11.03.2023 SABATO 2 SETTIMANA QUARESIMA A – LUCA 15,1-3.11-32 “Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo LUCA 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il vangelo di Luca, che oggi abbiamo ascoltato, inizia dicendo che «si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro”».

L’evangelista sembra sottolineare con soddisfazione questo strano pubblico che si accalca attorno a Gesù, che Gesù, non solo accoglie, ma addirittura mangia con loro, e a cui rivolge tre parabole:

  • La prima la conosciamo è quella della pecora smarrita,
  • la seconda è quella della moneta
  • e la terza è quella oggetto della liturgia odierna, quella chiamata ‘del figliol prodigo’.

Per i farisei, invece, è segno di scandalo, perché la comunanza della mensa con i peccatori significa coinvolgimento nelle loro impurità. La loro accusa contro Gesù, pertanto, non è di poco conto. Ma dimentichiamo che questa scena che è di scandalo per i benpensanti, per noi è “evangelo”, cioè «buona notizia».

Se Dio smettesse di amarci, smetterebbe di essere Dio. Siamo noi che vogliamo essere lontani da Lui.

Accogliamo allora oggi l’invito di Gesù che ci chiama a “entrare in noi” per scoprire cosa ci ha allontanato da Dio Padre. Guardiamo dentro il nostro cuore chiedendo la tenerezza di Gesù che conosce la nostra interiorità.

E come questo figlio (nel quale, solo l’interesse che determina il suo modo di vivere e il suo modo di pensare.) che si è allontanato del Padre, prendiamo il coraggio di riconoscere la nostra mancanza d’amore.

E con forza diciamo “…basta di tutto questo, mi alzerò, tornerò da mio padre, e parlerò al suo cuore che mi attende per accogliermi e sorreggermi tra le sue braccia“.

Oggi Gesù ci dice che noi tutti siamo quel figlio che il peccato ha allontanato dal Padre, e che deve ritrovare, ogni giorno più direttamente, il cammino della sua casa, il cammino del suo cuore.

La conversione è esattamente questo: questo viaggio, questo percorso che consiste nell’abbandonare il nostro peccato e la miseria nella quale esso ci ha gettati per andare verso il Padre. Ciò che ci sconvolge in questa parabola, è il vedere che di fatto il nostro Padre ci attende da sempre.

Siamo noi ad averlo lasciato, ma lui, lui non ci lascia mai. Egli è “commosso” non appena ci vede tornare a lui. Talvolta saremmo tentati di dubitare del suo perdono, pensando che la nostra colpa sia troppo grande.

Ma ci dimentichiamo che il padre continua sempre ad amarci, perché è infinitamente fedele. Non sono i nostri peccati ad impedirgli di darci il suo amore, ma il nostro orgoglio.

Certamente quella che ci viene offerta alla nostra attenzione forse è tra le pagine evangeliche più sconvolgenti. Si apre con la richiesta del figlio più giovane al padre di avere la sua parte di eredità, e ottenutala, se ne di casa.

La sua vita, inizialmente brillante e piena di soddisfazioni, è poi colpita dalla violenza della carestia e dall’abbandono degli amici. Tanto che resta solo ed è costretto a fare il guardiano di maiali, per sopravvivere.

Ma persino i maiali stanno meglio di lui, tanto che «…avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava» annota tristemente il vangelo. La vita di questo figlio è spezzata, come lo sono i suoi sentimenti e ricorda con amarezza i giorni in cui viveva sereno in casa di suo padre.

Fortunatamente è proprio questo pensiero amaro a farlo rientrare in sé stesso: «Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò “…Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; trattami come uno dei tuoi garzoni”».

Il figlio ha rinunciato al padre, ma il padre non ha rinunciato a suo figlio. Quindi lo attende. Certamente ha rispettato la sua libertà, ma non lo ha dimenticato.

Ebbe compassione”, ‘avere compassione’ è un termine tecnico che indica un’azione divina con la quale si restituisce vita a chi vita non ce l’ha, ed è la terza volta che compare nel vangelo di Luca.

Ebbene questo figlio lascia la sua triste condizione e si incammina verso casa, dove trova il padre in attesa, che guarda lontano, verso l’orizzonte, nella speranza di vedere il figlio tornare.

L’evangelista annota che, quando il figlio «…è ancora lontano», il padre lo vede e «commosso gli corre incontro, gli si getta al collo e lo bacia».

È il padre che corre incontro al figlio. Non è il classico padre terreno che attende, offeso, impassibile, che il figlio gli chieda perdono, ma gli corre incontro.

Per il padre, il desiderio di restituire l’onore al figlio, è più importante del proprio onore.

Attenzione. Notiamo che il padre non fa purificare il figlio, che sappiamo essere stato guardiano dei porci, e quindi era impuro.

Ma questo padre, addirittura, contrae l’impurità del figlio abbracciandolo, perché per questo padre, il desiderio di purificare il figlio è più forte della propria purezza.

Questo padre diventa impuro per donare la purità al figlio (il vangelo nota teneramente che “…lo baciò”.

Perché si usa questa espressione ‘getta le braccia al collo e lo baciò’?

In ossequio al primo grande perdono presente nella Bibbia, nel Libro del Genesi, al capitolo 33, dove Esaù riesce a perdonare il fratello Giacobbe che, con un inganno, ha rubato la sua eredità.

Ma torniamo a questo padre, che non sa ancora perché il figlio sia tornato, né sa cosa gli dirà, ma gli non importa nulla. Gli interessa solo che è tornato.

È bello questo gesto del bacio, che ci racconta la concessione del perdono. È clamoroso che il padre perdona il figlio, prima ancora che il figlio gli chieda perdono. L’evangelista ci vuole dire che l’incontro di Dio con il peccatore non è quello sempre avvilente, umiliante, dell’elenco delle proprie colpe, ma quello sempre esaltante, della grandezza e della ricchezza dell’amore di Dio.

Questo messaggio, però, non sarà accolto dagli scribi e dai farisei e, nella seconda parte della parabola, l’evangelista mostrerà l’atteggiamento del figlio maggiore, che ha sempre servito e obbedito al padre – quindi immagine dei farisei che obbediscono a Dio e, proprio perché gli obbediscono, non ne percepiscono mai la grandezza dell’amore.

Ha detto il Santo Vescovo Agostino di Ippona, nelle sue Confessioni, al n.6.16.26:

  • “Correte, io vi reggerò (Is. 46.4); io vi condurrò al traguardo, e là ancora io vi reggerò”.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!