… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora». Parola del Signore
Mediti…AMO
LA VITA E IL PENSIERO DELLA SANTA
EDITH STEIN nacque nel 1891 a Wroclaw – Breslau in Germania.
Nata e formata nella religione giudaica, insegnò egregiamente per diversi anni filosofia, tra grandi difficoltà.
Accolse la vita nuova in Cristo attraverso il sacramento del Battesimo e, preso il nome di Teresa Benedetta della Croce, fece il suo ingresso tra le Carmelitane scalze di Colonia, dove si ritirò nella clausura.
Durante la persecuzione nazista, esule in Olanda, il 2 agosto 1942 viene prelevata dalla Gestapo e deportata nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau dove il 9 agosto, presso Cracovia in Polonia, dove venne uccisa nelle camere a gas.
Un pugnetto di cenere e di terra scura passata al fuoco dei forni crematori di Auschwitz: è ciò che oggi rimane di S. Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein; ma in maniera simbolica, perché di lei effettivamente non c’è più nulla.
Un ricordo di tutti quegli innocenti sterminati, e furono milioni, nei lager nazisti.
Questo piccolo pugno di polvere si trova sotto il pavimento della chiesa parrocchiale di San Michele, a nord di Breslavia, oggi Wroclaw, a pochi passi da quel grigio palazzetto anonimo, in via San Michele 38, che fu per tanti anni la casa della famiglia Stein.
I luoghi della tormentata giovinezza di Edith, del suo dolore e del suo distacco.
Sulla parete chiara della chiesa, ricostruita dopo la guerra e affidata ai salesiani, c’è un arco in cui vi è inciso il suo nome.
Nella cappella, all’inizio della navata sinistra, si alzano due blocchi di marmo bianco:
- uno ha la forma di un grande libro aperto, a simboleggiare i suoi studi di filosofia;
- l’altro riproduce un grosso numero di fogli ammucchiati l’uno sopra l’altro, a ricordare i suoi scritti, la sua produzione teologica.
Ma cosa resta veramente della religiosa carmelitana morta ad Auschwitz in una camera a gas nell’agosto del 1942?
Certamente, ben più di un simbolico pugnetto di polvere o di un ricordo inciso nel marmo.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la sua vicenda è balzata via via all’attenzione della comunità internazionale, rivelando la sua grande statura, non solo filosofica ma anche religiosa, e il suo originale cammino di santità: era stata una filosofa della scuola fenomenologica di Husserl, una femminista ante litteram, teologa e mistica, autrice di opere di profonda spiritualità, ebrea e agnostica, monaca e martire; “una personalità – ha detto di lei Giovanni Paolo II – che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo”.
Elevata all’onore degli altari l’11 ottobre 1998, la sua santità non può comprendersi se non alla luce di Maria, modello di ogni anima consacrata, suscitatrice e plasmatrice dei più grandi santi nella storia della Chiesa. Beatificata in maggio (del 1987), dichiarata santa in ottobre, entrambi mesi di Maria: si è trattato soltanto di una felice quanto fortuita coincidenza?
C’è in realtà un “filo mariano” che si dipana in tutta l’esperienza umana e spirituale di questa martire carmelitana.
A cominciare da una data precisa, il 1917.
In Italia è l’anno della disfatta di Caporetto, in Russia della rivoluzione bolscevica.
Per Edith il 1917 è invece l’anno chiave del suo processo di conversione. L’anno del passo lento di Dio.
Mentre lei, ebrea agnostica e intellettuale in crisi, brancola nel buio, non risolvendosi ancora a “decidere per Dio”, a molti chilometri dall’università di Friburgo dov’è assistente alla cattedra di Husserl, nella Città Eterna, il francescano polacco MASSIMILIANO KOLBE con un manipolo di confratelli fondava LA MILIZIA DELL’IMMACOLATA, un movimento spirituale che nel suo forte impulso missionario, sotto il vessillo di Maria, avrebbe raggiunto negli anni a venire il mondo intero per consacrare all’Immacolata il maggior numero possibile di anime.
Del resto quello stesso 1917 è pure l’anno delle apparizioni della Madonna ai pastorelli di Fatima.
Un filo mariano intreccia misteriosamente le vite dei singoli esseri umani stendendo la sua trama segreta sul mondo.
Decisiva per la conversione della Stein al cattolicesimo fu la vita di santa Teresa d’Avila letta in una notte d’estate.
Era il 1921, era già notte inoltrata, e lei non riusciva a dormire. Racconta:
- “Presi casualmente un libro dalla biblioteca; portava il titolo “Vita di santa Teresa narrata da lei stessa”. Cominciai a leggere e non potei più lasciarlo finché non ebbi finito. Quando lo richiusi, mi dissi: questa è la verità”.
AVEVA CERCATO A LUNGO LA VERITÀ E L’AVEVA TROVATA NEL MISTERO DELLA CROCE; AVEVA SCOPERTO CHE LA VERITÀ NON È UN’IDEA, UN CONCETTO, MA UNA PERSONA, ANZI LA PERSONA PER ECCELLENZA.
