08.10.2023 – DOMENICA XVII P.A. A – MATTEO 21,33-43 “…non avete mai letto nelle Scritture”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 21,33-43
el Signore
Mediti…AMO
Dopo essere entrato nella CITTÀ SANTA DI GERUSALEMME in mezzo alle acclamazioni (Mt.21,1-11) e aver compiuto il gesto della cacciata dei commercianti dal tempio (Mt.21,12-17), Gesù torna nel tempio per annunciare, sempre usando il metodo delle parabole, LA VENUTA DEL REGNO DEI CIELI.
La parabola di oggi in realtà è un’allegoria indirizzata ai sacerdoti e anziani del popolo che erano venuti a contestare Gesù, interrogandolo sulla sua autorità, sull’origine della sua missione (Mt.21,23-27).
ASCOLTATE!”, ripetendo questo comando, dato dalla notte dei secoli, gridando, da Mosè e dai profeti.
SI TRATTA DI SMETTERE DI SENTIRE SOLTANTO, e di INIZIARE AD IMPARARE E AD ASCOLTARE CON ATTENZIONE LA PAROLA CHE VIENE DAL CUORE DEL SIGNORE, AD ACCOGLIERLA NEL CUORE, AL FINE DI CONVERTIRCI, E REALIZZARE CIÒ CHE IL SIGNORE CHIEDE A CHI È E VUOLE ESSERE IN ALLEANZA CON LUI.
Ma entriamo nel testo. Siamo di fronte a un’altra parabola che evoca una vigna, come già quella ascoltata domenica scorsa (Mt 21,28-32).
Nel Mediterraneo la vigna è la coltivazione per eccellenza, che comporta anni di lavoro, richiede cura e amore, esige un rapporto stabile e pieno di attenzione verso di essa da parte del vignaiolo.
Basta pensare che la vigna è un impianto stabile, occupa il terreno per generazioni, e non è come un prato o un campo che annualmente possono essere destinati ad altre coltivazioni.
PROPRIO QUESTO LEGAME DURATURO, QUESTA VERA E PROPRIA ALLEANZA TRA LA VIGNA E IL VIGNAIOLO, GENERANO UN AMORE PROFONDO ED APPASSIONATO DA PARTE DI CHI LAVORA PER LA “SUA“ VIGNA.
È questa la ragione per la quale i profeti avevano intravisto nell’amore tra vignaiolo e vigna una stupenda icòna narrativa dell’amore tra Dio e il suo popolo, ed erano ricorsi all’immagine della vigna per esprimere il rapporto di alleanza: una storia tormentata ma piena di amore tra il Signore e la sua proprietà, il suo tesoro (Es 19,5 e Dt 7,6, ecc.).
Il grande profeta Isaia, in particolare, aveva cantato “il canto di amore dell’amante per la sua vigna“ (Is 5,1-7), raccontando di un vignaiolo che aveva vangato la terra, l’aveva liberata dai sassi e vi aveva piantato ceppi scelti di vite.
L’aveva addirittura ornata con una torre in cui aveva posto un tino.
E, avendole dedicato tanta cura, si aspettava da essa uva buona e bella, invece quella vigna si era inselvatichita producendo grappoli di uva immangiabile.
Questa immagine era ben conosciuta da Gesù e dai suoi ascoltatori.
Questo canto CHE ESPRIME LA SPERANZA DI DIO E, NEL CONTEMPO, L’INCAPACITÀ DEL POPOLO DI COMPRENDERE IL SUO AMORE, DIVENTA DUNQUE UN TERRIBILE CANTO DI ACCUSA VERSO ISRAELE.
Un canto di accusa che proprio Israele ci ha tramandato. Non dimentichiamolo mai!
