10.04.2022 – DOMENICA DELLE PALME C – LUCA Lc 23,1-49

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo (Lc 23,1-49) forma breve

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca

– Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna

In quel tempo, tutta l’assemblea si alzò; condussero Gesù da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.

– Erode con i suoi soldati insulta Gesù

Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

– Pilato abbandona Gesù alla loro volontà

Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

– Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me

Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».

Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.

– Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

– Costui è il re dei Giudei

Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

– Oggi con me sarai nel paradiso

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

– Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito

Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Con questa domenica, chiamata “Domenica delle Palme e della Passione del Signore”, inizia la SETTIMANA SANTA, che ha il suo culmine nel triduo pasquale della morte e risurrezione del Signore.

Questa settimana racchiude in sé i due aspetti dell’unico mistero: quello della umiliazione e quello della glorificazione.

Il cristianesimo è nato da questi giorni “santi”, non dalla meditazione sulla vita e le opere di Gesù, MA DALLA RIFLESSIONE SULLA SUA MORTE.

Il Calvario e la croce sono il punto in cui si concentra e da cui emana tutto ciò che riguarda la fede dei cristiani.

Per questo improvvisamente, dalle Palme a Pasqua, il tempo profondo, quello del respiro dell’anima, cambia ritmo: la liturgia rallenta, prende un altro passo, moltiplica i momenti nei quali accompagnare con calma, quasi ora per ora, gli ultimi giorni di vita di Gesù.

Dall’entrata in Gerusalemme, alla corsa di Maddalena al mattino di Pasqua, quando anche la pietra del sepolcro si veste di angeli e di luce, SONO I GIORNI SUPREMI DELLA STORIA, I GIORNI DELLA STORIA DELLA NOSTRA SALVEZZA.

E mentre i credenti di ogni fede si rivolgono a Dio, e lo chiamano vicino nei giorni della loro sofferenza, noi, i cristiani, andiamo da Dio, stiamo vicino a lui, nei giorni della sua sofferenza.

«L’essenza del cristianesimo è la contemplazione del volto del Dio crocifisso» (Carlo Maria Martini).

Stando accanto a lui, come in quel venerdì, sul Calvario, così oggi nelle infinite croci dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli, nella sua carne dolente e santa. Come con Gesù, Dio non ci salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non ci protegge dalla morte, ma nella morte. Non libera dalla croce ma nella croce” (Bonhoeffer).

La liturgia prevede due momenti significativi:

  • la processione degli ulivi (ricordo dell’entrata festosa di Gesù a Gerusalemme). Piccola gloria prima del disastro finale, fragile riconoscimento prima del delirio.
  • e la lettura dell’intero racconto della passione secondo Luca, che rappresenta il vertice della liturgia stessa.

Gesù conosce già ciò che sta per accadere. Troppo instabile il giudizio dell’uomo, troppo vaga la sua fede, troppo altalenante la sua volontà.

Non entra a Gerusalemme a cavallo di un maestoso cavallo bianco, non ha soldati al suo fianco che lo proteggono, nessuna autorità lo riceve.

Ma entra in città cavalcando un povero asinello, ricordando a noi, malati di protagonismo, che il potere è tale solo se non si prende troppo sul serio, che la gloria degli uomini è effimera, non solo inutile e breve.

Una folla festante acclamava «…Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore».

L’ingresso di Gesù a Gerusalemme suscita l’entusiasmo dei discepoli, ma allo stesso tempo anche il disappunto dei farisei.

Ma gioiosi e festanti sono uomini e donne che lo hanno seguito perché hanno sperimentato la sua compassione davanti al loro dolore e alla loro miseria.

Come avrebbero potuto non acclamare colui che aveva restituito loro dignità e speranza?

Che aveva restituito la gioia di tanti peccatori perdonati che avevano così riacquistato fiducia e speranza.

Questa gioia osannante, però, risulta scomoda e diventa assurda e scandalosa per coloro che, appartenenti alla GERARCHIA DEL TEMPI, si considerano giusti e fedeli alla Toràh e ai precetti rituali «…Alcuni farisei tra la folla gli dissero “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli“».

Com’è difficile poter condividere la gioia del perdono, e la Festa della Misericordia divina, per coloro che si sentono superiori agli altri e non hanno bisogno di Dio.

Davanti allo scandalo della sofferenza, soprattutto dell’ingiustizia, la tentazione è quella di voltarsi da un’altra parte, di tentare di scansarla.

Il Servo del Signore, invece, non si sottrae.