Così la giovane filosofa ebrea, la brillante assistente di Husserl, nel gennaio del 1922 riceveva il Battesimo nella Chiesa cattolica.
Edith poi, una volta convertita al cattolicesimo, è attratta fin da subito dal Carmelo, un Ordine contemplativo sorto nel XII secolo in Palestina, vero “giardino” di vita cristiana (la parola karmel significa difatti “giardino”) tutto orientato verso la devozione specifica a Maria, come segno di obbedienza assoluta a Dio.
E, il giorno in cui la Stein ottiene la risposta di accettazione da parte del convento di Lindenthal, per cui aveva tanto trepidato nel timore di essere rifiutata, È IL 16 LUGLIO DEL 1933, SOLENNITÀ DELLA REGINA DEL CARMELO.
Il 21 aprile 1938 suor Teresa Benedetta della Croce emette la professione perpetua.
Fino al 1938 gli ebrei potevano ancora espatriare, in America perlopiù o in Palestina, poi invece – dopo l’incendio di tutte le sinagoghe nelle città tedesche nella notte fra il 9 e il 10 novembre, passata alla storia come “la notte dei cristalli” – occorrevano inviti, permessi, tutte le carte in regola; era molto difficile andare via. In Germania era già cominciata la caccia aperta al giudeo.
La presenza di Edith al Carmelo di Colonia rappresenta un pericolo per l’intera comunità: nei libri della famigerata polizia hitleriana, infatti, suor Teresa Benedetta è registrata come “non ariana“.
Le sue superiori decidono allora di farla espatriare in Olanda, a Echt, dove le carmelitane hanno un convento.
Prima di lasciare precipitosamente la Germania, il 31 dicembre del 1938, nel cuore della notte, suor Teresa chiede di fermarsi qualche minuto nella chiesa “Maria della Pace”, per inginocchiarsi ai piedi della Vergine e domandare la sua materna protezione nell’avventurosa fuga verso il Carmelo di Echt.
“Ella – aveva detto – può formare a propria immagine coloro che le appartengono”. “E chi sta sotto la protezione di Maria – lei concludeva –, è ben custodito.”
L’anno 1942 segnò l’inizio delle deportazioni di massa verso l’est, attuate in modo sistematico per dare compimento a quella che era stata definita come la Endlösung, ovvero la “soluzione finale” del problema ebraico.
Neppure l’Olanda è più sicura per Edith. Il pomeriggio del 2 agosto due agenti della Gestapo bussarono al portone del Carmelo di Echt per prelevare suor Stein insieme alla sorella Rosa.
Destinazione: il campo di smistamento di Westerbork, nel nord dell’Olanda.
Da qui, il 7 agosto venne trasferita con altri prigionieri nel campo di sterminio di Auschwitz- Birkenau.
Il 9 agosto, con gli altri deportati, fra cui anche la sorella Rosa, varcò la soglia della camera a gas, suggellando la propria vita col martirio: non aveva ancora compiuto cinquantuno anni.
Nel 1998 viene canonizzata da Giovanni Paolo II e, nel 1999, dichiarata, con S. Brigida di Svezia e S. Caterina da Siena, Compatrona dell’Europa.
ESAME DEL TESTO EVANGELICO
Francesco, Benedetto, Cirillo e Metodio ed ora Edith Stein.
La Chiesa affida l’Europa ai propri patroni, li invoca come modelli e come intercessori per aiutarci ad uscire dall’impasse in cui ci siamo infilati.
Cosa ci serve una moneta unica se abbiamo un cuore diviso e se su tutto impera la politica e non l’amore fraterno?
E inoltre, all’Europa NON INTERESSANO AFFATTO LE SUE RADICI CRISTIANE, DI CUI NON TIENE NESSUN CONTO!!!
Francesco ci richiama alla povertà e alla gioia, Benedetto all’interiorità come metro di giudizio delle cose, i fratelli dell’est Cirillo e Metodio alla cultura come forma di evangelizzazione.
Edith Stein, figlia dell’orribile ventesimo secoli, ebrea di nascita, filosofa di formazione e docente universitaria, vittima della furia nazista che la venne a cercare, una volta convertita e fattasi monaca, fin dentro il monastero per essere eliminata, insieme ad altri milioni di poveri esseri umani, nelle camere a gas, PROPONE, CON AL SUA VITA ESEMPLARE, AI NOSTRI MODERNI POPOLI GUERRAFONDAI, UN PERCORSO DI RICONCILIAZIONE E DI PACE.
La Chiesa vuole dire a tutti gli europei che nelle tenebre che furono le guerre mondiali ci furono uomini e donne che riuscirono ad essere testimoni di luce.
E fra essi moltissimi cristiani, molti discepoli che ancora oggi brillano come modello.
MA, RIPETO, ALL’EUROPA, CHE SI PROFESSA CRISTIANA, MA NON LO E’, QUESTO DISCORSO NON INTERESSA.
Le ultime domeniche dell’anno liturgico ci orientano verso le realtà escatologiche attraverso tre parabole:
- la parabola delle dieci vergini,
- la parabola dei talenti
- e quella del Figlio dell’uomo che torna alla fine dei tempi.
