14.04.2023 VENERDI’ FRA L’OTTAVA DI PASQUA – GIOVANNI 21,1-14 “…Io vado a pescare”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 21,1-14

+In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il vangelo secondo Giovanni ci ha narrato nel capitolo 20 che Gesù, dopo la sua morte in croce, GLORIOSA PERCHÉ SEGNATA DALLA GLORIA DELL’AMORE, si è mostrato:

  • vivente nel primo giorno della settimana a Maria di Magdala (Gv 20,11-18),
  • poi ai discepoli riuniti insieme (Gv 20,19-23)
  • e di nuovo «otto giorni dopo» ai discepoli con i quali si trova anche Tommaso (Gv 20,26-29).

Ma l’appendice del capitolo 21, che abbiamo ascoltato, è stata aggiunta più tardi al vangelo da parte della comunità del discepolo amato, e questo brano ci racconta un altro incontro di Gesù con i suoi sul mare di Tiberiade (Gv 21,1).

In esso più che un’apparizione di Gesù risorto viene narrata, piena di simbolismo, “la risurrezione dei discepoli”.

Nel racconto, infatti, il passaggio dalla notte al mattino, e quindi dalle tenebre alla luce, è accompagnato da un altro decisivo “passaggio”:

  • Gv 21,4 – quello DALL’IGNORANZA («I discepoli non sapevano che era Gesù»). Come Maria di Magdala, lo incontrano ma non sanno che è lui (Gv 20,14),
  • Gv 21,12 – alla CONOSCENZA DI GESÙ («Sapevano bene che era il Signore»).

In questo contesto, Pietro e altri sei discepoli sono sulle rive del lago di Tiberiade, ovvero là dove si trovavano prima che Gesù li chiamasse per seguirlo e diventare pescatori di uomini.

La scena, che ha molti punti di contatto con il racconto della pesca abbondante riportata da Lc 5,1-11, è simile a quella di molte altre dei vangeli.

Essa ha luogo in Galilea, sul lago.

  • Nel Vangelo di Giovanni troviamo due tradizioni circa i fatti della risurrezione di Gesù:
    • la tradizione gerosolimitana (Gv 20)
    • e la tradizione galilaica (Gv 21).
  • Mentre nel Vangelo di Luca leggiamo solamente i fatti di Gerusalemme.
  • Matteo e Marco alludono, differentemente, a entrambe, ma in modo più sobrio.

L’atmosfera del racconto è simile a quella dei primi tempi del ministero di Gesù intorno al mare di Tiberiade, dove la pesca è l’attività normale, almeno per i discepoli di origine marinara.

Ci sono sette di loro: Simon Pietro, Tommaso detto Didimo (ora presente) e Natanaèle, di Cana di Galilea, i due figli di Zebedeo (Giacomo e Giovanni), e altri due discepoli.

E, in questo contesto, cercando di lasciarsi alle spalle quanto accaduto, relegandolo ad un inutile passato, Simon Pietro, pescatore professionale, dice “…vado a pescare!”.

Tutti sanno già che Gesù è risorto (Gv 21,1.14), ma i silenzi dell’antico Maestro, al di fuori degli intervalli di otto giorni (Gv 20,26), li lasciano ancora disorientati, specialmente dopo la loro fuga davanti alla croce, e dopo la triplice negazione di Pietro.

La reazione immediatamente solidale degli altri sei è “…veniamo anche noi con te”.

E, nella notte – propizia ai pescatori – vanno sul lago, ma la mattina, rientrano con le reti vuote.

I discepoli che non hanno riconosciuto il maestro vivono una situazione di carenza.

La barca, la pesca, un gruppo di sette danno al brano un forte carattere ecclesiologico: c’è a tema il rapporto del Risorto con la comunità dei discepoli e la modalità del realizzarsi di tale relazione.

È Lui a venire in aiuto di sua iniziativa.

Grazie al suo comando la pesca è così abbondante da sfiancare letteralmente i pescatori.

La misura del miracolo è straordinaria.

Il Risorto si presenta come Colui che porta abbondanza dove c’è precarietà e pienezza dove c’è carenza.

Ma cerchiamo di capire bene il simbolismo evangelico.

Sulla riva li attende qualcuno che domanda loro un po’ di pesce.

Ma essi non hanno pescato nulla che possano con-dividere con quest’uomo. E questo perché nonostante fossero stati chiamati da Gesù ad essere pescatori di uomini (Mc 1,17 e Lc 5,10), erano ritornati ad essere pescatori di pesci, erano ritornati alla vita del passato come se nulla fosse successo.

Ma fidandosi della parola di quest’uomo –giacché in Lui non hanno riconosciuto l’antico Maestro- gettano le loro reti e pescano molti pesci, anche se ormai è mattino. E quindi non è il momento migliore per la pesca.

Allora il cuore del discepolo che Gesù amava si apre e Giovanni è il primo a riconoscere il suo Signore: vede il segno, e immediatamente crede (Gv 20,8).

«Ho Kýrios estin! È il Signore!» (Gv 21,7). Il discepolo amato, credente che ha esperienza dell’amore del Signore, colui che ha posato il capo sul grembo di Gesù quasi a mettersi in ascolto del suo cuore (Gv 13,23-25), sa leggere bene questi segni e diventa capace di riconoscere Gesù, rispondendo con l’amore al suo preveniente «È il Signore!».

