08 agosto 2024 GIOVEDI’ SAN DOMENICO DI GUZMAN – MATTEO 16,13-23 “Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

 

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MATTEO 16,13-23

+ In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Parola del Signore

Mediti…AMO

Domenico di Guzman (Caleruega, Spagna 1170 – Bologna , 6 agosto 1221) è, con Francesco d’Assisi, uno dei patriarchi della santità cristiana suscitati dallo Spirito in un tempo di grandi mutamenti storici.

All’insorgere dell’eresia albigese si dedicò con grande zelo alla predicazione evangelica e alla difesa della fede nel sud della Francia.

Per continuare ed espandere questo servizio apostolico in tutta la Chiesa, fondò a Tolosa (1215) l’Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani).

Ebbe una profonda conoscenza sapienziale del mistero di Dio e promosse, insieme all’approfondimento degli studi teologici, la preghiera popolare del rosario.

Ecco, Domenico di Guzman parlava o con Gesù o di Gesù. Meraviglioso. Era la vita secondo “la sapienza della croce”, per “Gesù Cristo e Lui crocifisso” (1Cor 2,1-8).

Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l’aveva.

Gregorio IX, a lui legato da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3 luglio 1234.

L’elogio più alto gli fu tributato da Dio Padre stesso a santa Caterina da Siena, la sua più illustre “figlia”: «San Domenico è l’immagine viva del mio Verbo Incarnato, Gesù… Io ho generato questi due figli, uno, Gesù, per natura; l’altro, Domenico, per amore. Per dono mio speciale, furono in Domenico somiglianti a quelle di Gesù le fattezze naturali del volto e della persona».

Davvero l’irresistibile fascino che lungo i secoli ha fatto dire a diversi giovani, messisi alla sua scuola, come Maestro Tommaso d’Aquino «Io sono degli agni della santa greggia / che Domenico mena per cammino, / u’ ben s’impingua, se non si vaneggia» (Paradiso X, 94-96).

Ma veniamo al testo evangelico odierno.

Nel cuore del ministero di Gesù si pone questo dialogo tra il Maestro e i suoi discepoli.

Lo hanno seguito, anni prima, affascinati dalla sua presenza e dalla sua predicazione.

Ora Gesù chiede ai Dodici di osare, di schierarsi, di capire, di andare oltre.

Pietro coglie l’essenziale, ci crede, vede che Gesù non è solamente un grande Rabbì, né un Profeta, ma il Messia, il nuovo re Davide inviato per salvare Israele.

Gesù è un Messia inatteso, un Dio inquietante e diverso, ne’ vendicativo, né politico, MA RIPIEGATO SU QUELL’UMANITÀ CHE AMA E REDIME CON LA COMPASSIONE.

E, RICONOSCENDO CHE GESÙ DI NAZARETH È IL MESSIA, SIMONE IL PESCATORE DI CAFARNAO SCOPRE, PER LA PRIMA VOLTA, DI ESSERE PIETRO.

Il Signore lo scruta nel profondo, e Simone viene riconosciuto, e diviene “Kephà” …Pietro.

Gesù pone la domanda fondamentale, sulla quale si decide il destino di ogni uomo: “Voi chi dite che io sia?”.

Dire chi è Gesù è collocare la propria esistenza su un terreno solido, incrollabile.

La risposta di Pietro è decisa e sicura. Ma il suo discernimento non deriva dalla “carne” e dal “sangue”, cioè dalle proprie forze, ma dal fatto che ha accolto in sé la fede che il Padre dona.

Gesù costituisce Pietro come roccia della sua Chiesa: la casa fondata sopra la roccia comincia a prendere il suo vero significato.

Ma ne consegue una serie altalenante di atteggiamenti: Pietro prima confessa e poi viene sconfessato.

Pietro è l’immagine del percorso MIO e di ogni cristiano, che professa la fede a parole, ma anche la sconfessa nella pratica e nella prova.