La parabola di oggi è presentata come manifestazione del Regno di Dio: è un richiamo alla conversione del cuore, a non considerare il giudizio come l’ultimo atto finale della storia, ma a ricordarci che il Regno è già in atto E CHE ALLA FINE DEI TEMPI AVVERRÀ SOLO LA PROCLAMAZIONE DI CIÒ CHE NOI, GIORNO PER GIORNO, SCEGLIAMO NELLA NOSTRA VITA RISPETTO ALL’OLIO PER LE NOSTRE LAMPADE, AI TALENTI RICEVUTI, AL PROSSIMO CHE CI È AFFIDATO…
Tra le righe del vangelo odierno possiamo vedere la delusione per il mancato ritorno del Signore, della parusia, che ha la comunità matteana, a cui l’evangelista risponde invitandola a fissare lo sguardo sul vero obiettivo: come prepararsi alla sua venuta e vivere l’attesa nella certezza che verrà, anche se non sappiamo il come e il quando.
La parabola ha:
- come sfondo un banchetto di nozze,
- come protagonista Cristo, lo sposo,
- e le dieci vergini, immagini della Chiesa, la comunità dei convocanti a uscire incontro allo Sposo.
La metafora delle nozze è una tra le più ricorrenti nell’AT e il brano si rifà alla prassi nuziale ebraica; il corteo della sposa è rappresentato da cinque vergini “sconsiderate” e cinque “che sanno vivere”.
Cinque sono stolte perché non hanno previsto il ritardo dello sposo, non hanno preso abbastanza olio e durante l’attesa, invece di andare a provvederne, si sono addormentate.
Le sagge portano con loro l’olio, ma a prima vista non sono diverse da quelle stolte, perché anch’esse si addormentano.
AD OGNUNA DELLE FANCIULLE È DATA UNA GRAZIA, CHE ALLA FINE DOVRÀ ESSERE RENDICONTATA.
La lampada è il segno della fede vigilante MENTRE L’OLIO NEI VASI È IL VERO SEGNO DI DIFFERENZA: nella Bibbia è espressione di ospitalità e intimità, ma anche simbolo messianico, utilizzato per il Re-Messia.
L’olio poi è il segno delle opere giuste, che permettono di avere accesso al Regno di Dio e nel contesto della parabola sono simbolo di perseveranza fino all’arrivo dello Sposo.
INFATTI, NON BASTA ESSERE INVITATI AL BANCHETTO, OCCORRE ANCHE ESSERE SAPIENTI ATTINGENDO ALL’OLIO DELL’IMPEGNO.
La parabola ci presenta il tardare dello Sposo utilizzando lo stesso verbo del padrone di casa che non arriva (Mt 24, 48, anche in quel caso i servi sanno che il padrone verrà ma non sanno quando) per sottolineare il tempo lungo dell’attesa e la sorpresa di una venuta imprevedibile.
Tutte le vergini “si assopiscono”, allusione alla morte, ma vengono destate dal grido, al termine della notte, che annuncia finalmente l’arrivo dello Sposo.
Le vergini “si destano” – è il verbo della resurrezione di Cristo –, sono resuscitate e preparano le lampade.
La resurrezione diviene così determinante nella separazione delle vergini.
Le vergini stolte chiedono l’olio a quelle sapienti, che rispondono con un no.
Apparentemente sembrano mancare di carità, in realtà manifestano l’impossibilità di prestare il “personale” – l’amore, la passione, il desiderio…– a qualcun altro.
Le vergini sapienti hanno alimentato giorno dopo giorno la lampada del cuore con l’olio dell’amore, un amore fedele, capace di aspettare senza spegnere l’attesa.
L’OLIO È STATO DATO A TUTTE, MA LA STOLTEZZA DELLE VERGINI È NELLA LORO INCAPACITÀ DI AMARE E DI ATTENDERE L’AMATO, TENENDO INSIEME PRESENTE E FUTURO.
L’arrivo dello Sposo e la chiusura delle porte determina una situazione definitiva.
E anche l‘accorata richiesta da parte di alcune di aver aperto la porta non può essere accolta, perché la sentenza è già stata preannunciata in maniera definitiva dallo sposo.
“Io non vi conosco”, È LA STESSA FORMULA UTILIZZATA DA PIETRO NEL RINNEGARE GESÙ (Mt 26,74).
Le vergini stolte sono respinte dalle loro compagne e dallo Sposo.
Ed ecco la conclusione che riprende tutto il discorso escatologico “vigilate perché non conoscete né il giorno né l’ora”, per questo occorre lavorare con impegno instancabile, COME SE LA VENUTA AVVENISSE ADESSO E SEMPRE.
Ha detto un pastore protestante tedesco, ucciso nei campi di concentramento dai nazisti, DIETRICH BONHOEFFER, uno dei simboli del Novecento cristiano, che amo citare sempre:
- “Attendere è un’arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato.
- Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all’apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse.
- Chi non conosce l’aspra beatitudine dell’attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell’adempimento”
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!