… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 11,42-46
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!». Parola del Signore
Mediti…AMO
Gesù, nel suo annuncio del Regno, non ha mai taciuto l’ipocrisia dei suoi ascoltatori.
I farisei e i dottori della legge sono tra i suoi riferimenti più frequenti.
Dal brano del vangelo di oggi possiamo capire perché talvolta le parole di Gesù suonano dure.
Esse non hanno mai lasciato indifferente nessuno, perché vanno ad analizzare l’equilibrio e la
correttezza delle nostre scelte.
Queste parole sferzavano duemila anni fa le orecchie dei farisei, che erano i più restii a credere e a convertirsi al Vangelo.
I farisei erano nati come un movimento di credenti autentici che, attraverso l’osservanza scrupolosa delle prescrizioni della Legge, pensavano di poter convincere Dio a salvare Israele.
Col passare degli anni avevano acquisito grande notorietà presso il popolo che li ammirava per la loro coerenza e la loro ascesi.
I farisei erano divenuti così popolari che la classe sacerdotale, CHE LI ODIAVA CORDIALMENTE, era stata obbligata ad inserire le loro prescrizioni nella liturgia del ricostruendo tempio di Gerusalemme.
La loro condizione spirituale li spingeva a compiere delle azioni in nome e per conto dei credenti che non seguivano la Torah:
- -se i contadini, spesso, ignoravano la prescrizione di destinare al tempio un decimo del raccolto, i farisei pagavano la decima addirittura sulle spezie,
- -se pochi rispettavano il digiuno annuale previsto dalla Torah, i farisei digiunavano due volte a settimana!
Ma questa notorietà aveva finito col renderli vanitosi, santamente vanitosi.
E Gesù critica duramente questa vanità, anche se santa.
Ma quella stessa PAROLA pronunziata in quel tempo da Gesù, verso i farisei, oggi mette in crisi noi, che a modo nostro ci appoggiamo alla legge per giustificare le nostre carenze di amore.
Trascurare infatti la giustizia e l’amore di Dio è il peccato più grande ancora oggi, e nessuno è esente da tale rischio.
E, nel brano evangelico odierno, troviamo un Gesù che è proprio “arrabbiato“, e non le manda certo a dire.
Gesù non risparmia parole quando si tratta di denudare l’ipocrisia o le menzogne. Egli mira sempre alla Verità e alla conversione del cuore.
Infatti, lo sentiamo ripetere più volte un “Guai a voi“, il che dovrebbe far riflettere chiunque si senta chiamato in causa.
E tra tutti quelli che pronuncia, ci dovrebbe far riflettere soprattutto il “Guai a voi che lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio”.
E questo perché usiamo le parole “giustizia” e “amore” in modo davvero spregiudicato e inappropriato.
Tra l’altro, abusiamo di questi termini già considerando l’ottica e le definizioni umane … figuriamoci se prendiamo quelle riferite a Dio.
Gesù parla infatti di “giustizia” e di “amore” di Dio, cioè non dei significati che vengono dati dagli uomini ma dal punto di vista divino.
Sembrano parole semplici e chiare; però le realtà alle quali si riferiscono sono molto profonde.
Infatti la giustizia di Dio non si riduce a ciò che noi intendiamo per giustizia; né l’amore di Dio è come il nostro amore, tanto fragile e limitato.
Gesù rimprovera a quegli uomini “sapienti” di non conoscere la Legge, giacché la sua essenza era la giustizia ed era l’amore, e proprio questo era ciò che loro non praticavano.
La giustizia di Dio è costanza nelle sue promesse, perseveranza nel suo amore, misericordia eterna.
Il Signore ci invita a essere umili; a dimostrare quello che siamo e come stiamo, per poter essere guariti; ad amare come ci piacerebbe essere amati; a non richiedere agli altri cose che noi non siamo disposti a fare.
L’orgoglio e la falsità sono come un muro che respinge la grazia.
Inoltre a nulla ci servirà per l’altra vita sembrare irreprensibili agli occhi degli uomini se non desideriamo e tentiamo di esserlo.
Infatti, quello che considera e valuta Cristo, che a suo tempo ci giudicherà, sono i cuori, perché nella salvezza che ci ha donato, la religione, con tutto l’apparato di norme, riti, racconti, esperienza, sequela e morale, diventa strumento che deve rendere il nostro cuore di carne, per farci diventare più uomini, cioè più fratelli.
Lo chiediamo nella celebrazione Eucaristica, dove, nella Colletta della Messa preghiamo “…O Dio, che riveli la pienezza della legge nella giustizia nuova fondata sull’amore, fa’ che il popolo cristiano radunato per offrirti il sacrificio perfetto, sia coerente con le esigenze del Vangelo, e diventi per ogni uomo segno di riconciliazione e di pace”.
Fratelli e Sorelle, non dobbiamo dimenticare mai che la Legge di Dio è sempre per il bene dell’uomo, e questo bene, scaturisce nell’amore e nella giustizia.
Trascurare questo significa comunque non osservare la Legge di Mosè.
I farisei, o almeno quei farisei ai quali si rivolge Gesù, pensavano di poter vivere una superficialità religiosa fatta di norme e precetti.
I dottori della legge invece erano colpevoli di un altro atteggiamento.
Gesù riconosce loro la conoscenza della Legge, con tutte le norme ed i precetti da applicare, ma che erano riservati solo agli altri.
Gli stessi dottori si sentono dei privilegiati e quindi già giusti quasi per diritto e non bisognosi di aderire a nessuna norma.
Essi si fanno norma a sé stessi e pretendono per gli altri un rigore assoluto.
Due atteggiamenti, quello dei farisei e quello dei dottori della legge, che troviamo anche presso di noi.
Dovremo chiederci se la nostra partecipazione all’Eucaristia domenicale non serva semplicemente per tacitare la nostra coscienza, e farci ritenere dei buoni cristiani.
O sia una celebrazione da vivere come momento privilegiato di incontro con il Signore.
O ancora dovremmo chiederci se il nostro battesimo, dono gratuito, non ci sembri essere una garanzia sufficiente per la nostra vita che, quindi non richiede ulteriori adesioni nella nostra vita.
Il pericolo è il moralismo rigido, che cerca la perfezione nell’adempimento puntuale di tanti piccoli precetti che dovrebbero proteggere la nostra fede e rendere sicuro il cammino.
Gesù ci offre la soluzione: UMILTÀ. Non giudicare, ma discolpare.
Il precetto va adempiuto con carità, che sempre discolpa i difetti degli altri, e non si sente superiore a nessuno.
Ha detto papa Francesco:
- “Oggi vorrei soffermarmi a considerare questo rapporto così speciale che Gesù ha con la folla. La gente lo segue e lo ascolta perché sente che parla in un modo diverso, con l’autorità che deriva dall’essere autentici e coerenti, privi di ambiguità e secondi fini. C’è gioia e allegria quando ascolta il Maestro. La gente benedice Dio quando Gesù parla, perché il suo discorso include tutti, ne fa persone e li rende popolo di Dio. Avete notato che solo gli scribi e i farisei, che Gesù taccia di ipocrisia, chiedono sempre: “A chi dici questo? lo dici per noi? Dicendo questo tu offendi anche noi!”. La gente non fa di queste domande, anzi desidera che la Parola sia per lei. Sa che è una Parola che fa bene, che guarisce, migliora, purifica chi dice “questo è per me”.”
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!