«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 11,25-30
+ In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore
Mediti…AMO
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra”.
Il vangelo di questa XIV domenica del Tempo Ordinario A, si apre con una berakàh (benedizione) – chiamata a volte inno di giubilo – pronunciata da Gesù.
Una benedizione che, al tempo stesso è una confessione, un ringraziamento, un rendimento di lode e un riconoscimento.
E noi sappiamo bene che, benedizioni di questo tipo, scandiscono la giornata del pio ebreo.
Notiamo poi altre cose, forse più sorprendenti.
Gesù rende grazie subito dopo un effettivo insuccesso della sua predicazione rivolta all’intero Israele.
Infatti, poco prima si parlava delle città che lo avevano rifiutato, che non erano state ospitali, come Sodoma e Gomorra, distrutte per la loro inospitalità.
Qui il giorno del giudizio è rimandato al futuro e mette in luce, più che la condanna, quanto sia importante decidersi per il Regno.
Nonostante le parole apocalittiche, Gesù rende lode, perché ciò che piace (di fronte) al Padre, piace anche a lui.
Ma cosa piace però a Gesù?
La volontà di Dio, cioè il rivelarsi agli ignoranti, agli emarginati, agli scartati dal potere e dalla religione ufficiale: ecco l’“opzione preferenziale per i poveri”, cara a papa Francesco, ripresa nella Dottrina Sociale della Chiesa.
Proprio loro, i bambini (banim), hanno accolto il lieto annuncio e, comprendendo il significato messianico dei segni che ha loro mostrato, si sono aperti al Regn.
Non l’hanno fatto invece i bunim (studiosi), che si sono dimostrati presuntuosi, intrappolati quali erano dalle logiche del potere, dell’autosufficienza e dall’autoreferenzialità che hanno impedito loro di ascoltare, e quindi di accogliere.
Essi non hanno saputo diventare “ignoranti”. Non hanno saputo mendicare la sapienza.
Non hanno quindi messo in pratica l’equazione “bunim=banim”, della tradizione ebraica.
Cade su di loro un ammonimento che, secondo l’esegeta Joachim Gnilka, è un invito al pentimento rivolto soprattutto ai teologi, di ogni tempo.
Ma Matteo sottolinea che proprio “in quel tempo”, in quell’ora di “crisi”, Gesù fa sgorgare dal suo cuore un inno di lode gioiosa e convinta a Dio:
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“Riconosco, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai saggi e agli intellettuali e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché questa è stata cosa gradita davanti a te”.
Non un lamento si alza da Gesù verso Dio, ma una confessione che è lode e benedizione. Gesù si rivolge a Dio con una confidenza unica: lo chiama “PADRE”, in aramaico “ABBÀ”, perché in questo nome sono racchiusi per Gesù la tenerezza, l’amore e la misericordia.
Dio è Creatore e Signore del cielo e della terra, è l’Altissimo, ma il credente lo riconosce in una relazione di intimità paterna, carica di sentimenti d’amore.
Per questo Dio lo si adora come Signore, lo si invoca e si parla a lui come a un Padre.
Così Gesù lo invoca e confessa la sua fede in Lui:
“Padre, proclamo la tua lode, riconosco la tua volontà e il tuo operare: ciò che hai nascosto a quanti erano convinti di meritarlo, lo hai rivelato ai piccoli che non vantavano alcun merito”.
Certamente qui il linguaggio di Gesù, che risente dello stile semitico, va decodificato. Sembrerebbe infatti che Dio nasconda arbitrariamente qualcosa, la verità profonda, a saggi e intellettuali, mentre si riservi di comunicarla solo ai piccoli, ai poveri e agli ultimi.
Come se ci fosse nelle parole di Gesù una condanna dell’intelligenza e un’esaltazione dell’ignoranza… No!
Conosciamo bene i semitismi, espressioni linguistiche secondo le quali ciò che accade ha sempre come soggetto Dio, perché si esprime in modo forte e diretto l’azione di Dio, senza considerare la dinamica nel suo svolgimento.
È la stessa dinamica presente nel libro dell’Esodo “Il Signore indurì il cuore del faraone, il quale non lasciò partire i figli d’Israele” (Es 10,20). Come dobbiamo comprendere tali parole?
Dio inviò la sua parola di salvezza al faraone, attraverso i suoi messaggeri, ma egli la rifiutò, sicché il risultato fu l’indurimento del suo cuore.
È il faraone, con la sua responsabilità di aver rifiutato la parola di Dio, che indurisce il suo cuore nella piena libertà e responsabilità personale.
Allo stesso modo, il nostro brano evangelico non va inteso nel senso che Dio precluda la rivelazione ai saggi e agli intellettuali di questo mondo.
