… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Marco 1,14-20
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». PASSANDO LUNGO IL MARE DI GALILEA, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. Parola del Signore
Mediti…AMO
Iniziamo oggi il “tempo ordinario“. Questo tempo è detto “ordinario“, non perché si svolge nella banalità, come erroneamente potrebbe far capire il termine utilizzato.
Ma perché, in esso, CON ORDINE, noi celebriamo, liturgicamente il mistero di DIO CHE SI FA UOMO PER AMORE E PER LA NOSTRA SALVEZZA, nella sua globalità, lungo il ritmo quotidiano delle settimane e delle Domeniche, attraverso la Sua Parola, attraverso i fatti, le parabole e i miracoli del Vangelo.
Celebrare il Mistero di Cristo nell’ordinario significa, dunque, vivere da veri discepoli nella fedeltà di ogni giorno, per incontrarlo e ascoltarlo nel quotidiano incessante scorrere del tempo.
E in questo scenario si inserisce la “chiamata” dei primi discepoli e la nostra chiamata.
Siamo ancora sul Lago di Kinnereth, ovvero il Mare di Galilea, luogo che indica, attraverso la presenza del mare, un luogo da temere. Perché Israele sa che nel mare vivono i mostri, tra cui il biblico Leviathan. È quindi un luogo di insicurezza. Il mare, in Israele, è il luogo del confine che separa la luce delle tenebre.
Diversamente dai popoli del Mediterraneo, gli ebrei non hanno nessuna confidenza con l’acqua, che comunque, in linea di massima, rappresenta sempre il male, la morte, la distruzione.
Ed è qui che Gesù chiama. Immaginate come brilla il simbolismo. Chiede ai primi discepoli e a noi, di lasciare la sicurezza di una vita tranquilla, ormai collaudata, per inoltrarci tra le acque dell’incertezza. In un cammino sconosciuto.
Non ci saranno più le barche che ci assicuravano la salvezza, né le reti che ci legavano al nostro vecchio modo di vivere.
Gesù ci chiama… E INSIEME CON LUI SIAMO CHIAMATI AD OSARE, per poter essere nella storia “pescatori di uomini”.
Anche questa modalità è impensabile: è il discepolo che si cerca un Maestro.
Il nostro Dio, invece, ci viene a chiamare là dove siamo per tirar fuori da noi stessi e dalle persone che incontriamo, tutta l’umanità che siamo capaci di esprimere.
Per far questo, però, occorre che noi abbandoniamo quelle reti che ci tengono prigionieri e che ci impediscono di crescere.
Che smettiamo di riparare quelle reti. Cioè smettiamo di riparare ciò che ci imprigiona e ci impedisce di veramente liberi per andare dietro al Figlio di Dio.
La sequela a Gesù è la condizione fondamentale per vivere nel suo amore, e portare al mondo il suo messaggio evangelico.
Un altro dato che merita attenzione è il fatto che Gesù chiama in suoi discepoli, e ognuno di noi, non in situazioni straordinarie, ma nella quotidianità della vita (in quel caso i futuri discepoli erano pescatori).
Noi siamo troppo abituati alla eccezionalità, alla grandiosità delle cose, che questo fa sì, che non ci accorgiamo del Signore che passa accanto a noi… perché secondo la nostra mentalità, per noi passerebbe solo a seguito di uno straordinario evento.
E CI PERDIAMO LA GRAZIA DELLA SUA VENUTA E, DIO NON VOGLIA, ANCHE LA SALVEZZA.
Eh sì! Perché noi ci siamo colpiti solo dall’imponenza del tornado. E NON DAL MORMORIO DI UN VENTO LEGGERO, APPENA APPENA PERCETTIBILE.
E QUI STA IL GUAIO: PERCHÉ NOI NON SIAMO LA RELIGIONE DEL LIBRO, MA QUELLA DELL’INCONTRO CON UNA PERSONA VERA ED ETERNAMENTE VIVENTE: IL FIGLIO DI DIO.
E QUESTO ERRORE LO FACCIAMO COME SINGOLE PERSONE E COME COMUNITA’, in quanto siamo sempre troppo affaccendati in cose di nessun conto. E fallendo come singoli, non ci preoccupiamo che siamo chiamati a costituirci in quella comunità, DEI CREDENTI, che si chiama CHIESA.
