14.02.2023 MARTEDI’ SANTI CIRILLO E METODIO – LUCA 10,1-9 “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 10,1-9
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”». Parola del Signore
Mediti…AMO
Oggi la Chiesa celebra la festa dei santi Cirillo e Metodio, fratelli, che evangelizzarono l’Europa dell’est.
Ma la devozione popolare ricorda anche san Valentino, patrono degli innamorati.
Cirillo e Metodio, nativi di Salonicco, siamo nel primo millennio, furono inviati dal vescovo di Costantinopoli a evangelizzare i popoli della Pannonia e della Moravia.
Tradussero in slavo le Scritture, adattando l’alfabeto latino (il cirillico), Cirillo si fece poi monaco a Roma e Metodio fu eletto vescovo.
Per amore, Cirillo e Metodio, a prezzo di grandi sacrifici e di persecuzioni, annunciarono il Vangelo, e sempre di amore parliamo ricordando la figura di Valentino, vescovo di Terni, patrono di chi si ama.
Non pochi sono i casi di fratelli venerati come santi dalla Chiesa, fra i quali vogliamo ricordare in particolare i patriarchi Mosè ed Aronne, gli apostoli Pietro ed Andrea, i martiri Cosma e Damiano, i protomartiri russi Boris e Gleb, Sant’Annibale Maria ed il Servo di Dio Francesco Maria Di Francia, San Paolo della Croce ed il Venerabile Giovanni Battista Danei, i Beati Giovanni Maria e Luigi Boccardo, i Venerabili Antonio e Marco Cavanis, i Servi di Dio Flavio e Gedeone Corrà.
Papa Giovanni Paolo II, il 31 dicembre 1980 con la lettera apostolica “Egregiae virtutis” volle porre due fratelli, Cirillo e Metodio, quali patroni d’Europa insieme con San Benedetto, in quanto evangelizzatori dei popoli slavi e dunque della parte orientale del vecchio continente.
Trattasi di due santi mai canonizzati dai papi, dei quali soltanto nel 1880 il pontefice Leone XIII aveva esteso il culto alla Chiesa universale.
Originari di Tessalonica, città greca a quel tempo facente parte dell’Impero Bizantino, Cirillo e Metodio evangelizzarono in particolar modo la Pannonia e la Moravia nel IX secolo. Poco notizie ci sono state però tramandate circa Cirillo e suo fratello Metodio.
Sappiamo che Cirillo in realtà si chiamava Costantino ed adottò in seguito il nome Cirillo come monaco, verso il termine della sua vita. Ulteriori informazioni circa le loro attività sono pervenute sino a noi grazie a due “Vitæ”, redatte in paleoslavo, nota anche come “Leggende Pannoniche”. Si conservano inoltre le lettere che l’allora pontefice indirizzò a Metodio e la “Leggenda italica”, scritta in latino.
A causa della innegabile scarsità di fonti storicamente attendibili, sono fiorite numerose leggende attorno alle figure di Cirillo e Metodio.
Secondo la “Vita Cyrilli”, quest’ultimo era il più giovane di sette fratelli e già in tenera si trasferì a Costantinopoli, ove intraprese gli studi teologici e con il celebre patriarca. Oltre al greco, Cirillo parlava infatti correntemente anche il latino, l’arabo e l’ebraico. Da Costantinopoli, l’imperatore inviò i due fratelli in varie missioni, anche presso gli Arabi: fu durante la missione presso i Càsari che Cirillo rinvenne le reliquie del papa San Clemente, un Vangelo ed un salterio scritti in lettere russe, come narra la “Vita Methodii”.
La missione più importante che venne affidata a Cirillo e Metodio fu quella presso le popolazioni slave della Pannonia e della Moravia. Cirillo incominciò a tradurre brani del Vangelo di Giovanni inventando un nuovo alfabeto, detto glagolitico (da “глаголь” che significa “parola”), oggi meglio noto come alfabeto cirillico. Probabilmente già da tempo si era cimentato nell’elaborazione di un alfabeto per la lingua slava.
Non tardarono però a manifestarsi contrasti con il clero tedesco, primo evangelizzatore di quelle terre. Nel 867 Cirillo e Metodio si recarono a Roma per far ordinare sacerdoti i loro discepoli, ma forse la loro visita fu dettata da un’esplicita convocazione da parte del papa Adriano II insospettito dall’amicizia tra Cirillo e l’eretico Fozio.
Ad ogni modo il pontefice riservò loro un’accoglienza positiva, ordinò prete Metodio ed approvò le loro traduzioni della Bibbia e dei testi liturgici in lingua slava. Inoltre Cirillo gli fece dono delle reliquie di San Clemente, da lui ritrovate in Crimea. Durante la permanenza nella Città Eterna, Cirillo si ammalò e morì: era il 14 febbraio 869. Venne sepolto proprio presso la basilica di San Clemente.
