10.11.2023 – VENERDI’ SAN LEONE MAGNO – LUCA 16,1-8 “I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 16,1-8
+ In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».Parola del Signore
Mediti…AMO
San Leone Magno, divenuto papa nel V secolo, affermò con fede luminosa la divinità di Cristo e la sua umanità: CRISTO, FIGLIO DEL DIO VIVENTE E FIGLIO DI MARIA, UOMO COME NOI.
Non ha accettato, per esprimerci così, che si abbreviasse il mistero, né in una direzione né nell’altra, e il Concilio di Calcedonia ha cercato una formula che preserva tutta la rivelazione.
Dio si è rivelato a noi nel Figlio, e il Figlio è un uomo che è vissuto in mezzo a noi, ha sofferto, è morto, è risorto.
- “Dio dice la lettera agli Ebrei aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti”.
E parlando per mezzo dei profeti Dio aveva fatto desiderare la sua presenza: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” esclamava Isaia.
E Dio è disceso, si è reso presente nel Figlio: “A noi Dio ha parlato per mezzo del Figlio”.
Era Arcidiacono (430), consigliere di Celestino I e di Sisto III, inviato da Valentino a pacificare le Gallie, venne eletto papa nel 440 circa.
Fu un papa energico, avversò le sopravvivenze del paganesimo; combatté manichei e priscillanisti.
Intervenne d’autorità nella polemica cristologica che infiammava l’Oriente, convocando il concilio ecumenico di Calcedonia, nel quale si proclamava l’esistenza in Cristo di due nature, nell’unica persona del Verbo.
Nel 452 fu designato dal debole imperatore Valentiniano III a guidare l’ambasceria romana inviata ad Attila.
I PARTICOLARI DELLA MISSIONE FURONO OSCURI: È SOLO CHE IL RE DEGLI UNNI, DOPO L’INCONTRO CON LA DELEGAZIONE ABBANDONÒ L’ITALIA.
Quando Genserico nel 455 entrò in Roma, Leone ottenne dai Vandali il rispetto della vita degli abitanti, ma non poté impedire l’atroce saccheggio dell’Urbe.
Dotato di un alto concetto del pontificato romano, fece rispettare ovunque la primazia del vescovo di Roma. Compose anche preghiere contenute nel “Sacramentario Veronese”.
Benedetto XIV, nel 1754 lo proclamò dottore della Chiesa, E’ il primo papa che ebbe il titolo di Magno (Grande).
Ma veniamo al testo biblico odierno.
Con una lettura superficiale, Gesù sembra incoraggiare la ricerca avida di guadagno egoistico e la pratica non etica degli affari, ma non è così.
Perchè questa parabola ci fa capire che, anche da una persona disonesta, un amministratore, possiamo trarre un buon esempio.
Quest’uomo, discutibile, era un amministratore, come lo era il Giuseppe biblico, per Potifar.
È scritto in Genesi 39,6 “…Potifar lasciò tutto quello che aveva nelle mani di Giuseppe; non s’occupava più di nulla, tranne del cibo che mangiava”.
L’amministratore di questa parabola, allora, aveva il tipo di autorità di Giuseppe, ma con una differenza: GIUSEPPE ERA INTEGRO, QUESTO UOMO NO!
Era disonesto ed ha ingannato il suo padrone.
Di solito, nel mondo antico, un amministratore ERA UNO SCHIAVO CRESCIUTO IN CASA, che il padrone aveva incaricato per gestire l’azienda, che era stato preparato per questo ruolo (Genesi 15: 3, 14:14).
Ma in questa parabola l’amministratore, sembra che fosse un uomo libero, e quindi un libero professionista, di alto livello sociale e con grandi responsabilità, dal momento che poteva stipulare accordi che erano vincolanti per il proprietario.
Questo è confermato anche dal fatto che una volta licenziato poteva essere libero di fare altro (v. 3), mentre se fosse stato uno schiavo sarebbe stato vincolato ancora al suo padrone che gli avrebbe affidato un altro compito.
Comunque sia, questo amministratore incapace, denunciato, non cerca scusanti e, costretto a pensare al futuro della sua vita, si dà subito da fare per non restare travolto.
Per questo, si converte un poco anche all’amore del prossimo, ma perché gli conviene, non per altruismo.
E lo mette in atto con mezzi assai discutibili, condonando debiti ingenti, e pure imbrogliando il suo padrone.
Il padrone passa sopra alla disonestà del suo dipendente e ne loda invece la scaltrezza.
Ed è appunto la scaltrezza o avvedutezza l’insegnamento che Gesù ricava dalla parabola per i discepoli, avvertendo però subito che quella domandata ai figli della luce dovrebbe essere maggiore e soprattutto diversa da quella dei figli di questo mondo, nei rapporti con i loro simili.