E Gesù ci mostra oggi che il primo obiettivo dell’annuncio della Buona Novella è quello di formare comunità.
Gesù passa, guarda e chiama I primi quattro, Simone, Andrea, Giovanni e Giacomo, che ascoltano, lasciano tutto e seguono Gesù per formare Comunità con lui.
Secondo la narrazione di Marco, tutto avvenne poi nel primo incontro con Gesù. Andando però ad esaminare gli altri vangeli, la gente percepisce che i quattro già conoscevano Gesù (Gv 1,39; Lc 5,1-11).
Ebbero già l’opportunità di convivere con lui, di vederlo aiutare la gente e di ascoltarlo nella sinagoga. Sapevano come lui viveva e ciò che pensava.
La chiamata non è stata una cosa di un solo momento, ma è questione di ripetuti incontri, chiamate ed inviti, di progressi e regressi.
La chiamata inizia e ricomincia sempre di nuovo!
In pratica, coincide con la convivenza di due tre anni con Gesù, fin dal battesimo fino al momento in cui Gesù fu innalzato al cielo (At 1,21-22).
Marco lo presenta come un singolo incontro, perché lo deve raffigurare come fosse un ideale: l’incontro con Gesù deve provocare una mutazione radicale nella nostra vita!
Infatti nel vangelo secondo Marco questo processo di vocazione è ridotto solo all’essenziale: Gesù passa, vede e chiama; qualcuno ascolta e prende sul serio la sua parola “Seguimi!” e si coinvolge nella sua vita.
E quando l’essenziale è stato detto, una volta per tutte, si ascolta la vocazione, si abbandonano le reti, si abbandonano il padre, la madre e pure la barca, ci si spoglia e si segue Gesù.
Ma occorre tener presente che la vocazione è sì un’avventura piena di grandezza, ma anche di miseria e difficoltà.
È sufficiente seguire nei vangeli la vicenda di questi primi quattro chiamati.
- Il primo, Pietro, sul quale Gesù aveva riposto molta fiducia, vivendo vicino a lui spesso non capisce nulla di lui (Mc 8,32; Mt 16,22), al punto che Gesù è costretto a chiamarlo “Satana” (Mc 8,33; Mt 16,23); a volte è distante da Gesù fino a contraddirlo (Gv 13,8); a volte lo abbandona per dormire (Mc 14,37-41 e par.); e infine lo rinnega, dice di conoscere sé stesso e di non avere mai conosciuto Gesù (Mc 14,66-72 e par.; Gv 18,17.25-27).
- Andrea, Giacomo e Giovanni in molte situazioni non capiscono Gesù, lo fraintendono e non conoscono il suo cuore; i due figli di Zebedeo, in particolare, sono rimproverati aspramente da Gesù quando invocano un fuoco dal cielo per punire chi non li ha accolti (Lc 9,54-55); e sempre essi, al Getsemani, dormono insieme a Pietro.
Ma c’è di più, e Marco lo sottolinea in modo implacabile: coloro che qui, “abbandonato tutto seguirono Gesù”, nell’ora della passione, “abbandonato Gesù, fuggirono tutti” (Mc 14,50).
Il mistero della chiamata, poi, è caratterizzato innanzitutto dall’iniziativa divina.
Perché è Dio che chiama e nello stesso tempo, è Dio che sceglie i suoi figli. Infatti il quarto evangelo ci dice in Gv.15,16:
- “Non siete voi che avete scelto me, ma son io che ho scelto voi, e v’ho costituiti perché andiate, e portiate frutto, e il vostro frutto sia permanente; affinché tutto quel che chiederete al Padre nel mio nome, Egli ve lo conceda”.
Per cui Pietro ed Andrea rappresentano, come ho già accennato, la normalità della vita quotidiana.
Vivono del lavoro delle loro mani, come la maggior parte degli uomini e, come la maggior parte degli uomini, gettano nel mare la loro rete.
