10.02.2023 VENERDI’ SANTA SCOLASTICA – MARCO 7,31-37 “Fa udire i sordi e fa parlare i muti”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo MARCO 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Santa Scolastica era la sorella di San Benedetto da Norcia. La sua vita richiama, al femminile, gli inizi del monachesimo occidentale, fondato sulla stabilità della vita in comune.

Giovanissima, si consacrò al Signore col voto di castità. E Benedetto la invita a servire Dio non già “fuggendo dal mondo” verso la solitudine o la penitenza itinerante, ma vivendo in comunità durature e organizzate, e dividendo rigorosamente il proprio tempo fra preghiera, lavoro o studio e riposo.

Da giovanissima, Scolastica si consacrò al Signore col voto di castità. Più tardi, quando già Benedetto viveva a Montecassino con i suoi monaci, in un altro monastero della zona lei fece vita comune con un gruppetto di donne consacrate.

La Chiesa ricorda Scolastica come santa, ma di lei si sa ben poco. L’unico testo quasi contemporaneo che ne parla è il secondo libro dei Dialoghi di papa Gregorio Magno (590-604).

Ma i Dialoghi sono soprattutto composizioni esortative, edificanti, che propongono esempi di santità all’imitazione dei fedeli mirando ad appassionare e a commuovere, senza ricercare il dato esatto e la sicura referenza storica.

Inoltre, Gregorio parla di lei solo in riferimento a Benedetto, solo all’ombra del grande fratello, padre del monachesimo occidentale.

Con il fratello BENEDETTO ebbe solo UN INCONTRO ALL’ANNO, che Gregorio Magno ci mostra nella Quaresima del 542, fuori dai rispettivi monasteri, in una casetta sotto Montecassino.

Persi in colloquio che non finirebbe più, su tante cose del cielo e della terra.

L’Italia del tempo è una preda contesa tra i bizantini del generale Belisario e i goti del re Totila, devastata dagli uni e dagli altri.

Roma s’è arresa ai goti per fame dopo due anni di assedio, e, nell’Italia centrale, gli affamati, masticano erbe e radici. E, a Montecassino passano vincitori e vinti; passa Totila attratto dalla fama di Benedetto, e passano le vittime della violenza, i portatori di tutte le disperazioni, gli assetati di speranza. Viene l’ora di separarsi. Scolastica vorrebbe prolungare il colloquio, ma Benedetto rifiuta: la Regola non s’infrange, ciascuno torni a casa sua.

Allora Scolastica si raccoglie intensamente in preghiera, ed ecco scoppiare un temporale violentissimo che blocca tutti nella casetta. E così il colloquio può continuare per un po’ ancora. Questo sarà il loro ultimo incontro. Tre giorni dopo, leggiamo nei Dialoghi, Benedetto apprende la morte della sorella vedendo la sua anima salire verso l’alto in forma di colomba.

I monaci scendono allora a prendere il suo corpo, dandogli sepoltura nella tomba che Benedetto ha fatto preparare per sé a Montecassino; e dove sarà deposto anche lui, morto in piedi, sorretto dai suoi monaci, intorno al 547.

Ma veniamo al testo dell’Evangelo di oggi.

Riprende il discorso dal contesto del vangelo di ieri. Gesù lascia la regione di Tiro e, passando attraverso il territorio di Sidone, va oltre il lago di Tiberiade, nel territorio della Decapoli:

  • “Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli”.

Basta guardare una qualunque carta geografica della Palestina, per vedere che è un itinerario assurdo, inverosimile, perché Gesù parte da Tiro, già in terra pagana, e va su al nord, a Sidòne, per poi riscendere, per andare al mare di Galilea.

Ma fa un lunghissimo giro, al di là della Perea, andando nella Decàpoli, cioè in altro territorio pagano.

Perché questo?

L’EVANGELISTA non VUOLE INDICARE UN ITINERARIO topografico, ma TEOLOGICO.

Un itinerario teologico attraverso cui l’azione di Gesù, che porta la buona notizia, abbraccia tutto il mondo pagano, in cui Gesù guarisce un sordomuto.

E, in questo contesto, l’evangelista, attraverso la figura SIMBOLICA del sordomuto, ci racconta la resistenza dei discepoli, che sono allo stesso modo sordi e non accolgono il messaggio di Gesù e, di conseguenza muti, perché non avendolo ascoltato, né compreso, non possono esporlo.

Inoltre, il suo viaggiare fuori della Galilea, della terra santa, in regioni abitate da pagani, ha un preciso significato: GESÙ NON FA IL MISSIONARIO IN MEZZO AI PAGANI, PERCHÉ SECONDO LA VOLONTÀ DEL PADRE LA SUA MISSIONE È RIVOLTA AL POPOLO DI ISRAELE, IL POPOLO DELLE ALLEANZE E DELLE BENEDIZIONI.

