11.07.2023 – MARTEDI’ SAN BENEDETTO – MATTEO 19,27-29 “…in verità IO vi dico…”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MATTEO 19,27-29

+ In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna». Parola del Signore

Mediti…AMO

L’Europa celebra oggi uno dei suoi santi patroni: Benedetto, nato a Norcia nel 480 e nato al cielo nel 5243-560 a Montecassino, è riconosciuto come il fondatore del monachesimo occidentale.

Ed è un forte richiamo alla spiritualità per l’oggi, a cui dice “Nihil Christo praeponere”, “Non anteporre nulla all’amore di Cristo”.

La folgorante ed efficace affermazione contenuta nella Regola di san Benedetto bene ci introduce alla ragione della festa di oggi.

Benedetto vive in una situazione sociale e culturale per certi versi molto simile a quella che oggi stiamo vivendo.

Il mondo romano sta crollando sotto il peso del proprio declino morale e ideale e altri popoli, dal Nord, stanno occupando le terre del Mediterraneo.

In quella che viene vissuta come fine del mondo, come catastrofe che annulla le conquiste ottenute in secoli di civiltà, Benedetto ha un’intuizione: raduna attorno a sé dei fratelli che vogliono prendere molto sul serio il vangelo, senza impegolarsi in ruoli, in poteri, in lotte con la classe politica.

Dopo un periodo di solitudine presso il sacro Speco di Subiaco, passò alla forma cenobitica prima a Subiaco, poi a Montecassino.

La sua Regola, che riassume la tradizione monastica orientale adattandola con saggezza e discrezione al mondo latino, apre una via nuova alla civiltà europea dopo il declino di quella romana.

L’ozio – scrive San Benedetto nella Regola –  è nemico dell’anima; è per questo che i fratelli devono, in determinate ore, dedicarsi al lavoro manuale, in altre invece, alla lettura dei libri contenenti la parola di Dio”.

Preghiera e lavoro non sono in contrapposizione ma stabiliscono un rapporto simbiotico.

Senza preghiera, non è possibile l’incontro con Dio.

Ma la vita monastica, definita da Benedetto “una scuola del servizio del Signore”, non può prescindere dall’impegno concreto. Il lavoro è un’estensione della preghiera.

Il Signore – ci ricorda San Benedetto – attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti”.

In questa scuola di servizio del Signore hanno un ruolo determinante la lettura meditata della parola di Dio e la lode liturgica, alternata con i ritmi del lavoro in un clima intenso di carità fraterna e di servizio reciproco.

Nel solco di San Benedetto sorsero nel continente europeo e nelle isole centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini. Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri guidati dalla sua Regola.

Paolo VI lo proclamò patrono d’Europa (24 ottobre 1964).

E, presso lo speco di Subiaco, inizia “ad elaborare” una regola, facendo tesoro delle precedenti esperienze dell’oriente e dell’occidente cristiano, e inizia, non senza difficoltà, a vivere quel tipo di vita con determinazione.

Grazie a quella intuizione e lungo i secoli decine di migliaia di uomini e donne hanno preso spunto per fondare i monasteri, veri avamposti di un mondo nuovo che mette la centro la ricerca spirituale.

Che sia in quella direzione la soluzione alla crisi dell’Europa delle monete?

Per il Papa San Gregorio Magno è “un astro luminoso” che riluce in un’epoca segnata da una grave crisi di valori.

Tanto che, per devozione, nel luogo dove secondo la tradizione si trovava la casa natale del Santo, è stata costruita LA BASILICA DI SAN BENEDETTO.

La sua vita, sin dalla gioventù, è scandita dalla preghiera e visto ciò, i genitori, che sono benestanti, lo mandano a Roma per assicurargli un’adeguata formazione.

Ma qui, racconta San Gregorio Magno, trova giovani sbandati, rovinati per le strade del vizio.

Benedetto allora lascia Roma e arriva prima in una località, chiamata Enfide, dove vive per tre anni, da eremita, in una grotta a Subiaco, destinata a divenire il cuore del monastero benedettino. Il “Sacro Speco”.

