… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MATTEO 5,38-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Dà a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle». Parola del Signore
Mediti…AMO
LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO
Antonio di Padova, al secolo Fernando Martins de Bulhões, noto in Portogallo come Antonio da Lisbona (Lisbona, 15 agosto 1195–Padova, 13 giugno 1231), è stato un religioso e presbitero portoghese appartenente all’Ordine francescano, proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa (“Doctor Evangelicus”) nel 1946.
Ebbe il dono della BILOCAZIONE. Operò miracoli quali esorcismi, profezie, guarigioni, compreso il riattaccare una gamba, o un piede, recisa, fece ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, ad una donna riattaccò i capelli che il marito geloso le aveva strappato, rese innocui cibi avvelenati, predicò ai pesci, costrinse una mula ad inginocchiarsi davanti all’Ostia, fu visto anche con Gesù Bambino in braccio.
Da principio canonico regolare a Coimbra dal 1210, poi dal 1220 frate francescano.
È uno dei Santi più amati e venerati della cristianità. È patrono di poveri e affamati. Il suo emblema è il giglio bianco con il quale viene raffigurato.
I suoi miracoli in vita e dopo la morte hanno ispirato molti artisti fra cui Tiziano, che ha dipinto il ciclo dei Miracoli di sant’Antonio da Padova nella Scuola del Santo a Padova, e Donatello.
La grande Basilica a lui dedicata sorge vicino al convento di Santa Maria Mater Domini.
Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua del Santo incorrotta, ed è conservata nella cappella del Tesoro presso la basilica della città veneta di cui è patrono.
Sant’Antonio è anche patrono del Portogallo, del Brasile, della Custodia di Terra Santa e di numerose città in Italia, Spagna e Stati Uniti.
Le origini e l’ingresso nell’ordine agostiniano
Fernando di Buglione nasce a Lisbona il 15 agosto 1195 da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo di Buglione.
A quindici anni è novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferisce nel monastero di Santa Croce di Coimbra, il maggior centro culturale del Portogallo appartenente all’Ordine dei Canonici regolari di Sant’Agostino, dove studia scienze e teologia con ottimi maestri, preparandosi all’ordinazione sacerdotale che riceverà nel 1219, a 24 anni.
Quando sembrava dover percorrere la carriera del teologo e del filosofo, decide di lasciare l’ordine dei Canonici Regolari di Sant’Agostino perché mal sopportava i maneggi politici tra i canonici regolari agostiniani e re Alfonso II, anelando ad una vita religiosamente più severa.
La scelta dei francescani e la missione in Marocco
Il suo desiderio si realizza allorché, nel 1220, giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi.
Quando i frati del convento di monte Olivares arrivano per accogliere le spoglie dei martiri, Fernando confida loro la sua aspirazione di vivere nello spirito del Vangelo. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori e fa subito professione religiosa, mutando il nome in Antonio in onore dell’abate, eremita egiziano.
Anelando al martirio, subito chiede ed ottiene di partire missionario in Marocco. È verso la fine del 1220 che s’imbarca su un veliero diretto in Africa, ma durante il viaggio è colpito da febbre malarica e costretto a letto.
La malattia si protrae e in primavera i compagni lo convincono a rientrare in patria per curarsi. Secondo altre versioni, Antonio non si fermò mai in Marocco: ammalatosi appena partito da Lisbona, la nave fu spinta da una tempesta direttamente a Messina, in Sicilia. Curato dai francescani della città, in due mesi guarisce.
L’incontro con san Francesco
A Pentecoste è invitato al Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente.
Terminato il capitolo, Antonio fu inviato a Montepaolo di Dovadola, nei pressi di Forlì, come predicatore, in virtù della grande umiltà, ma anche della sapienza e cultura, che aveva mostrato per la prima volta proprio a Forlì nel 1222.
Antonio fu incaricato dell’insegnamento della teologia e inviato dallo stesso san Francesco a contrastare in Francia la diffusione del movimento eretico dei catari. Fu poi trasferito a Bologna e quindi a Padova.
Antonio di Padova visse in una fase del Medioevo in cui tutta l’Europa era scossa da profondi cambiamenti: la nascita della società urbana e dei Comuni; l’aumento della produzione agricola e la conseguente maggior mobilità delle persone con la ripresa di ampi commerci.
Artigiani e commercianti, notai e medici, mercanti e banchieri iniziavano a dar vita ad una nuova classe sociale: la borghesia, che andava ad aggiungersi ai cavalieri, al clero e ai nobili.
In questo quadro di grandi cambiamenti, la Chiesa visse mutamenti significativi:
- Il fiorire delle cattedrali, monumento tipico della città che rinasceva: dopo l’XI secolo, la cattedrale divenne (così come lo erano stati i monasteri nei secoli precedenti) il centro della vita religiosa.
- Il culmine dell’epoca delle Crociate, in tutto otto (la prima nel 1096, l’ultima nel 1270).