Nel momento della crisi, questo amministratore anzitutto dimostra di saper discernere realisticamente la situazione critica in cui si viene a trovare e nel saper agire di conseguenza.
E, incredibilmente, il padrone loda la scaltrezza dell’amministratore, lasciando intendere che se l’avesse usata più onestamente quand’era responsabile dei suoi beni sarebbe stato meglio per tutti.
Questa è la chiave di lettura della parabola: nelle cose della terra, nelle cose pratiche, nella gestione dei nostri denari mettiamo, giustamente, molta energia e scaltrezza.
Ci facciamo consigliare, cerchiamo i migliori investimenti, cerchiamo di fare il possibile per superare la crisi.
Ecco, ci invita il Signore, mettiamo almeno altrettanta scaltrezza nel coltivare la nostra anima.
La domanda di Gesù, però, riguarda i figli della luce: come mai non sanno discernere l’ora, la vicinanza del Regno e mettere in atto prontamente i gesti di conversione che sono essenziali per la salvezza?
L’amministratore viene lodato per la scaltrezza e l’astuzia.
E a questa scaltrezza non applaude soltanto il padrone, ma anche il Signore stesso, quando dice: I figli di questo mondo sono più avveduti dei figli della luce.
E i figli di questo mondo sono avveduti nel male più di quanto i figli della luce lo siano nel bene.
Ascoltino dunque i figli della luce e arrossiscano di lasciarsi vincere dai figli di questo mondo.
Queste cose sono state scritte perché, ascoltandole, diventino più avveduti.
Questa parabola rappresenta, in grande linea, il rapporto fra Dio e gli uomini. Dio è il padrone, noi siamo i fattori. Come nella parabola il fattore è responsabile di come usa quello che gli è stato affidato, così anche noi siamo responsabili di come usiamo tutto quello che Dio ci ha affidato.
- “9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. 11 Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera?”
Applicando questa parabola, Gesù dichiara che noi credenti dovremmo usare quello che Dio ci ha dato delle benedizioni terrene, per investirle nell’eternità. Per essere avveduti, anziché stolti, dovremmo utilizzare quello che Dio ci ha dato in questa vita, per prepararci per l’avvenire, la vita eterna. Andiamo più a fondo nell’applicare questa parabola.
Il nostro tempo è un dono di Dio. La forza che abbiamo, le nostre capacità intellettuali, i nostri mezzi economici, e tutto il resto che abbiamo, tutto viene da Dio, e tutto appartiene a Dio, e perciò, ognuno di noi sarà giudicato in base a come avrà usato tutto questo.
In Apocalisse, leggiamo del giudizio finale, in cui tutti saranno giudicati in base a come hanno vissuto in questa terra.
- “9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.”
L’amicizia di cui parla Gesù non è una semplice amicizia terrena, ma piuttosto, indica il fatto di usare i mezzi che Dio ci ha affidato per portare altre persone nel regno di Dio.
Poi, quando le ricchezze verranno a mancare, ovvero, quando arriveremo alla fine di questa vita e lasceremo questo mondo, questi amici, cioè le persone che abbiamo aiutato a trovare la salvezza, CI RICEVERANNO NELLE DIMORE ETERNE.
In parole semplici, dobbiamo usare i mezzi che abbiamo per portare il più grande numero di persone possibile alla salvezza.
Questa è una verità incredibile.
Possiamo impegnare i mezzi che Dio ci ha dato in questa vita: il nostro tempo, i nostri soldi, le nostre capacità, per portare del frutto spirituale che durerà nell’eternità.
POSSIAMO USARE I NOSTRI MEZZI PER AIUTARE ALTRI A CONOSCERE CRISTO E A CRESCERE NELLA FEDE.
Facendo così, avremo una gioia più grande quando arriveremo nell’eternità.
- “Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere.” (Ap 20,12)
Anche in Ecclesiaste troviamo un annuncio del giudizio.
- “14 Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene o male.” (Ecclesiaste 12,14)
Quindi, tutti NOI siamo i fattori, e TUTTI dovremmo rispondere a Dio per come abbiamo usato quello che Egli ci ha dato in questa vita.
Impegniamoci per il nostro avvenire.
Chiaramente, per vivere così, dobbiamo ricordare che quello che abbiamo è un dono di Dio.
Tutto quello che abbiamo appartiene a Dio.
Teniamo questo sempre in mente, e così, potremo ringraziare Dio come dovremmo, e sapremo anche investire meglio tutto ciò che il Signore ci ha affidato.
UTILIZZIAMOLO PER PORTARE GLORIA A DIO.
Dedichiamoci ad investire tutto quello che Dio ci ha dato per la Sua gloria.
Viviamo in modo da poter sentire un giorno il nostro Signore dire: “entra nella gioia del tuo Signore!”
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!