Questo periodo di solitudine precede un’altra fondamentale tappa del suo cammino: l’arrivo a Montecassino.

Qui, tra le rovine di un’antica acropoli pagana, San Benedetto e alcuni suoi discepoli costruiscono la prima abbazia di Montecassino.

A  San Benedetto, fratello di Santa Scolastica, sono stati attribuiti molti miracoli.

Ma il miracolo più duraturo del padre dell’ordine benedettino è la composizione della Regola, scritta intorno al 530 d.C.

E’ un manuale, un codice di preghiera per la vita monastica, il cui stile, sin dalle prime parole, è familiare.

Dal prologo fino all’ultimo dei 73 capitoli, Benedetto esorta i monaci a tendere “l’orecchio del cuore”, a “non disperare mai della misericordia di Dio”: 

  • Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del maestro, e tendi l’orecchio del tuo cuore; accogli di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene per ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l’accidia della disobbedienza”.

Ma veniamo al testo evangelico odierno. Il versetto precedente a quello odierno registra lo stupore dei discepoli (19,25).

In questo contesto possiamo leggere la domanda di Pietro: dal momento che Gesù non promette alcun vantaggio di carattere materiale, quale sarà la ricompensa?

  • Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?” (Mt 19,27).

La richiesta di Pietro appare fin troppo audace, egli chiede di sapere quale ricompensa riceveranno.

È una richiesta che rivela tutta la fragile umanità dell’apostolo che ha risposto con generosità alla chiamata, senza nulla chiedere, ma ora chiede di capire qual’è la promessa di Dio.

Pietro parla a nome degli altri ma in fondo rappresenta tutti noi, nelle sue parole scopriamo i desideri che anche noi portiamo nel cuore.

In ogni nostro gesto, anche quello in apparenza più disinteressato, vi è l’attesa di un ritorno, non siamo capaci di vivere nella più assoluta gratuità.

SOLO IN DIO AMORE E GRATUITÀ COINCIDONO PERFETTAMENTE.

Nella creatura umana, bisognosa di perfezione, vi è una naturale tendenza a ricercare un vantaggio. Malgrado la generosità così bella dell’abbandono di tutto, loro hanno ancora la vecchia mentalità. Hanno abbandonato tutto per ricevere qualcosa in cambio.

ESSI ANCORA NON AVEVANO CAPITO BENE IL SENSO DEL SERVIZIO E DELLA GRATUITÀ.

A ben vedere anche l’amore coniugale è fondato su una legittima reciprocità.

Gesù sa bene che la domanda di Pietro è ancora impastata di umanità, non può e non vuole dare garanzie ma annuncia che Dio darà cento volte tanto a tutti coloro che, fidandosi di Lui, hanno lasciato ogni cosa.

Invita gli apostoli ad attendere fiduciosi il dono di Dio. Ma chiede anche di non guardare più indietro e di non misurare le scelte del presente con richieste che nascono dall’istintivo bisogno di sicurezza.

  • “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”. 

Dicendo ciò, Gesù descrive il mondo nuovo, le cui basi erano state poste dal lavoro suo e da quello dei suoi discepoli.

In questa risposta Gesù mette l’accento su tre punti importanti:

  • I discepoli si siederanno sui dodici troni accanto a Gesù per giudicare le dodici tribù di Israele (Apc 4,4).

  • Riceveranno in cambio molte cose che avevano abbandonato: case, fratelli, sorelle, madre, figli, campi ed erediteranno la vita eterna.

  • Il mondo futuro sarà il rovescio del mondo attuale. Lì gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi.

E la comunità che si riunisce intorno a Gesù è seme e dimostrazione del Regno. L’amore e la fede sono radicalmente incompatibili con la matematica e con il calcolo.

La nuova umanità può sorgere solo da una fede che in ogni cosa cerca unicamente la gloria di Dio. È questa la strada che ha percorso san Benedetto. 

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!