo dire a Giovanni che le opere che LUI compie, sono la realizzazione delle promesse di Dio.
Ma sa bene, il Signore, che pur vedendo queste opere, è possibile restare delusi da chi le compie: PER QUESTO È BEATO CHI RIESCE AD AVER FEDE NELLA SUA UMILE, MITE, POVERA PERSONA.
Se il profeta Giona era stato deluso da Dio, GIOVANNI NON LO È DALLE PAROLE DI GESÙ E ADERISCE A ESSE, RICONOSCENDO A LUI L’ULTIMA E DECISIVA AUTORITÀ.
Gesù a questo punto sente il dovere di dire alla folla una parola su Giovanni, rivelando ad esse che Giovanni era un uomo saldo e convinto, che non tremava davanti ai poteri di questo mondo (Ger 1,17-19): il contrario di una canna sbattuta a ogni soffio di vento.
Un uomo certamente roccioso, con una postura diritta, che non si piegava davanti a nessuno, SE NON AL SIGNORE.
Un uomo rimasto sempre lontano dai palazzi dei re e dei sacerdoti.
Un uomo che non conosceva le vesti sfolgoranti, preziose o morbide: non frequentava salotti e sapeva tenersi lontano da quelli che usano il loro potere per contaminare e rendere schiavi gli altri.
Giovanni era un profeta, un portavoce di Dio, il messaggero e precursore del Signore, tanto che “…fra i nati da donna non è sorto nessuno più grande di lui”, per i suoi doni e la sua qualità umana ed etica.
Tuttavia “il più piccolo”, CHE È GESÙ STESSO, ABBASSATOSI FINO ALL’ULTIMO POSTO, RIFIUTATO FINO ALLA CONDANNA DELLA CROCE, GIUDICATO NON MARTIRE MA SCOMUNICATO, “NEL REGNO DEI CIELI È PIÙ GRANDE DI LUI”.
E se Giovanni non trova in Gesù motivo di inciampo, di ostacolo, allora è beato!
Ecco allora che Gesù ci avverte: credere significa incontrare resistenze, delusioni, incomprensioni.
E, da sempre i discepoli subiscono violenza da parte di chi li teme, di chi li disprezza.
PERCIÒ OCCORRE CHE IMPARIAMO AD ESERCITARE UNA SANTA “VIOLENZA” SU NOI STESSI, UNA TENACIA, UNA FORZA CHE NON CI FACCIA PERDERE LA SPERANZA QUANDO LE COSE DIVENTANO TROPPO DIFFICILI.
Certamente il Vangelo ci cambia la vita, la illumina, ma è uno sforzo che richiede determinazione e convinzione.
E costa fatica.
Una “violenza” verso noi stessi che è la conversione, l’opera di radicale cambiamento che dobbiamo mettere in atto nelle nostre vite concrete.
Si tratta di chiedersi ora: ma che tipo di grandezza è dunque quella che Gesù scorge nei “piccoli”?
Io credo fermamente, CHE SIA PROPRIO QUELLA DELLA SEMPLICITÀ DEL CUORE E DELLA VITA.
Fratelli e Sorelle, ricordiamoci che non possiamo far parte del Regno di Dio, rimanendo in panchina,, perchè LA VITA NON È UNO SPETTACOLO DA GUARDARE MA UN’ESPERIENZA DA VIVERE.
E allora dobbiamo scendere in campo, accettare la sfida.
E Gesù invita i discepoli a portare la croce, con Lui e come Lui. Fino alla fine.
Se manca questa disponibilità, che comporta una certa violenza contro se stessi, resteremo fuori dal regno dei Cieli.
Ricordando il cammino faticoso che ha dovuto fare per entrare al Carmelo, Teresa di Lisieux scrive:
- “la chiamata Divina era così pressante che se avessi dovuto attraversare le fiamme l’avrei fatto per essere fedele a Gesù” (Ms A 49r).
Ha detto un pensatore russo, giornalista e conduttore televisivo, vivente, VLADIMIR SOLOV’ËV:
- “Siì saldo nella fede perché è molto bello per un uomo intelligente vivere con Dio. E vivere senza Dio è proprio orribile (…) e prega con sentimento almeno uno o due volte al giorno”.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!