- l’epoca dei Papi Innocenzo III e suo nipote Gregorio IX, difensori del potere papale e soprattutto papi che si inserirono nella grande riforma spirituale dei secoli XI-XII; entrambi avvertirono l’esigenza di rinnovare anche le istituzioni ecclesiastiche.
- Questo impeto di rinnovamento spirituale si espresse nella nascita di alcuni ordini religiosi sia contemplativi cistercensi sia più inseriti nella realtà sociale, come i cosiddetti Ordini mendicanti: francescani e domenicani.
Morì all’età di 36 anni. Rapidamente canonizzato (in meno di un anno) il suo culto è fra i più diffusi del cattolicesimo.
ESAME DEL TESTO EVANGELICO
Questa settimana il vangelo di Matteo ci permette, con il discorso della montagna, di riflettere sulle beatitudini e su come queste si coniughino nella nostra vita quotidiana.
Ma che significa e cosa comporta la frase citata sopra? Ovvero “…non opporsi ai malvagi?”.
Intanto la colleghiamo all’idea di beatitudine, che significa essere beato, felice, benedetto.
Non opporsi al malvagio è così un modo per essere felice, per vivere la parola bene detta di Dio. Ma come ci dobbiamo comportare?
Credendo prima di tutto CHE IL BENE È PIÙ FORTE DEL MALE, senza vedere quest’ultimo per forza dappertutto.
Piuttosto, studiare approcci positivi al malvagio, come porgere l’altra guancia, non per viltà, acquiescenza o servilismo, ma perché il male ha già il suo destino, ma il malvagio può liberarsi dalla sua attitudine, rovesciarla e farsi benevolo.
Anche quando si presenta ingiusto, pretenzioso, insolente.
Purtroppo, nella nostra natura umana è inscritta una legge antica che suona così:
- “ad ogni azione malvagia nei nostri confronti deve corrispondere un’altra reazione adeguata dello stesso ordine”.
Questa norma biblica “dell’occhio per occhio e dente per dente” era già un grosso passo avanti rispetto alla reazione selvaggia e brutale di chi annegava nel sangue un torto subito.
Infatti, gli antichi erano riusciti a stabilire un principio di equità, di proporzione della pena: ad un’offesa ricevuta occorreva rispondere con un’azione simile.
All’occhio corrispondeva l’occhio, al dente, il dente. Non potevo uccidere chi mi aveva rotto un dente.
Superare la logica della legge del taglione, che poneva in qualche modo un freno alla violenza insensata, è qualcosa che ci rende simili a Dio.
La logica della mitezza, la beatitudine della non violenza, l’uso del paradosso possono scardinare qualunque resistenza.
Certo, agli occhi del mondo tale atteggiamento è inopportuno e lungo la storia la Chiesa stessa si è interrogata, davanti a casi concreti, su come applicarla.
Pensiamo, ad esempio, alle terribili immagini della strage di migliaia di innocenti operata dal fondamentalismo islamico.
Ma non era certo sufficiente al Signore, che osa proporre una visuale innovativa, quasi folle.
Gesù propone un atteggiamento di disarmante paradosso: offrire la guancia a chi ti schiaffeggia.
Cosa che va capita bene, visto che spesso è utilizzata proprio per ridicolizzare i cristiani e per perseguitarli.
Gesù stesso non porgerà l’altra guancia alla guardia che lo schiaffeggia davanti al sommo sacerdote.
Porgere la guancia significa avere un atteggiamento leale, convincente, che desidera portare alla comprensione chi ti sta mortificando.
L’equilibrio che siamo tenuti ad avere nella nostra società è difficile da raggiungere, ma possibile: non adeguarci alla crescente violenza che contagia ogni luogo, il linguaggio, le abitudini quotidiane e, nello stesso tempo, non essere remissivi, non diventare il “tappetino da bagno” sul quale tutti si puliscono i piedi, in nome di una malintesa remissività cristiana.
Fratelli e Sorelle, lasciamoci guidare ed aiutare dallo Spirito Santo, come dice questa meravigliosa preghiera, tratta dal prefazio della Preghiera Eucaristica della Riconciliazione II:
“Con la forza dello Spirito tu agisci nell’intimo dei cuori,
perché i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano,
e i popoli si incontrino nella concordia.
Per tuo dono, o Padre, la ricerca sincera della pace estingue le contese,
l’amore vince l’odio e la vendetta è disarmata dal perdono”.
Ha detto Sant’Antonio di Padova:
- “La vita del cristiano si svolge sulla terra come si spiega maestoso l’arcobaleno da un punto all’altro del cielo. Sono vari i colori dell’iride, ma il rosso fuoco e il ceruleo vi predominano. Similmente la vita del buon cristiano si colora di virtù che si fondono avvolte e rischiarate dalla sfavillante fiamma dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. L’amore deve accompagnarsi a tutte le virtù, poiché, “com’è povera e disadorna la mensa senza il pane, così le virtù senza l’amore”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!