07.07.2023 – VENERDI’ XIII SETTIMANA P.A. A – MATTEO 9,9-13 “Non sono i sani che hanno bisogno del medico…”

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MATTEO 9,9-13

+ In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». Parola del Signore

Mediti…AMO

L’episodio evangelico odierno segue immediatamente quello del paralitico al quale Gesù perdona i peccati e poi restituisce la perfetta salute fisica (Mt 9,1-8).

Allo stesso modo anche Matteo è un “miracolato” da Gesù perché, incontrandolo, gli cancella i peccati e lo guarisce dalla “paralisi” della sua avidità e attaccamento al denaro.

Di un “peccatore perdonato e risanato” Gesù fa uno dei “Dodici“, uno degli amici intimi, manifestandogli una fiducia totale.

Matteo realizza così il significato del suo nome (“dono del Signore”).

Nel cammino spirituale ciò che è determinante non è la situazione di miseria morale in cui uno si trova, ma la disponibilità ad aderire a Gesù quando Egli passa e chiama.

Matteo parla di Matteo. Oggi in modo particolare risplende nel Vangelo l’amore di Gesù per i peccatori.

Racconta il momento in cui ha lasciato tutto per incontrare COLUI CHE E’ IL TUTTO.

L’evangelista Matteo aveva già narrato la chiamata di due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni (Mt 4,18-22).

Nel brano odierno ascoltiamo un nuovo racconto di vocazione, espresso nel medesimo schema: Gesù passa, vede qualcuno che è intento a svolgere la sua attività, lo chiama a diventare suo discepolo. E il chiamato lascia tutto e segue Gesù.

Una novità rispetto alla precedente chiamata: qui non si tratta di pescatori, ma di un “pubblicano“, cioè un esattore delle tasse al servizio dei romani, appartenente alla categoria di uomini considerati sfruttatori e strozzini, odiati dal popolo ed esclusi dalla comunità religiosa di Israele.

Dire “pubblicano” equivaleva a dire “peccatore“. Questo schema rivela alcune componenti essenziali della vocazione cristiana.

Ma vediamo alcune particolarità di questa chiamata.

Anzitutto l’iniziativa di Gesù: PASSA, VEDE, cioè SCEGLIE. E il suo non è uno sguardo distratto e indifferente, MA UNO SGUARDO CARICO DI AMORE. 

Uno sguardo che incrocia il suo, una parola sola: Seguimi. E Matteo è naufragato in quegli occhi. Il contabile abbandona, per uno sguardo, per una parola, la logica rassicurante del dare e dell’avere, se ne va dietro a quell’uomo, senza calcolare più nulla, senza neppure chiedere dove sia diretto.

Il centro della scena è tutto di Cristo: Segui Me.

Queste parole senza perché, questa mancanza di ragioni, sono la vera ragione del discepolo. È la persona di Cristo la causa, il senso, l’orizzonte ultimo. È Lui il nome della forza che fa partire.

Matteo si è «convertito» a Cristo, perché ha visto Cristo «convertirsi» a lui, fermarsi e girarsi dalla sua parte.

La vocazione non inizia con sacrifici o rinunce, essa porta innanzitutto un incremento d’umano. Infatti la casa di Matteo, la sua vita prima solitaria, si veste di festa, si riempie di volti, di amici, molti si premura di dirmi, e peccatori, chiamati ben prima di essere convertiti. Convertiti perché chiamati.

Fratelli e Sorelle, Gesù chiama i suoi discepoli, PER PURA GRAZIA, a vivere un rapporto personale con Lui.

Ma, mentre li lega a sé, li inserisce in una comunità, in una famiglia, la sua, dove alla sua scuola impareranno ad accettarsi e ad accogliersi come fratelli, superando ogni contrapposizione e rivalità.

E questa iniziativa di Gesù provoca la risposta immediata del chiamato “…ed egli si alzò e lo seguì“. 

Risposta che è rottura con la situazione anteriore (professione) E DONO TOTALE DI SÉ A COLUI CHE CHIAMA PER CONDURRE INSIEME CON LUI UNA NUOVA ESISTENZA.

E questa risposta esprime la fede per cui il discepolo “si affida” a Colui che lo chiama, condividendo il suo progetto di vita e perdendo il proprio.

