«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 18,15-20
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Parola del Signore
Mediti…AMO
In questa pagina del Vangelo di Matteo vengono riferiti alcuni “loghìa”, ossia alcune parole o sentenze, così come furono autenticamente pronunciate da Gesù.
Esse sono poste all’interno del discorso elaborato da Matteo sul modo di comportarsi dei cristiani in seno alla comunità.
Per comprenderlo, questo discorso deve essere collegato alla frase conclusiva della sezione precedente, in cui si afferma “…Dio non vuole che neppure uno di questi piccoli si perda”.
È un monito a chi dirige la comunità, di non escludere nessuno, senza prima aver tentato ogni mezzo per correggerlo dal suo errore o dal suo peccato.
Niente, infatti, è più delicato della correzione fraterna.
La regola data da Cristo per la vita e la conduzione della comunità è quella di tenere presente la gradualità del procedere.
Ognuno deve lasciarsi guidare dalla preoccupazione di salvaguardare, con ogni cura, la dignità della persona del fratello.
Il primato è dato, perciò, alla comunione, che deve essere salvata ad ogni costo, perché la comunione è tale solo se mette in opera ogni tentativo atto a convertire il peccatore.
SE IL FRATELLO PERSISTE NELL’ERRORE, NON SARÀ IL GIUDIZIO DELLA COMUNITÀ IN QUANTO TALE A CONDANNARLO, BENSÌ IL FATTO CHE LUI STESSO SI AUTOESCLUDE DALL’ASSEMBLEA DEI CREDENTI.
La Chiesa ha sempre messo LA COMUNIONE TRA I FRATELLI, al centro della vita dei fedeli.
È un gesto sicuramente difficile, quello della correzione fraterna, che deve essere, assolutamente, iscritto nell’ambito della carità “…fuggite il male con orrore, scrive Paolo ai fedeli della comunità di Roma, attaccatevi al bene...”(Rm.12,9).
Ed è, appunto per conseguire, questo “bene” che, all’interno di una comunità, nel nostro caso, una comunità di credenti, i fratelli, in cammino verso una medesima meta, si aiutano, illuminandosi ed esortandosi a vicenda, nel caso qualcuno venga meno, si fermi o devii.
“Ogni uomo è mio fratello“, è il titolo del messaggio che il grande Papa, Paolo VI°, ha inviato per la giornata della pace del 1° gennaio 1971. e, nel testo, tra l’altro, cita la dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo:
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«Tutti gli uomini nascono liberi ed eguali nella dignità e nei diritti; essi sono dotati di ragione e di coscienza, e devono comportarsi gli uni verso gli altri come fratelli».
Purtroppo si dice solennemente una cosa, ed altrettanto solennemente se ne fa un’altra.
E, alle “dichiarazioni di principio universali”, fanno seguito comportamenti e correnti di pensiero che, rinnegano quando enunciato e pongono limitazioni e distinguo che fanno breccia nel cuore dell’uomo, rendendolo sempre più arido.
MOLTO SPESSO, IL NOSTRO SGUARDO È QUELLO DI CHI GIUDICA, E CHE, ISTINTIVAMENTE, CONDANNA, E, TALVOLTA, SEVERAMENTE.
Ma c’è solo uno sguardo, capace di salvare, e, questo, È LO SGUARDO DI DIO, CHE LIBERA E SALVA; ECCO PERCHÉ, LA CORREZIONE FRATERNA, HA SENSO ED EFFICACIA, SOLO, SE NASCE DA UN CUORE MISERICORDIOSO, CHE, PRIMA DI MISURARSI SUL FRATELLO, SI MISURA CON L’AMORE SCONFINATO DI DIO, il quale “…non gode della morte del peccatore, ma piuttosto, che desista dalla sua condotta e viva” (Ez.18,23).
Ecco allora, Fratelli e Sorelle, che la correzione fraterna ha uno scopo preciso: illuminare i fratelli che, con noi, danno vita ad una medesima comunità, sia essa la famiglia, una cerchia di amici, un gruppo ecclesiale, o qualsiasi altro tipo di comunità, al fine di esortarli e aiutarli in tutti modi, per percorrere assieme la via che Cristo ci ha indicato, abbandonando quelle vie tortuose, che ci mettono in contrasto con la legge di Dio e con gli insegnamenti di Cristo.
Non si tratta evidentemente di giudicare chi ci sta a fianco, sappiamo, infatti, che il comandamento di Gesù dice “…non giudicate, e non sarete giudicati. Perché, con il giudizio con cui giudicate, sarete giudicati anche voi...” (Mt. 2,1).