Questo discepolo è talmente orientato verso Gesù, ce l’ha talmente presente nella mente e nel cuore, che gli basta il più piccolo segno distintivo di LUI, per far emergere la disposizione a credere, che lo abita e glielo fa immediatamente riconoscere.

Lo vede dappertutto, non perché veda fantasmi, ma perché questo brusco passaggio dal niente al tutto è un segno distintivo di Colui:

  • che ha trasformato l’acqua di sei giare di pietra in vino squisito (Gv 2,6-10);
  • che ha sfamato cinquemila uomini con cinque pani d’orzo e due pesci (Gv 6,8-13).
  • che era l’assetato che offriva alla donna di Samaria un’acqua viva che zampilla per la vita eterna (Gv 4,10-15; 7,37-39),
  • che alla folla nella sinagoga di Cafarnao prometteva un pane dal cielo, che dà la vita al mondo e fa vivere in eterno (Gv 6,26-58).

Egli solo ha potuto cogliere con il suo sguardo E COL SUO CUORE CONFIDENTE NEL SIGNORE, quei 153 grossi pesci, che si avviavano verso la rete vuota di quei poveri pescatori disorientati, che avevano passato un’intera notte senza prendere nulla.

Ma se Giovanni vede questo caleidoscopio di meraviglie (dal greco καλός kalós “bello”, εἶδος eîdos “figura, forma, immagine” e σκοπέω scopéo “osservo”), SIMON PIETRO INVECE NON VEDE NULLA, ma ascolta le parole di quel discepolo, ESSENDO ABITUATO A DAR FIDUCIA AL SUO VECCHIO AMICO (Gv 13,23-26; 20,1-10 e probabilmente Gv 18,15-16).

Egli ha una segreta deferenza per ciò che questo discepolo dice, e appena sente che il Signore è là, si riveste e si butta in acqua, mentre gli altri vengono in barca, trascinando la rete piena di pesci.

E Pietro è il primo a raggiungerlo.

Gli altri seguono con la barca e le reti, piene di 153 grossi pesci, una quantità inaudita…

Stranamente l’incontro sulla riva è colmo di paura, perché nonostante ormai sappiano bene chi sia, TUTTAVIA PROVANO UN’IMPRESSIONE DI ESTRANEITÀ E DI CAMBIAMENTO.

E la scena si carica di un simbolismo INAUDITO: Gesù non mangia, ma prende il pane e i pesci me li dà a loro ed essi li prendono dalle sue mani: SIMBOLO ETERNO DEL PANE VERO E DELLA VITA VERA, CHE IL SIGNORE CONTINUA A DONARCI FINO ALLA CONSUMAZIONE DI QUESTO MONDO.

Che meraviglioso testo!

Il legame con l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, è forte e chiarissimo.

Come lo è LA TERMINOLOGIA UTILIZZATA, CHE APPROFONDISCE ULTERIORMENTE LA FORTE IMPRONTA EUCARISTICA.

Evocando l’eucaristia, l’evangelista Giovanni contempla:

“Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro”.

L’Evangelista suggerisce così che L’EUCARISTIA È –D’ORA IN POI- IL LUOGO PRIVILEGIATO PER L’INCONTRO CON GESÙ RISORTO.

È quel pane che Gesù aveva identificato con «la sua carne data per la vita del mondo» (Gv 6,51).

Gesù dà sé stesso, è Lui che prepara il pasto, prepara la tavola, è lui che provvede il cibo che dona vita, è lui la presenza sempre preveniente!

E in questi gesto c’è IL GESTO DELLA CENA, QUELLO DRAMMATICO E SOLENNE DELLA “FRACTIO PANIS” DI LUCA: il segno del suo spezzamento nella morte, vinta ormai da questa sua celebrazione, ora che egli è vivente per sempre.

A tale segno memoriale di una sera sconvolgente, di fronte a cui la prima volta erano fuggiti, essi sono invitati oggi a dire di sì, nella luce radiosa di questo mattino, come avevano fatto già due discepoli, una sera a Emmaus.

Era questa la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli risuscitato dai morti.

Ma torniamo al testo.

IL FRUTTO DELLA LORO FATICA – “graziata” dall’intervento del Risorto – VIENE UNITO A CIÒ CHE GIÀ ERA PREPARATO.

TUTTO È PARTE DI UN’UNICA MENSA CHE È LA MENSA DEL DONO.

Il Cristo di Giovanni appare come un ospite che invita i suoi a ricevere il pane che li nutrirà.

Una mensa ricca, frutto di grazia e dell’iniziativa di Gesù, un cibo di vita che condensa l’offerta di salvezza che ai suoi è donata.

I DISCEPOLI SONO DESCRITTI COME COLORO CHE SONO OSPITATI DAL SIGNORE, DENTRO UNA RELAZIONE CHE LI NUTRE E DÀ LORO LA VITA IN ABBONDANZA.

La pesca finalmente raggiunta dà a questo essere ospitati un colore fortemente attivo. Sono “protagonisti” attivi dell’ospitalità che ricevono.

Ecco la rivelazione che quel verbo «manifestarsi» prometteva.

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!