Metodio ritornò poi in Moravia, ma durante un successivo viaggio a Roma venne consacrato vescovo ed assegnato alla sede di Sirmiun (odierna Sremska Mitroviča). Quando in Moravia a Rostislav successe il nipote Sventopelk, favorevole alla presenza tedesca nel regno, iniziò così la persecuzione dei discepoli di Cirillo e Metodio, visti come portatori di un’eresia. Lo stesso Metodio fu detenuto per due anni in Baviera ed infine morì presso Velehrad, nel sud della Moravia, il 6 aprile 885.
La vastissima attività dei discepoli di Cirillo e Metodio in questo paese diede origine alla letteratura bulgara, ponendo così le basi della cultura scritta dei nuovi grandi stati russi. Il cirillico avvicinò moltissimo i bulgari e tutti i popoli slavi al mondo greco-bizantino: questo alfabeto si componeva di trentotto lettere, delle quali ben ventiquattro prese dall’alfabeto greco, mentre le altre appositamente ideate per la fonetica slava. Ciò comportò una grande facilità nel trapiantare in slavo l’enorme tradizione letteraria greca. La nuova lingua soppiantò ovunque il glagolitico e rese celebre sino ai giorni nostri il nome del suo ideatore.
Ma veniamo al testo evangelico odierno, che ci presenta l’invio dei settantadue discepoli che devono annunciare la Buona Novella di Dio nei villaggi e nelle città della Galilea.
I settantadue siamo tutti noi che veniamo dopo i Dodici.
Mediante la missione dei discepoli e delle discepole Gesù cerca di riscattare i valori comunitari della tradizione della gente che si sentiva schiacciata dalla duplice schiavitù della dominazione romana e dalla religione ufficiale.
Gesù cerca di rinnovare e di riorganizzare le comunità in modo che siano di nuovo un’espressione dell’Alleanza, una dimostrazione del Regno di Dio.
Per questo insiste sull’ospitalità, nella condivisione, sulla comunione, sull’accoglienza agli esclusi.
Questa insistenza di Gesù appare nei consigli che dava ai discepoli ed alle discepole quando li mandava in missione.
Al tempo di Gesù c’erano altri movimenti che, come Gesù, cercavano un modo nuovo di vivere e convivere, per esempio Giovanni Battista, i farisei ed altri.
Anche loro formavano comunità di discepoli (Gv 1,35 e Lc 11,1 e At 19,3) ed avevano i loro missionari (Mt 23,15). Ma come vedremo c’era una grande differenza.
I discepoli di Gesù, al contrario degli altri missionari, non dovevano portare nulla, né bisaccia, né sandali. Ma dovevano SOLO PORTARE LA PACE. Ciò significava che dovevano aver fiducia nell’ospitalità della gente, sapendo che saranno accolti, perché grazie al loro ministero la gente si sarebbe sentita rispettata e confermata.
Per mezzo di questa pratica il discepolo annullava le leggi dell’esclusione, riscattando gli antichi valori della convivenza e della condivisione comunitaria, poiché non aveva più paura di perdere la purezza legale.
La “nuova purezza legale” aveva ora un nuovo accesso, dovuto all’acquisita intimità con Dio, a questo “andare” sulla FEDE IN DIO.
Perché “andare” significa sperimentare la paura di non essere all’altezza, con tutte le sue forme di insicurezza, compresa la precarietà e la povertà.
QUESTO “ANDARE”, PERÒ, DEVE ESSERE SEMPRE SOGGETTO ALLA PROVVIDENZA DI DIO, a tal punto che si sperimenta sulla propria pelle LA SUA GRAZIA.
E, pian piano, si sperimenta così, che, nonostante i ripetuti sbagli, QUESTO “ANDARE”, CON IL TEMPO, CI RENDE LIBERI.
L’UNICA COSA SULLA QUALE BISOGNA IMPARARE A CONTARE È LA PAROLA DI GESÙ, QUELLA PAROLA CHE INDICA UN CAMMINO, UNA STRADA DA PERCORRERE, UNA VITA DA VIVERE.
Un orizzonte che, se anche si ha l’illusione di non poter raggiungere definitivamente, nonostante tutto, ogni giorno, è sempre più vicino, PERCHÉ IL NOSTRO DIO È UN VIANDANTE, UN NOMADE CHE CAMMINA SEMPRE ACCANTO A NOI.
Ha detto nella “Evangelii Gaudium”, papa Francesco:
- «Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo… Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: “Voi stessi date loro da mangiare” Mc 6,37)»
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!