Si tratta invece di esortare, con amore fraterno, nello stile di Paolo di Tarso, il quale auspicava che vivessimo da fratelli, senz’altro debito se non quello dell’amore, gareggiando a vicenda nell’adempiere LA LEGGE DI DIO.
La correzione fraterna è, dunque un autentico gesto d’amore, perché Dio ha affidato l’uomo alle cure dell’uomo, che ne è il fratello.
Ecco perché Dio continua a ripetere anche a noi, quell’antica domanda “...che ne è di tuo fratello?“.
E a noi, non è assolutamente consentito di rispondere “…non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gn.4,9).
Su questa scia, il profeta Ezechiele accende per noi una luce, quando riferisce la parola del Signore che dice:
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«Figlio dell’uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia. Se io dico all’empio: “empio, tu morirai!”, e tu non parli per distoglier l’empio dalla sua condotta, egli, l’empio, morirà per la sua iniquità; ma, della sua morte, chiederò conto a te. Ma, se tu avrai ammonito l’empio della sua condotta, perché si converta, ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità, tu, invece, sarai salvo».
La correzione fraterna è, quindi, una parola amica, una parola forte, ma che sgorga dal cuore.
È una parola intelligente e ricca di umanità, CHE SI FA ECO DELLA PAROLA DI DIO, PER INDICARE AL FRATELLO, ALL’AMICO, LA VIA SICURA DELLA SALVEZZA, PROTEGGENDOLO DALLE CHINE PERICOLOSE, CHE CONDUCONO LONTANO DA DIO.
E va fatto con attenzione, serenità e al momento giusto.
“Se il tuo fratello ha commesso il male contro di te, va’ a parlargli da solo a solo e mostragli il suo peccato”.
Fratelli e Sorelle, nei conflitti, nella sofferenza per il male ricevuto, la prima urgenza è questa: l’offeso deve andare a parlare personalmente con colui che lo ha offeso.
E questo non è facile né spontaneo, e occorre evitare di recarsi dall’altro sotto l’impulso della collera accumulata dentro di sé.
È invece necessario il discernimento dell’ora giusta e propizia, quando del proprio cuore si ha un certo dominio, quando si è disposti ad ascoltare e quando si discerne che l’offensore può comprendere.
Già la scelta del momento opportuno richiede la grande virtù della pazienza evangelica (Lc 8,15 e, soprattutto, Lc 21,19 “…con la vostra pazienza guadagnerete le vostre vite”).
Cioè lo “stare sotto”, accettando quella posizione propria di chi porta il peso dell’altro (Gal 6,2) e si sottomette al male subìto.
Con questa disposizione d’animo si deve andare a parlare all’altro, da solo a solo, con mitezza, senza spirito di vendetta e di umiliazione, nella discrezione, per correggerlo e convincerlo che con il suo comportamento ha contraddetto la volontà del Signore della comunità.
Ma non è detto che questo tentativo vada a buon fine, perciò Matteo continua “…se non ti ascolta, fa’ un altro tentativo, prendendo con te due o tre testimoni (Dt 19,15). E se anche questa opzione fallisse, allora rivolgiti alla comunità, alla chiesa tutta”.
La procedura indicata dall’evangelista È UN’INDICAZIONE, NON UNA LEGGE.
Per questo occorre sempre saper creare nuove vie di riconciliazione, adattandole alle diverse situazioni e persone.
L’esperienza insegna che tante volte ci si deve arrestare al primo tentativo, fermandosi alla correzione da solo a solo, perché dire tutto ad altri o all’intera comunità aggrava la situazione, crea esclusione e ritarda la conversione.
Anche le parole di Gesù sulla correzione fraterna vanno dunque lette con intelligenza creativa, perché non sono un freddo codice, ma lasciano a ogni cristiano la responsabilità di come realizzarle.
Si capisce, per esempio, che una comunità può essere addirittura minacciata da azioni e comportamenti di qualcuno.
Ma anche di fronte a questo rischio, spesso occorre lasciare che le cose avvengano da sé: non mandare via nessuno, ma accettare che qualcuno se ne vada, nella sua libertà e nel suo peccato…
Poi c’è un altro aspetto.
Per Gesù, invece, la fraternità tra gli uomini è talmente forte che comprende anche coloro che ci sono nemici (Mt 5,44).
“L’altro”, “ogni altro”, fa parte di me, e io sono chiamato ad essere custode del mio fratello (ci ricorda il Libro della Genesi al capitolo 4,9).