Ed analizziamo la figura di Matteo.

In quel paese diventato importante dopo la divisione del regno di Erode fra i suoi figli, luogo di frontiera e di controllo, poteva esercitare con profitto il suo ruolo di esattore.

La sua vita era orientata, determinata: odiato dai correligionari per essere un collaborazionista, Matteo tirava diritto per la sua strada. Finché non incontrò la tenerezza e la misericordia nello sguardo di un Falegname Nazoreo, ospite di Pietro di Betsaida. Allora tutto era cambiato, tutto era esploso dentro di lui.

Mi emoziona e mi incoraggia tanto il fatto che Matteo ne parli dopo decenni: non è stata l’illusione del momento ma la scoperta di una vita. Il Signore usa le nostre esperienze per rendersi presente, le nostre vicende per colpire chi non crede.

Anche noi siamo stati chiamati dal Signore per fare esperienza di guarigione interiore e questa guarigione possiamo testimoniare, possiamo raccontare a chi incontriamo ogni giorno.

Ma vediamo anche che Gesù non solo chiama a seguirlo un uomo che proviene dalla cerchia dei pubblicani, odiati e disprezzati come asserviti ai pagani dominatori.

E questo già è uno scandalo per i farisei, che considerano inderogabile, se si vuol essere “giusti”, la separazione dei peccatori.

La situazione precipita e lo scandalo giunge al colmo, quando Gesù non lo allontana dai compagni della sua risma, anzi si mette a tavola a casa sua, in un banchetto che vede riuniti, con Gesù e i suoi discepoli, “molti pubblicani e peccatori“.

E subito l’indignazione prende voce “…perché domandano ai suoi discepoli il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?“.

E Gesù con decisione risponde “…Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati… Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori“.

E ricorda loro, ed a ognuno di noi, che bisogna mettersi tra i peccatori, SE VOGLIAMO CHE DAL CUORE DI DIO FLUISCA PER NOI LA MISERICORDIA.

Occorre quindi mettersi tra i peccatori, IN MEZZO A LORO DA PECCATORI QUALI SIAMO, e pregare per noi e per gli altri per ottenere quel perdono e quella salvezza, che è sempre un dono gratuito.

Perché chi si fa forte della propria presunta giustizia, si chiude alla misericordia di Dio.

Mi piace questo racconto di vocazione, che è il più breve e il più concentrato di tutta la Bibbia (appena un versetto!), all’interno del quale ognuno di noi può rileggere e verificare la storia della propria vocazione cristiana e battesimale.

Ciò che accadde quel giorno riaccade sempre nella vita di ciascuno.

Gesù passa, ci guarda e ci dice “Seguimi!”. 

Ed è l’unica chiamata, utile a non farci più perdere tempo nel girare attorno all’essenziale ma a centrarlo. Un appello a convertirci sul serio, per fare quel passo concreto nell’amore a Dio e verso il prossimo. E se afferriamo al volo la chiamata, tutta la nostra vita può diventare una risposta fedele a questo imperativo tenero e forte che Gesù mai si stanca di rivolgerci.

Lo ha mostrato in modo impareggiabile Giovanni Paolo II, come ha ricordato nell’omelia durante il funerale l’allora Cardinale Ratzinger “…Seguimi.

Questa parola lapidaria di Cristo può essere considerata la chiave per comprendere il messaggio che viene dalla vita del nostro compianto ed amato papa Giovanni Paolo II…”. 

Commovente quanto questo papa, subito dopo l’intervento alla trachea, che gli impediva l’uso della parola, ha scritto “Sono ancora Totus Tuus (=tutto tuo)”. 

La dichiarazione è indirizzata a Maria, ma in primo luogo a Gesù di cui Maria è pura trasparenza. Un’appartenenza fedele fino alla morte che Giovanni Paolo II ha testimoniato in modo esemplare. In piena conformità con quanto aveva affermato nelle prime righe del suo Testamento.

Interpretando la sua morte come “…l’ultima chiamata, che avverrà nel momento in cui il Signore vorrà“,ebbe a dire “...desidero seguirlo e desidero che tutto ciò che fa parte della mia vita terrena mi prepari a questo momento. Non so quando esso verrà, ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani della Madre del mio Maestro: Totus Tuus“.

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!