13.04.2023 GIOVEDI’ FRA L’OTTAVA DI PASQUA – LUCA 24,35-48 “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo LUCA 24,35-48

+ In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il vangelo di oggi racconta un altro evento, dopo la visita all’alba delle donne alla tomba vuota (Lc 24,1-11), la corsa di Pietro al sepolcro (Lc 24,12), la manifestazione del Risorto “come un forestiero” (Lc 24,18) ai due discepoli in cammino verso Emmaus (Lc 24,13-35).

Siamo tra la scena di Emmaus e quella dell’ascensione, e Gesù si mostra ai discepoli, che a loro volta hanno appena ascoltato ciò che i due viandanti hanno riferito loro, soprattutto come il Risorto si sia fatto riconoscere nel gesto di spezzare il pane.

Sempre nel medesimo giorno, “il primo della settimana” (Lc 24,1), il giorno unico della resurrezione, ma alla sera, i due discepoli tornati a Gerusalemme sono nella camera alta (Lc 22,12 b e Mc 14,15), a raccontare agli Undici e agli altri “come hanno riconosciuto Gesù nello spezzare il pane” (Lc 24,25).

Ed ecco che, improvvisamente, si accorgono che Gesù è in mezzo a loro e fa udire la sua parola, e dice loro “Shalom ‘aleikhem’! Pace a voi!”.

Un saluto abituale per i giudei, ma che quella sera risuona con una forza particolare “La pace sia con voi! Non abbiate paura!”.

La resurrezione ha radicalmente trasformato Gesù, l’ha trasfigurato, perché egli ormai “è entrato nella sua gloria” (Lc 24,26), e può solo essere riconosciuto dai discepoli attraverso un atto di fede.

Ed essi sono “sconvolti e pieni di paura” perché ritengono di vedere un fantasma (facciamo bene attenzione nel ricordare che la tradizione biblica metteva in guardia dalla pericolosità delle apparizioni di spiriti, in seguito a evocazioni, o cose simili…)

Comunque, così, lungo i secoli, si è trasmessa la fede cristiana: da bocca a orecchio, raccontando l’incontro col Signore che ogni uomo ha fatto nella sua vita.

E il Cristo apparso, non è un fantasma, ma mangia e beve con esso e con noi. Infatti, il gesto del cibo consumato diviene la dimostrazione del realismo materiale dell’apparizione.

E questo perché il Cristo non è un’idea del passato, UN IDEALE DA SEGUIRE, MA UNA PERSONA CHE FISICAMENTE, NELL’ANIMA, POSSIAMO INCONTRARE, DI CUI POSSIAMO FARE ESPERIENZA REALE.

Dicevamo che gli evangelisti affermano che solo attraverso dei segni possiamo riconoscere Gesù.

Non è il volto a rivelarlo, bensì mani e piedi.

Evidentemente perché portano dei segni visibili, quelli della Croce.

Sono il segno che Gesù non è semplicemente scampato alla morte.

Piuttosto, colui che è stato crocefisso è ora vivo, in un’esistenza totalmente rinnovata.

Dopo aver visto e riconosciuto, devono – ancora una volta per ordine del Risorto – «toccare e osservare» il suo essere in carne e ossa.

Come possiamo vedere, Fratelli e Sorelle, in questo caso sono due i segni che permettono agli Apostoli di accorgersi della sua presenza: il racconto entusiasta dei viandanti e la Scrittura letta con intelligenza, cioè alla luce dello Spirito Santo che la ispira.

Eppure, nonostante queste parole e il gesto del MOSTRARE LE SUE MANI E I SUOI PIEDI, FORATI DAI CHIODI, a riprova della sua fisicità reale, essi non arrivano a credere. Malgrado la loro emozione gioiosa NON GIUNGONO ALLA FEDE.

È VERO, NOI UOMINI FACILMENTE APPRODIAMO ALLA RELIGIONE, MA DIFFICILMENTE ARRIVIAMO ALLA FEDE.

Viviamo facilmente emozioni religiose, ma difficilmente aderiamo CON VERITA’ E PROFONDITA’ DEL CUORE, a Gesù Cristo e alla SUA PAROLA.

E IL SIGNORE LO SA BENE!

In questa apparizione, ha grande pazienza, e offre alla sua comunità una seconda parola e un secondo gesto, con i quali chiede se abbiano qualcosa da mangiare.

Ed essi gli offrono pesce arrostito, cibo che abitualmente mangiavano insieme, quando vivevano l’avventura della vita comune in Galilea.

E il Cristo lo mangia davanti a loro, come a dire che le mani e i piedi forati, il mangiare realmente il cibo, non sono solo “segni” attestanti che la resurrezione di Gesù CRISTO NON È IMMORTALITÀ DELL’ANIMA E PERDITA TOTALE DEL CORPO, non è “la continuazione della sua causa” anche se egli è morto, non è una memoria che si conserva senza che colui che è morto sia vivente.