Infatti il popolo dell’antica alleanza non ha mai tolto dalle Scritture I RIMPROVERI E I GIUDIZI DI DIO NEI SUOI CONFRONTI: questo va tenuto presente da noi quando leggiamo questa parabola e, facilmente, siamo tentati di puntare il dito contro questo popolo, fino a gloriarci DI ESSERE NOI IL POPOLO DEL SIGNORE AL QUALE È STATA DATA LA VIGNA TOLTA AD ALTRI.
Conclusione, come tra poco dimostreremo, argomentando, alla quale NON POSSIAMO GIUNGERE.
Fratelli e Sorelle, stiamo bene attenti, perché questa parabola, che Matteo colloca nel vangelo indirizzato ai cristiani, riguarda certamente i capi religiosi di Israele, ma riguarda anche i capi che sono nella chiesa, MA ANCHE A NOI.
La comprensione della parabola detta “dei vignaioli omicidi” ha rappresentato un momento significativo nella storia dell’esegesi cristiana.
Spesso leggendo questo brano si evidenzia solo l’aspetto della GIUSTA vendetta del padrone e tanti milioni di pagine hanno percorso, in questo senso, il tempo e la storia dell’uomo.
Ma io credo che non sia affatto ciò che essa vuol evidenziare, perché, se leggiamo bene, NÉ GESÙ, NÉ MATTEO, PENSANO CHE ISRAELE IN QUANTO POPOLO SIA STATO RIFIUTATO DA DIO.
Certo, qui si parla di una giusta punizione pesante, provocata dalla chiusura verso i servi che il padrone invia per ritirare il raccolto dai “contadini” (ovvero da quei «profeti, sapienti e scribi» di cui si scrive anche in Mt 23,34) e soprattutto dall’uccisione del figlio.
Ma, certamente, questo giudizio grava solo sui “capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo”, ovvero quelli che altre volte vengono chiamati “guide cieche”.
Ma ecco brillare l’immagine più bella che sta nel cuore di Dio.
La vigna – che è L’ISRAELE SANTO DI DIO, IL POPOLO ELETTO – non è incendiata o devastata come la città di cui si parlerà nella parabola seguente (Mt 22,7).
Ma anzi, è pronta per dare frutti buoni.
LA DIFFERENZA STA NEL FATTO CHE NON SARANNO QUESTI “VIGNAIOLI OMICIDI” A RACCOGLIERE I BUONI FRUTTI.
MA SARANNO ALTRI VIGNAIOLI A COGLIERLI, PERCHÈ LA VIGNA, IL POPOLO DELL’ALLEANZA, VERRÀ AFFIDATA AD ALTRI CONTADINI. .
Ed ecco LA MERAVIGLIA DELLE MERAVIGLIE….CHI SARANNO GLI APPARTENENTI “AD UN POPOLO CHE LA FARA’ FRUTTIFICARE?”.
Fratelli e Sorelle, qui faremmo bene a fare ammenda della nostra arroganza e delle nostre “strutture di peccato”.
buoni e meritevoli”.
Noi, se continuiamo a pensare così, NON NE FACCIAMO PARTE.
hanno aderito all’annuncio del regno da parte di Giovanni, di Gesù, dei missionari cristiani, in contrapposizione a quelli che lo hanno rifiutato».
Ma anche questi NON SONO “IL VERO ISRAELE”.
L’UNICO “VERO ISRAELE”, È IL CRISTO STESSO, PIETRA D’ANGOLO, CHE SOSTIENE TUTTO L’EDIFICIO CHE E’ RAPPRESENTATO DALL’AMORE INFINITO DI DIO PER LE CREATURE “CHE EGLI AMA” E AL SUO DISEGNO DI SALVEZZA.
Inoltre è davvero molto importante, sul piano teologico, capire che la funzione di questa parabola NON È QUELLA DI ESALTARE IL CRISTIANESIMO RISPETTO AL GIUDAISMO, MA DI LASCIARE APERTA LA RISPOSTA ALLA RINNOVATA OFFERTA DI RICONCILIAZIONE, CON DIO, FATTA DAL CRISTO INNALZATO.