E, siccome non basta, dopo aver mirabilmente proclamato la FEDE IN GESÙ, ecco che Pietro sconsiglia a Dio di scegliere strade poco praticabili, quali la croce.

ecco una assurdità…. l’uomo dà consigli a Dio…

Fratelli e Sorelle, questo testo ci invita a riflettere sul fatto che la nostra fede è fatta di alti e bassi, di su e giù.

Non è una realtà fissa, ma una continua chiamata a riaffermare quello che abbiamo affermato, a continuare a scegliere quello che abbiamo scelto.

Ma la tentazione di aver Gesù dalla nostra parte e per i nostri comodi è grande, e ci assale alla prima difficoltà.

E Pietro lo ha vissuto fino in fondo.

Non è fuori luogo chiedersi se Pietro era pienamente cosciente di ciò che gli veniva rivelato e di ciò che diceva.

Notiamo il forte contrasto tra questa professione di fede seguita dall’elogio di Gesù: “Beato te, Simone…” e l’incomprensione del v.22: “Dio te ne scampi, Signore…” e infine l’aspro rimprovero di Gesù: “Vade retro da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.

Cioè ricordati di stare DIETRO a me, alla MIA SEQUELA, come deve fare chiunque.

Questo contrasto mette in evidenza la differenza tra la fede apparente e quella vera: non basta professare la messianicità di Gesù.

Bisogna credere e accettare che il progetto del Padre si realizza attraverso la morte e la risurrezione del Figlio.

Pietro riceve le chiavi del regno dei cieli. Le chiavi sono segno di sovranità e di potere. Pietro dunque insieme alle chiavi riceve piena autorità sul regno dei cieli.

Egli esercita tale autorità sulla terra e non in funzione di portinaio del cielo, come comunemente si pensa.

In qualità di trasmettitore e garante della dottrina e dei comandamenti di Gesù, la cui osservanza apre all’uomo il regno dei cieli, egli vincola alla loro osservanza.

Gli scribi e i farisei, in quanto detentori delle chiavi fino a quel momento, avevano esercitato la medesima autorità.

Ma, rifiutando il vangelo, essi non fanno altro che chiudere il regno dei cieli agli uomini. Simon Pietro subentra al loro posto.

Se si considera attentamente questa contrapposizione, risulta che il compito principale di cui è incaricato Pietro è quello di aprire il regno dei cieli. Il suo incarico va descritto in senso positivo.

Non si potrà identificare la Chiesa con il regno dei cieli.

Ma il loro accostamento in quest’unico brano del vangelo offre l’opportunità di riflettere sul loro reciproco rapporto.

Alla Chiesa, quale popolo di Dio, è affidato il regno dei cieli. In essa vivono gli uomini destinati al Regno.

Pietro assolve il proprio servizio nella Chiesa quando invita a ricordarsi della dottrina di Gesù, che permette agli uomini l’ingresso nel Regno.

Nel giudaismo, gli equivalenti di legare e sciogliere (‘asar e sherà’) hanno il significato specifico di proibire e permettere, in riferimento ai pronunciamenti dottrinali.

Accanto al potere di magistero si pone quello disciplinare. In questo campo i due verbi hanno il senso di scomunicare e togliere la scomunica.

Questo duplice potere viene assegnato a Pietro.

Non è il caso di separare il potere di magistero da quello disciplinare e riferire l’uno a 16,19 e l’altro a 18,18.

Ma non è possibile negare che in questo versetto 19 il potere dottrinale, specialmente nel senso della fissazione della dottrina, sta in primo piano.

Pietro è presentato come maestro supremo, tuttavia con una differenza non trascurabile rispetto al giudaismo: il ministero di Pietro non è ordinato alla legge, ma alla direttiva e all’insegnamento di Gesù.

Il legare e lo sciogliere di Pietro viene riconosciuto in cielo, cioè le decisioni di carattere dottrinale prese da Pietro vengono confermate, nell’ora presente, da Dio.

Ragioniamoci sopra

Pax et Bonum tibi, frater in Christo!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!