Attraverso Gesù Dio si rivolge a costoro, ma essi non accolgono la sua parola e così facendo induriscono orecchi e cuore. Ecco come avviene il nascondimento delle cose di Dio.
Cerchiamo di entrare bene nel testo.
Bisogna cogliere la bellezza di questo slancio filiale di Gesù nei confronti del disegno del Padre, che lui vede pieno di bellezza e di pace, anche se implica per lui la sua via verso la kénosis e la croce.
Certamente qui possiamo citare un parallelo, che è in Proverbi 8,30, dove, la Sapienza dice:
«Allora io ero con lui [Dio] come architetto ed ero delizie (la CEI traduce «la sua delizia») ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante, dilettandomi nella parte abitata della sua terra, e le mie delizie coi figli degli uomini».
Come IL VERBO CREATORE ha gioito DEL DISEGNO CREATORE DEL PADRE, standogli accanto e plaudendo alla bontà del creato, COSÌ ORA GIOISCE PER LA BELLEZZA DEL DISEGNO DI RIVELAZIONE E DI REDENZIONE.
Un disegno che nasce dal cuore del Padre, «Signore del cielo e della terra», che nasce dalla sua sovranità universale, anzi cosmica, e che è la sovranità del creatore di tutto.
La sua scelta è così espressa da Gesù: «Hai tenuto nascosto (lett.: «Hai nascosto») queste cose a sapienti e intelligenti e le hai rivelate ai piccoli».
Ci soffermiamo solo su un aspetto che mi sembra pieno di forza e di consolazione: Gesù dice: «Sì, Padre, perché così è piaciuto a te».
È un disegno completamente e liberamente creativo, che scaturisce dal “beneplacito” del Padre.
Del resto la prima pietra di questo edificio, di questo popolo nuovo, non è forse lo stesso Cristo, che, battezzato nel Giordano, volontariamente umiliatosi nell’associarsi al popolo dei peccatori, ha sentito su di sé la voce del Padre che proclamava: «Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto»?
Ma il discorso procede, non più in forma di preghiera, MA IN FORMA DI ANNUNCIO, DI RIVELAZIONE.
Perché in esso, Gesù rivela la sua missione, all’interno di questo divino disegno del Padre: «Tutto mi è stato dal Padre mio».
Il Padre gli ha “consegnato” liberamente, per amore, «tutto».
E questo «tutto» include certo un’ampiezza sconfinata (ovviamente, perché “…in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”), ma qui più specificatamente si riferisce alla rivelazione del Padre e del Figlio.
I MISTERI DEL REGNO SONO DUNQUE LA VITA DEGLI UOMINI NEL PADRE E NEL FIGLIO E INNANZI TUTTO LA LORO CONOSCENZA DEL PADRE E DEL FIGLIO (nel Vangelo di Giovanni si dice «…questa è la vita eterna: che conoscano te […] e colui che hai mandato, Gesù Cristo»).
Quindi se «nessuno conosce il Figlio se non il Padre», È IL PADRE SOLO CHE PUÒ RIVELARE AGLI UOMINI IL FIGLIO SUO.
Ma anche «nessuno conosce il padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
Attenzione, l’espressione «lo voglia rivelare» indica una discrezionalità?
Certamente no.
IMPLICA, CERTAMENTE, UNA LIBERTÀ ANCHE DEL FIGLIO CHE PER CIASCUNO “VUOLE”, CON ATTO PERSONALE DI AMORE, TRASMETTERE LA RIVELAZIONE DEL PADRE.
Il seguito del discorso, infatti, mutando ancora forma, si presenta come un appello appassionato «a voi tutti, che siete affaticati e oppressi».
«Venite a me»: aver sentito tante volte queste parole non deve far dimenticare il loro carattere sconvolgente: nei libri sapienziali la Sapienza aveva detto «Venite a me» (Siracide 24,28 e 51,23 e Proverbi 8,1-11).
Anche Isaia 55,1 aveva detto «…o voi tutti assetati venite alle acque».
MA ERA LA VOCE DI DIO CHE PARLAVA; invece qui è un uomo, Gesù, che fa questo invito.
In Giovanni 7,27 si legge «…Gesù gridò a gran voce: ‘Chi ha sete venga e beva (…)’. Questo egli disse riferendosi allo Spirito».
E, in Giovanni 5,39-40 è detto «…Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita».
È DICHIARATO QUI IL RUOLO RIVELATORE UNICO E INSOSTITUIBILE CHE HA ORA IL FIGLIO.
Fratelli e Sorelle, non una adeguata preparazione scolastica o una tradizione teologica permettono IL NOSTRO accesso al progetto salvifico di Dio, MA SOLO L’ACCOGLIENZA DELLA PERSONA E DEL MESSAGGIO DEL FIGLIO CHE RIVELA IL VOLTO DEL PADRE.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!