11 aprile GIOVEDI’ SANTO STANISLAO – GIOVANNI 3,31-36 “Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondoGIOVANNI 3,31-36

+Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Stanislao (Polonia, 1030 –1079), vescovo di Cracovia, fu pastore sapiente e sollecito. Intrepido sostenitore della libertà della Chiesa e della dignità dell’uomo, difensore dei piccoli e dei poveri, subì il martirio sotto il re Boleslao II,l’Ardito,valoroso nella guerra contro i Russi, ma nella vita privata non rifuggiva dalle orge, e in quella pubblica dalla tirannia.

I rapimenti e le violenze erano i crimini che quotidianamente consumava con grande scandalo dei sudditi. Nessuno di coloro che lo avvicinavano osava fargliene la minima rimostranza. Soltanto Stanislao ogni tanto lo andava a trovare per indurlo a riflettere sulla enormità dei propri crimini e le funeste conseguenze degli scandali che dava. Boleslao II in principio cercò di scusarsene, poi parve dare segni di pentimento e promise di emendarsi.

Nella provincia di Siradia un giorno Boleslao fece rapire a viva forza Cristina, la moglie del signore Miecislao, famosa per la sua bellezza. L’atto tirannico e immorale provocò l’indignazione di tutta la nobiltà polacca. L’arcivescovo di Gniezno, primate del regno, e i vescovi della corte furono pregati d’intervenire, ma essi, timorosi di dispiacere al sovrano, rimasero dei cani muti. Soltanto Stanislao, dopo avere a lungo pregato, osò affrontare il re per la seconda volta e minacciargli le censure ecclesiastiche se non poneva termine alla sua vita disordinata e prepotente.

Alla minaccia di scomunica Boleslao uscì dai gangheri e ingiuriò grossolanamente il coraggioso prelato dicendogli: “Quando uno osa parlare con tanto poco rispetto ad un monarca, converrebbe che facesse il porcaio, non il vescovo”. Il santo, senza lasciarsi intimidire, rinnovò le sue istanze e disse al sovrano: “Non stabilite nessun paragone tra la dignità regale e quella episcopale perché la prima sta alla seconda come la luna al sole o il piombo all’oro”.

Boleslao II, risoluto a vendicarsi a costo di ricorrere alla calunnia, si ritirò bruscamente senza neppure congedare lo sconcertante visitatore. Il santo vescovo aveva comperato da un signore, chiamato Pietro, la terra di Piotrawin, ne aveva pagato il prezzo alla presenza di testimoni, poi ne aveva dotata la chiesa di Cracovia. Nell’atto di vendita nessuna formalità era stata omessa, tuttavia Stanislao, confidando nella buona fede dei testimoni, non aveva richiesto dal venditore una quietanza. Essendo costui morto, il re chiamò a sé i nipoti di Pietro, li esortò a richiederne l’eredità come un bene usurpato dal vescovo, e li assicurò che avrebbe saputo intimidire i testimoni al punto da chiudere loro la bocca. Gli eredi, seguendo le istruzioni di Boleslao II, intentarono un processo al vescovo, lo citarono a comparire davanti ad un’assemblea di giudici presieduta dal re e lo accusarono di avere usurpato la loro proprietà. Il santo sostenne di averla pagata, ma essi negarono. Allegò allora dei testimoni, ma essi non ebbero il coraggio di dire la verità. Stanislao stava per essere condannato quando, in seguito ad una improvvisa ispirazione, chiese ai giudici una dilazione di tre giorni, promettendo di fare comparire in persona Pietro, morto da tre anni. La richiesta fu accolta con uno sprezzante sogghigno.

Dopo aver digiunato, pregato e vegliato, Stanislao il terzo giorno si recò al luogo in cui Pietro era stato seppellito, fece aprire la tomba e, toccandone con il pastorale la salma, gli ordinò di alzarsi nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il defunto ubbidì e il santo lo condusse con sé al tribunale dov’era ad attenderlo il re, la corte e una grande folla di curiosi. “Ecco – disse Stanislao ai giudici entrando con Pietro nella sala – colui che mi ha venduto la terra di Piotrawin; egli è risuscitato per rendervene testimonianza. Domandategli se non è vero che gli ho pagato il prezzo di quella terra. Lo conoscete e la sua tomba è aperta”. I presenti rimasero allibiti. Il risorto dichiarò che il vescovo gli aveva pagato quella terra davanti ai due testimoni che pochi giorni prima avevano tradito la verità, rimproverò i suoi nipoti per avere osato perseguitare ingiustamente il vescovo di Cracovia e li esortò a farne la penitenza. Dopo di che egli ritornò alla tomba da cui era uscito scongiurando il santo di pregare Nostro Signore affinché gli abbreviasse le pene del Purgatorio.