Il “figlio del padrone” della vigna è caratterizzato con quegli attributi – come l’idea dell’eredità – che sono tipici del linguaggio usato da Gesù quando parla di sé e del suo rapporto col Padre, Suo e Nostro.
lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero ”), OVVIAMENTE RICORDA LA FINE DEL MESSIA.
In Luca 9).
Ma il Signore Iddio AMA LA SUA VIGNA.
E ANCHE GESÙ, come “il figlio della parabola”, mostra di amare tanto la sua vigna al punto di morire per essa.
.Salve, vigna meritevole di un custode così grande: ti ha consacrato non il sangue del solo Nabot ma quello di innumerevoli profeti, e anzi quello, tanto più prezioso, versato dal Signore».
Altra meraviglia: QUESTA PARABOLA, DUNQUE, CHE INSISTE SULLA MISERICORDIA DEL PADRONE, LASCIA EMERGERE ANCHE DALLO SFONDO L’OFFERTA GRATUITA DEL FIGLIO.
Infatti Gesù racconta questa allegoria alla vigilia della sua passione.
E la racconta proprio per quelli che la metteranno in pratica contro di lui, fino a rigettarlo fuori dalla città e a crocifiggerlo.
Così Matteo ci mostra che Gesù ha coscienza di essere il Figlio inviato dal Padre nella vigna di Israele, sa ciò che lo attende come fine della sua missione in questo mondo e non si sottrae a questa “necessitas humana” inscritta nella storia.
IN UN MONDO INGIUSTO, IL GIUSTO PUÒ SOLO ESSERE RIGETTATO FINO A ESSERE ELIMINATO.
sa che il Padre, come il padrone della vigna, lo ha inviato perché sperava, perché spera di essere accolto.
E anche se questa è la fine dolorosa che lo attende, Gesù sa che l’ultima parola spetta comunque al Padre.
Conoscendo le sante Scritture e pregandole, sa infatti che la pietra che proprio i costruttori (questo è il termine con cui si chiamavano i capi religiosi del tempio) avrebbero scartato, messo fuori dalla costruzione, Dio l’avrebbe scelta e posta come testata d’angolo, facendo poggiare su di essa tutta la costruzione.
Gesù crede, aderisce a questo piano di Dio profetizzato e cantato nel monumentale Salmo 118.
E chiudo questa lunga riflessione regalandovi un piccolo gioiello di un celebre filosofo scrittore russo.
Un racconto immaginato di tipo allegorico, ambientato in Spagna ai tempi della Santa Inquisizione che narra il ritorno di Cristo sulla terra dopo quindici secoli dalla morte.
E come la prima volta viene ancora ucciso, anzi bruciato al rogo, dal questo grande inquisitore, il quale lo accusa di avere seminato confusione in una chiesa che si è ormai consolidata e strutturata, e lo rimprovera di voler portare la libertà ad un popolo che è incapace di usufruirne, poiché un popolo felice non può essere libero, ma deve essere sottoposto ad un potere autoritario che decida per lui.
E’ il miglior commento al Vangelo di oggi. Cosa fanno questi vignaioli? Esattamente quello che fa il grande inquisitore.
Si impossessano della vigna la organizzano e si prendono i frutti. Il problema è che quella vigna non è loro. Gli è stata solo affidata.
Quella vigna nel racconto evangelico rappresenta il popolo che Dio si è scelto, eletto e santificato e che poi ha affidato ai capi affinché lo custodissero.
Ma questi una volta ricevuto il dono da amministrare lo hanno fatto proprio, rivoltandosi contro il datore di lavoro, e uccidendo tutti coloro che in qualche modo gli ricordavano questa appartenenza.
Così Dio il creatore è stato ucciso dalle sue creature.
Che cosa imbarazzante! Eppure è una storia che continua anche oggi.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!