E in quella rete c’è la loro speranza, nella rete c’è l’onesta fatica del lavoro quotidiano, ma c’è anche anche l’ambiguità, la contraddizione, la falsità di ogni guadagno, che non si realizza, se non approfittando degli altri e della loro necessità: c’è chi raccoglie dalla rete, c’è chi rimane preso, e c’è anche purtroppo chi rimane spogliato dalla stessa rete.
Così è la complessa trama dei rapporti umani nel mondo del lavoro.
Fino a questo momento Pietro ed Andrea sono uomini “comuni“. Neppure l’eccezionalità dell’invito li rende diversi. Ciò che li rende diversi è il modo diverso con cui si pongono di fronte alle parole di Gesù.
Lo fanno con una evidente follia. Pietro ed Andrea non hanno seguito Gesù perché tutto era così chiaro, ragionevole. Ma proprio per il contrario: l’hanno seguito perché era una vera e propria follia.
Tutta l’evidenza era contro l’invito di Gesù:
- Si presenta come uno sconosciuto,
- non dà sicurezza o ragioni,
- chiede l’abbandono di tutto e di tutti, e di un lavoro e una casa sicuri,
- non promette nulla in contraccambio.
Eppure Pietro ed Andrea ripongono in Lui TUTTA LA LORO FEDE.
E qui ovviamente siamo oltre le categorie della logica umana: è il miracolo della grazia divina.
Vi è una potenza della Parola che viene prima ed è oltre la logica della Parola.
Le nostre capacità logiche sono una sorta di mediazione tra l’uomo e la Parola: AL DI SOPRA DI ESSE VI È IL RAPPORTO IMMEDIATO CON LA PAROLA, CHE È LA PERSONA STESSA DI GESÙ.
Ed è proprio in rapporto alla PAROLA che È PERSONA (CRISTO) che si gioca il senso della FEDE.
NON SI CREDE ALLA LOGICA DELLA PAROLA, MA PERCHÉ AFFERRATI DA COLUI CHE È LA PAROLA.
Scriveva un pastore teologo luterano tedesco, che venne impiccato PER ORDINE ESPRESSO PERSONALE DI ADOLF HITLER, nel campo di concentramento di Flossemburg all’alba del giorno 9 aprile 1945, pochi attimi prima delle fine della guerra, DIETRICH BONHOEFFER “Chi crede obbedisce, chi obbedisce crede“.
LA FEDE IN DIO CHIEDE UNA RISPOSTA IMMEDIATA, NON ASPETTA E NON CONOSCE LE NOSTRE RAGIONI.
“E SUBITO seguirono lui” Fra la chiamata e la risposta non c’è spazio per la riflessione.
Chi cerca in sé stesso le ragioni della FEDE è fuori strada.
E guardate come brilla la simbolica “…abbandonate le reti lo seguirono.” Le reti rappresentano tutto ciò che è un impedimento, un ostacolo alla FEDE.
Quanto mi piace poi un’altra caratteristica del Vangelo di Marco, che ci presenta un Gesù, camminatore instancabile e un annunciatore entusiasta del Vangelo di Dio, cioè un annunciatore di “Dio come buona notizia”.
Vorrei tanto che io e tutti noi fossimo pervasi dal suo entusiasmo e dalla sua instancabile determinazione.
E in questo mondo, che ha esorcizzato il tempo, proponendo immagini di eterna giovinezza e bellezza, ci dimentichiamo che, IN UN ATTIMO, passa la scena di questo mondo, come dirà Paolo di Tarso «Passa infatti la figura di questo mondo» (1Cor 7,31).
Così, dunque le ore, i giorni, i mesi e gli anni, non sono da sciuparsi né da viverli senza pena né gloria, con la filosofia del “tirare avanti”.
Bisogna vivere -qui e adesso- quello che Gesù ha proclamato nel Vangelo: vivere in Dio, amando tutto e tutti, come Egli ha amato noi.
Solo così potremo sperare di essere con Maria, Madre di Dio e Madre nostra, con i santi e con tutti coloro che sono stati fedeli fino alla fine della vita terrena.
Per avere la Grazia di poter sentire il Signore che nel nostro incontro definitivo ci sussurra «vieni… servo buono e fedele… prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt.25,23).
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!