MA QUESTI SEGNI, IN VERITÀ CONTENGONO VERITÀ INDICIBILI, CHE GRIDANO CHE QUEL CRISTO CHE L’UOMO HA CROCIFISSO, HA VINTO REALMENTE LA MORTE.

Ma nemmeno questo basta ai discepoli che restano muti: l’evangelista attesta che nemmeno da quei segni e da quelle parole di Gesù è scaturita la loro Fede…

Noi sappiamo che Luca vuole insistere sulla realtà dell’apparizione e della risurrezione di Gesù Cristo, e mostrando il Cristo che mangia dice che Colui che i discepoli vedono non è un fantasma, non è nemmeno qualcuno che si finge il Cristo.

Ma è quello di prima, è il Gesù terreno.

E se non è convincente la Sua Parola, LO ATTESTANO I PIEDI E LE MANI FORATE.

Qualcosa di analogo accade infatti alla fine del Quarto Evangelo, dove i discepoli – che però si trovano in Galilea – erano tornati alle loro abituali occupazioni:

  • “Io vado a pescare”, aveva detto Pietro;
  • “Veniamo anche noi con te”, gli avevano fatto eco gli Apostoli (Gv 21,3).

Ma non avevano preso nulla e quando oramai le speranze della pesca erano svanite, era sopraggiunta l’alba.

Ed ecco che qualcuno, da riva, domanda loro “…Figlioli, non avete nulla da mangiare?” (Gv 21,5).

Gesù chiede ancora una volta del cibo.

Forse perché mangiare è infatti qualcosa radicato nella stessa realtà più umana, quella delle necessità di tutti i giorni “…dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano” (Lc 11,3).

Forse perché il mangiare è condividere, e richiede di stare insieme.

Ed è un modo per scambiarsi doni.

Chi – come gli angeli nella scena di Abramo a Mamre (Gen 18) – riceve del cibo per il sostentamento, lascia sempre qualcosa (in quella occasione essi promettono la nascita di Isacco).

E Gesù, dalla riva del mare, dice ai suoi amici di gettare la rete di nuovo, e finalmente avviene il miracolo della pesca. Ma non basta; quando questi giungono a riva, il Risorto ha già preparato per loro il fuoco, del pesce e il pane (Gv 21,9).

Gesù offre loro – in cambio del pesce pescato – molto di più degli Angeli a Mamre.

Dopo aver mangiato, come aveva già fatto coi discepoli ad Emmaus, comincia a parlare, e a spiegare loro quelle cose che su di Lui erano scritte nella Bibbia: e “…allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture” (Lc 24,45).

Il dono di Gesù, oltre a quello della pace (“Shalom ‘aleikhem’! v. 36), È IL NUOVO MODO DI COMPRENDERE LA REALTÀ.

Gesù mostra, infatti, CHE TUTTO HA UN SENSO, TUTTO È GRAZIA, PERCHÉ RIENTRA NEL DISEGNO SALVIFICO DI DIO CONSEGNATO ALLE SCRITTURE.

In questa luce, la passione, morte e risurrezione non è il fallimento di un Progetto, ma il suo adempimento, PERCHÉ ANCHE NELLA MORTE È INSCRITTA LA PAROLA DI SALVEZZA.

In questa linea vanno compresi “la conversione e il perdono dei peccatiche il Risorto affida alla testimonianza dei suoi.

CONVERTIRSI PER LUCA SIGNIFICA RITORNARE A LEGGERE LA PROPRIA VITA IN UN PROGETTO DI SALVEZZA.

Un Progetto che il Padre ha disegnato per tutte le genti, ma soprattutto per:

  • i figli che hanno abbandonato la casa del Padre (Lc 15),
  • i peccatori pubblici (Lc 7),
  • i farisei che si ritengono giusti disprezzando gli altri (Lc 7),
  • i ricchi che hanno accumulato per sé (Lc 16 e Lc 19),
  • i delinquenti appesi a un patibolo (Lc 23).

A TUTTI DIO REGALA UN NUOVO INIZIO.

Purtroppo, con grande realismo, un PADRE DEL DESERTO commenta mirabilmente questa pagina evangelica, dicendo:

  • Credere alla parola del Signore è molto più difficile che credere ai miracoli. Ciò che si vede solo con gli occhi del corpo, abbaglia; ciò che si vede con gli occhi della mente che crede, illumina”.

E vorrei chiudere questa lunga meditazione, regalandovi la voce dell’antico Vescovo e Martire di Antiochia, Ignazio di Antiochia, nella sua Lettera agli Smirnesi, al n.3, 1-2:

  • “Io, infatti, so e credo che anche dopo la risurrezione Egli è nella carne. E quando venne da quelli che erano intorno a Pietro, disse loro: «Prendete, palpatemi e vedete che non sono un dèmone incorporeo». E subito lo toccarono e credettero compenetrati nella sua carne e nel suo spirito. Per questo disprezzarono anche la morte, anzi furono trovati superiori alla morte”.

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!