Come aveva cantato il profeta Isaia, Gesù è il Servo del Signore, che non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare deluso.

Isaia, infatti, nel Terzo canto del Servo del Signore scrive: «Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste».

Il Servo obbediente e sofferente, ossia il Cristo, ha la certezza che Dio non lo abbandonerà ed è per questo che «umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce».

Dio Padre, scrive san Paolo, per questa sua fedele obbedienza, lo ha glorificato e lo ha costituito Signore «Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è il Signore!”, a gloria di Dio Padre».

Infatti Luca, nel suo racconto della Passione, ci presenta il Signore Gesù, che va incontro alla sua passione e morte con fiducia nel Padre, che è modello di misericordia e perdono.

Egli prega per i suoi carnefici, ovvero per i capi dei sacerdoti che avevano organizzato la sua condanna «…Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Al ladrone che si rivolge a Lui, promette «…Oggi con me sarai nel paradiso».

Ed infine muore abbandonandosi alla volontà di Dio «…Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito».

Questo brano evangelico ci insegna che il discepolo è colui che segue il Maestro e rimane con Lui nella tentazione e nella prova, portando anch’egli la propria croce ogni giorno.

Invece, ad ogni discepolo che non è fedele, come Pietro, rimane sempre la via del pentimento e la speranza del perdono.

Impariamo a far nostre le parole del centurione il quale fa un’autentica professione di fede «…Veramente quest’uomo era giusto».

In merito a queste riflessioni, nella bolla di indizione dell’Anno Santo Misericordiae Vultus al n. 7, papa Francesco ci ricorda la preghiera che Gesù fece, prima della passione, con il salmo 136, il grande Hallel:

Prima della Passione Gesù ha pregato con questo Salmo della misericordia. Lo attesta l’evangelista Matteo quando dice che «dopo aver cantato l’inno» (26,30), Gesù con i discepoli uscirono verso il monte degli ulivi. Mentre Egli istituiva l’Eucaristia, quale memoriale perenne di Lui e della sua Pasqua, poneva simbolicamente questo atto supremo della Rivelazione alla luce della misericordia. Nello stesso orizzonte della misericordia, Gesù viveva la sua passione e morte, cosciente del grande mistero di amore che si sarebbe compiuto sulla croce“.

Mentre l’apice della misericordia di Gesù la troviamo sulla croce “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (v.23,34).

Nel perdono che include tutti c’è il volto autentico di chi è veramente il Salvatore, di colui che non si salva da solo, ma rimane inchiodato per la salvezza di tutti.

Sotto la croce c’è una figura che spicca ed è quella di Maria.

Sempre papa Francesco, nella sua bolla di indizione dell’Anno Santo, al n. 24 dice: “Presso la croce, Maria insieme a Giovanni, il discepolo dell’amore, è testimone delle parole di perdono che escono dalle labbra di Gesù. Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove può arrivare la misericordia di Dio. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno“.

Meditiamo allora in settimana il racconto della passione secondo Luca perché ci aiuti a “vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e

vuole condividere con noi la sua vita”. (MV 25).

Un cardinale, JOACHIM MEEISNER (1933-2017), ha detto:

  • Scopo della confessione non è che noi, dimenticando i peccati, non pensiamo più a Dio. La confessione ci consente piuttosto l’accesso a una vita dove non si può pensare a nient’altro che a Dio. Dio ci dice nell’intimo: “La sola ragione per cui hai peccato è perché non puoi credere che io ti amo abbastanza, che mi stai veramente a cuore, che in me trovi la tenerezza di cui hai bisogno, che mi rallegro del più piccolo gesto che testimoni la tua accoglienza, per perdonarti tutto quello che mi porti nella confessione”. Conoscendo un perdono così, un amore così, saremo come inondati di gioia e di gratitudine, tanto da perdere piano piano l’attrazione per il peccato; e la confessione diventerà un appuntamento fisso di gioia nella nostra vita. Andare a confessarsi significa cominciare ad amare Dio un po’ più col cuore, sentirsi ridire e sperimentare efficacemente – perché la confessione non è incoraggiamento solo dall’esterno – che Dio ci ama; confessarsi significa ricominciare a crederci, e allo stesso tempo a scoprire che fino ad ora non ci abbiamo mai creduto abbastanza profondamente e che, per questo, si deve chiedere perdono. Davanti a Gesù ci si sente peccatori, ci si scopre come peccatori che non corrispondono alle Sue attese. Confessarsi significa lasciarsi elevare dal Signore al suo livello divino.”

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!