ED È PROPRIO LA PAROLA “FRATELLO” CHE CONCEDE TUTTE LE AUTORIZZAZIONI PER ROMPERE OGNI ISOLAMENTO, PER SANARE OGNI FRATERNITÀ FERITA.
La preoccupazione di Gesù, in questo testo, non è tanto suggerire una tecnica per dirimere le questioni, quanto aiutare a comprendere il senso della comunione come fondamento del vivere fraterno.
E, vivere da soli può essere relativamente facile, perché la vita in comunità richiede sicuramente una capacità organizzativa del tempo e dello spazio, e soprattutto, UNA CAPACITÀ INTERRELAZIONALE TRA LE PERSONE, NON DISGIUNTA DA UN GRANDIOSO, NECESSARIO, SPIRITO DI COMUNIONE.
E, questa interrelazione comunionale, è un’azione progressiva, che deve portare al coinvolgimento DI TUTTA LA COMUNITÀ.
La comunione inizia sempre da un io e un tu che progressivamente si allarga fino a farsi carico l’uno dell’altro nella comunità e poi di tutta la comunità.
Non c’è mai un fatto o un avvenimento totalmente privato, tutto interagisce anche inavvertitamente e tutti ne siamo coinvolti.
“Nessun uomo è un’isola” scriveva un monaco trappista cristiano, THOMAS MERTON (1915-1968) “…quello che faccio viene dunque fatto per gli altri, con loro e da loro: quello che essi fanno è fatto in me, da me e per me. Ma ad ognuno di noi rimane la responsabilità della parte che egli ha nella vita dell’intero corpo“.
L’uomo oggi tende a farsi un po’ gli affari propri. Ed allora ci vuole un comando, un ordine.
Nel vangelo c’è un’espressione molto bella “…PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA” (Mc 4, 35), che non vuol dire solo passare all’altra riva del lago, o che siamo giunti alla sera della nostra vita, come spesso viene commentato.
Ma vuol dire, anche, METTERSI IN VIAGGIO VERSO L’ALTRO: IL VIAGGIO PIÙ DIFFICILE, PIÙ FATICOSO.
Mai dobbiamo dimenticare che, SE NELL’AMORE TUTTO È COLLEGATO, VUOL DIRE CHE IO NON POSSO RESTARE INDIFFERENTE DI FRONTE A CIÒ CHE FA IL MIO FRATELLO.
E possiamo farlo solo se abbiamo in noi quella forza interiore che ci viene dalla parola forte di Gesù “…Vai, te lo dico io”.
Alla luce di quanto sin qui esposto, Fratelli e Sorelle, chi è dunque il cristiano feriale?
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colui che ammonisce e cerca riconciliazione,
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o colui che chiude i rapporti con il fratello?
Ed ora vi propongo il Magistero di Papa Benedetto XVI: siamo nell’Angelus, del 4 settembre 2011:
“L’amore fraterno comporta anche un senso di responsabilità reciproca, per cui, se il mio fratello commette una colpa contro di me, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente, facendogli presente che ciò che ha detto o fatto non è buono. Questo modo di agire si chiama correzione fraterna: essa non è una reazione all’offesa subita, ma è mossa dall’amore per il fratello. Commenta Sant’Agostino: “Colui che ti ha offeso, offendendoti, ha inferto a se stesso una grave ferita, e tu non ti curi della ferita di un tuo fratello? … Tu devi dimenticare l’offesa che hai ricevuto, non la ferita di un tuo fratello” (Discorsi 82, 7). E se il fratello non mi ascolta? Gesù nel Vangelo odierno indica una gradualità: prima tornare a parlargli con altre due o tre persone, per aiutarlo meglio a rendersi conto di quello che ha fatto; se, malgrado questo, egli respinge ancora l’osservazione, bisogna dirlo alla comunità; e se non ascolta neppure la comunità, occorre fargli percepire il distacco che lui stesso ha provocato, separandosi dalla comunione della Chiesa. Tutto questo indica che c’è una corresponsabilità nel cammino della vita cristiana: ciascuno, consapevole dei propri limiti e difetti, è chiamato ad accogliere la correzione fraterna e ad aiutare gli altri con questo particolare servizio. Un altro frutto della carità nella comunità è la preghiera concorde. Dice Gesù: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,19-20). La preghiera personale è certamente importante, anzi, indispensabile, ma il Signore assicura la sua presenza alla comunità che – pur se molto piccola – è unita e unanime, perché essa riflette la realtà stessa di Dio Uno e Trino, perfetta comunione d’amore”.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!