Ma con questo attraversare velocemente quelle “terre impure”, il Maestro vuole profetizzare ciò che avverrà dopo la sua morte, quando i suoi discepoli si rivolgeranno alle genti. In questa terra pagana, abbiamo visto nel vangelo di ieri, Gesù aveva guarito la figlia di una donna siro-fenicia, liberata dal male che la attanagliava, dietro al quale stava una forza demoniaca (Mc 7,24-30).

Ora gli viene presentato un sordo balbuziente, affinché egli compia il gesto che comunica la benedizione di Dio: attraverso l’imposizione delle mani. Questo poveretto sperimenta una menomazione fisica che è anche simbolica, vera immagine della condizione dei pagani: È SORDO ALLA PAROLA DI DIO, CHE NON PUÒ ASCOLTARE PERCHÉ A LUI NON È RIVOLTA, ED È BALBUZIENTE PERCHÉ TENTA DI LODARE, DI CONFESSARE DIO, MA NON CI RIESCE.

Ma è soprattutto un uomo menomato nelle facoltà della comunicazione: non può parlare chiaramente a un altro, né può ascoltarlo.

Gesù incontra quest’uomo e, volendolo liberare dal male, lo porta in disparte, e con le sue mani agisce sul corpo di quest’uomo malato. Gli pone le dita negli orecchi, quasi per aprirli, e renderli capaci di ascolto.

E QUEST’UOMO È COME IL SERVO DEL SIGNORE DESCRITTO DA ISAIA: UN UOMO AL QUALE DIO APRE GLI ORECCHI OGNI MATTINA, IN MODO CHE POSSA ASCOLTARE SENZA OSTACOLI LA SUA PAROLA (Is 50,4-5).

Poi Gesù prende con le dita un po’ della propria saliva e gli tocca la lingua: è un gesto che fa sì che la saliva dell’uno si mescoli con quella dell’altro.

C’è qualcosa di straordinario in questo “fare di Gesù”: Gesù TOCCA gli orecchi e APRE la bocca dell’altro per mettervi la sua saliva, quasi per forzare il sordo balbuziente a SENTIRE le sue mani, il suo lavoro…

L’azione di Gesù è accompagnata da un’invocazione rivolta a Dio: EGLI GUARDA VERSO IL CIELO ED EMETTE UN SOSPIRO, CHE INDICA CONTEMPORANEAMENTE IL SUO SDEGNO PER LA MALATTIA, L’INVOCAZIONE DELLA SALVEZZA, LA FATICA NEL GUARIRE.

Gesù sta gemendo insieme a tutta la creazione, a tutte le creature imbrigliate nella sofferenza, nella malattia, nella morte (Rm 8,22-23 “22 Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. 23 Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente”).

Ecco allora che viene mostrata la capacità di solidarietà di Gesù, che con-divide la sofferenza con il sofferente, entrando in empatia con chi è malato.

Tutto questo è accompagnato da una parola emessa da Gesù con forza “…Effatà, apriti!”, che è molto di più di un comando agli orecchi e alla lingua, MA È UN COMANDO RIVOLTO A TUTTA LA PERSONA.

È IL COMANDO DI APRIRSI ALL’ALTRO, A DIO, e solo così quest’uomo potrà incamminarsi su vie di salvezza spirituale.

Gesù ci insegna che tutta la nostra persona, il nostro corpo deve essere impegnato nel servizio dell’altro: NON BASTANO SUBLIMI PENSIERI SPIRITUALI, NON BASTANO PAROLE, FOSSERO PURE LE PIÙ SANTE; OCCORRE L’INCONTRO FISICO, ANCHE DEGLI ORGANI MALATI, PER POTER INTRAVVEDERE LA GUARIGIONE TOTALE CHE VA SEMPRE OLTRE QUELLA MERAMENTE FISICA, PERCHÉ’ PRIMA DEVE ESSERE PRECEDUTA DA QUELLA SPIRITUALE.

Ed ecco che quel sordo balbuziente è guarito, parla correttamente e ascolta senza ostacoli e Gesù lo rimanda a casa e gli chiede di tacere, così come comanda a quanti avevano visto di non divulgare l’accaduto.

Ma i pagani, che non sono giudei e non attendono né il Messia né il profeta escatologico, e sono FELICI DI GRIDARE “…tutto ciò che Gesù di Nàzareth fa, è ammirabile: fa ascoltare i sordi e fa parlare i muti”.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!