Quel prodigio fece una grande impressione sopra Boleslao II. Per un certo tempo trovò la forza di reprimere la sua lussuria e di mitigare le sue crudeltà. Compì persino una spedizione contro i Russi e s’impadronì della loro capitale, Kiev. Tuttavia, l’ebrezza della vittoria lo fece ricadere in braccio alle più sregolate passioni. Non contento degli ordinari eccessi, volle abbandonarsi pubblicamente alle abominazioni di Sodoma e Gomorra. Stanislao, quale novello Giovanni Battista, prese la risoluzione di porre un freno alla licenza del novello Erode anche a costo del martirio per la gloria di Dio e la salute della Polonia. Egli chiese al Signore con preghiere e penitenze la conversione del re, lo visitò parecchie volte per fargli aprire gli occhi e sollevarlo dall’abisso in cui era precipitato. La sua fatica fu inutile: il sovrano lo caricò d’ingiurie e lo minacciò di morte se continuava a censurare la condotta come aveva fatto.

Stanislao, acceso di sdegno per l’offesa che il re faceva a Dio, dopo avere chiesto il parere di altri vescovi, scomunicò pubblicamente Boleslao II e gl’interdisse l’ingresso in chiesa. Siccome il re continuava, nonostante le pene canoniche in cui era incorso, a prendere parte con i fedeli ai riti liturgici, il vescovo ordinò ai sacerdoti di sospendere i divini uffici ogni volta che lo scomunicato ardiva varcare la soglia delle loro chiese.

Pieno di furore, Boleslao II si recò colà e ordinò ad alcune guardie di entrare in chiesa e di massacrarvi Stanislao. Esse ubbidirono, ma mentre stavano per mettere le mani addosso al santo che celebrava la Messa, furono fatti stramazzare a terra da una forza misteriosa. Il re, irridendo alla loro debolezza, si avvicinò in persona a Stanislao con in mano la spada sguainata, e gli assestò un fendente sulla testa con tale violenza da farne schizzare le cervella contro la parete. Era l’11 aprile del 1079. Per assaporare di più la sua atroce sete di vendetta tagliò il naso e le labbra al martire, e quindi diede ordine che il cadavere fosse trascinato fuori della chiesa, fatto a pezzi e disperso per i campi affinché servisse di cibo agli uccelli e alle bestie selvagge.

Tuttavia Iddio fece sì che quattro aquile difendessero per due giorni le reliquie del santo e che durante la notte esse rilucessero di uno strano splendore. Alcuni sacerdoti e pii fedeli, fatti audaci da quei prodigi, osarono, malgrado la proibizione del re, raccogliere quelle membra sparse, emananti un soave profumo, e seppellirle alla porta della chiesa di San Michele. Due anni più tardi il corpo di Stanislao fu trasportato a Cracovia e seppellito prima in mezzo alla chiesa della fortezza e poi nella cattedrale (1088).

  1. Gregorio VII (+1085) lanciò l’interdetto sul regno di Polonia, scomunicò Boleslao II e lo dichiarò decaduto dalla dignità regale. Il principe, perseguitato esternamente dalla riprovazione dei sudditi, straziato internamente dal rimorso dei crimini commessi, cercò rifugio presso Ladislao I (+1095), re d’Ungheria, che lo accolse con bontà. Il pentimento non tardò ad impossessarsi del suo animo e allora intraprese un pellegrinaggio a Roma per implorare dal papa l’assoluzione dalle censure. Giunto ad Ossiach, nella Carinzia, la grazia lo spinse ad andare a bussare alla porta del monastero dei benedettini e chiedere di potervi passare il restante della vita come un fratello laico. Vi rimase sconosciuto fino alla morte (+1081) dedito alla penitenza e ai lavori più umili.
  2. Stanislao di Cracovia fu canonizzato da InnocenzO IV nel 1253. Sulla sua tomba avvennero dei prodigi, tra cui la risurrezione di tre morti.

Veniamo al testo dell’Evangelo odierno.

Il vangelo di Giovanni usa molte immagini e simboli per significare l’azione dello Spirito.

Come nella creazione (Gen 1,1), così lo Spirito scende su Gesù “come una colomba, venuta dal cielo” (Gv 1,32).

E’ l’inizio della nuova creazione! Gesù ripete le parole di Dio e ci comunica lo Spirito senza misura (Gv 3,34). Le sue parole sono Spirito e vita (Gv 6,63).

Quando Gesù sta per lasciare questa terra, dice che manderà un altro consolatore, un altro difensore, perché rimanga con noi (Gv 14,16-17).

Per la sua passione, morte e risurrezione, il Signore Gesù conquista il dono dello Spirito, PER NOI.

E, ATTRAVERSO IL BATTESIMO TUTTI NOI RICEVIAMO QUESTO STESSO SPIRITO DI GESÙ(Gv 1,33).

Quando appare agli apostoli, soffia su di loro e dice “…ricevete lo Spirito Santo!” (Gv 20,22).

Lo Spirito è come l’acqua che scaturisce dalle persone che credono in Gesù (Gv 7,37-39; 4,14).

Il primo effetto dell’azione dello Spirito in noi è la riconciliazione “…a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,23).

Lo Spirito ci viene dato per ricordare e capire il significato pieno delle parole di Gesù (Gv 14,26; 16,12-13).

Animati dallo Spirito di Gesù possiamo adorare Dio in qualsiasi luogo (Gv 4,23-24).

Qui si compie la libertà dello Spirito di cui parla San Paolo “…dove c’è lo Spirito del Signore, lì c’è libertà” (2Cor 3,17).

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!