07.05.2023 V’ DOMENICA DI PASQUA A – GIOVANNI 14,1-12 “Io sono la via, la verità e la vita”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 14,1-12
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre». Parola del Signore
Mediti…AMO
È la notte prima della croce. Gesù sa pienamente che fra poche ore sarebbe stato arrestato, maltrattato, e appeso sulla croce.
In questo brano, Gesù si trova insieme ai suoi 12 discepoli in una sala privata, e sta celebrando la cena della Pasqua, cena stabilita circa 1500 anni prima, proprio per evocare la morte di Gesù Cristo sulla croce, come sacrificio gradito a Dio, in espiazione per il peccato dell’uomo.
Nonostante che Gesù sapesse quanto terribile sarebbe stata la sofferenza che stava per affrontare di lì a poco, i suoi pensieri erano rivolti ai suoi discepoli.
Ben descrive la drammaticità del momento Cirillo di Alessandria, nel Commento al Vangelo di Giovanni 14,1:
- “Dopo aver detto che Pietro sarebbe giunto a tal punto di debolezza da rinnegarlo tre volte; e che ciò sarebbe avvenuto in una sola notte, dichiarò, quasi per iperbole, la grandissima paura dei pericoli, per cui giustamente gli altri discepoli potevano subito pensare fra se stessi quale e quanto grande sarebbe stata la paura di ciò che doveva avvenire, e quanto grave e difficile a superarsi fosse la tentazione che avrebbe assalito il discepolo principale, e che l’avrebbe sconfitto non una sola volta, ma spesso in un solo e breve tempo. Chi di noi, dunque, riuscirà a trovarsi in una posizione migliore, o come resisterà un altro qualsiasi, se lo stesso Pietro viene scosso e soccombe, quasi necessariamente, alla gravità della circostanza?”
Preoccupandosi comunque per i suoi discepoli, Gesù li vuole curare, e vuole preparare i loro cuori per quello che gli stava per succedere, e per quello che sarebbe avvenuto anche dopo.
In questo, vediamo che Gesù è veramente il Buon Pastore che cura le sue pecore:
- “11 Io sono il Buon Pastore; il Buon Pastore depone la sua vita per le pecore. 12 Ma il mercenario, che non è pastore e a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore. 13 Or il mercenario fugge, perché è mercenario e non si cura delle pecore. 14 Io sono il Buon Pastore, e conosco le mie pecore e le mie conoscono me” (Gv 10,11-14).
Quindi ricordiamo che Gesù Cristo è il buon Pastore per tutti coloro che si ravvedono e pongono la loro fede in Lui.
Quanto è importante che riconosciamo questa verità.
Infatti, chi ha Gesù come il suo Signore e Salvatore, sarà curato perfettamente e teneramente da Gesù, in questa vita, e sarà curato per tutta l’eternità.
Siccome Gesù, che sa bene cosa vuol dire essere turbati, chiede che il turbamento non prevalga nel nostro cuore e ci rassicura dicendoci che va a prepararci una casa e un posto.
Ma quale è questa casa di cui ci parla Gesù in cui ognuno di noi può trovare un posto con il proprio nome?
Quando i primi due discepoli, su invito di Giovanni, cominciano a seguire Gesù, alla sua pro-vocazione “Che cercate?” (Gv 1,38a) rispondono a loro volta con una domanda “Rabbi, dove abiti?” (1,38b).
Gesù non spiega loro nulla, ma li sfida “Venite e vedrete” (1,39a).
I due raccolgono la sfida, si fermano presso di lui e proprio nella sua casa, alle quattro del pomeriggio, maturano la decisione di seguirlo (1,39b).
Questi due prima erano interessati al Messia grazie a Giovanni il Battista, una personalità forte e carismatica, che predicava nel deserto.
Ora per conoscere Gesù vogliono vedere dove abita.
Mi piace la figura di Filippo, che è un uomo di grande fede. E, come Mosè, chiede di vedere il volto di Dio (Es 33,18), e aggiunge che ciò sarebbe per lui sufficiente.
Egli non cerca altro se non di vedere quel volto che tutti i credenti dell’antica alleanza avevano desiderato di scorgere o vedere.
Vedere il volto di Dio è l’anelito del salmista “…quando verrò a contemplare il volto di Dio?” Sal 42,3), ED È IL DESIDERIO DI OGNI CERCATORE DI DIO E DI TUTTI I CREDENTI…
Filippo confessa questo desiderio, ma Gesù gli risponde “…da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: ‘Mostraci il Padre’? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?”.
Ecco il culmine della Rivelazione, che in verità è il compimento della promessa fatta da Gesù a Natanaèle (tra l’altro, proprio Filippo presenta Natanaèle a Gesù “…vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo” (Gv 1,51).
Ecco la rivelazione ultima: chi vede Gesù, l’uomo Gesù, in realtà vede il Padre, perché Gesù è l’immagine, il volto visibile di Dio, la gloria stessa di Dio.
Perché Gesù abita nel Padre, Egli dimora nella persona che ama più di sé stesso e per la cui volontà dona la vita.
Del resto a differenza delle volpi che hanno le loro tane e degli uccelli che hanno i loro nidi, il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Lc 9,58).
Egli potrebbe dirci: da uomo, se non avessi dimorato sempre nel Padre con cui in quanto Figlio sono dall’eternità, dove avrei trovato il coraggio per affrontare la passione e la morte di croce?
Gesù ci indica anche chi è la casa del Padre: è Lui stesso, la sua persona.
Egli è la casa del Padre nella quale ognuno di noi trova posto, perché l’amore che lo muove e che in lui trova piena e definitiva manifestazione, non esclude nessuno.
Mai egli si è chiuso alle necessità e alle sofferenze dei fratelli; con la vita e la parola ha annunciato che Dio è Padre e si prende cura di tutti i suoi figli (Prefazio della Preghiera Eucaristica V/c, Gesù modello di amore).
In Gv 17,12.24 Gesù così prega il Padre:
- “quando ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura … Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo”.
Ora che fisicamente non è con noi come era con i suoi ma siede alla destra del Padre, continua a custodirci e conservarci con l’invio di un altro Paràclito, il suo Spirito, perché nessuno di noi vada perduto e possa essere là dove Lui è per contemplare la sua gloria: in Lui anche noi siamo stati amati dal Padre prima della creazione del mondo.
Questa contemplazione e questo amore sono la casa in cui ognuno di noi ha un posto, e come scrive Paolo di Tarso “…con Cristo (Dio) ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2,6).
Ma c’è qualcosa su cui vale la pena di riflettere.
Ad un attento esame il brano odierno dice “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto “Vado a prepararvi un posto”?
Perché va a preparare il posto, se vi sono già molte dimore?
Se così non fosse, avrebbe detto: vado a prepararvelo.
Se era invece ancora da preparare, perché dice “…vado a prepararvelo?”
Ma allora, queste dimore ci sono, ma bisogna prepararle?
Io credo che si possa ragionevolmente affermare che il Signore prepara le dimore, PREPARANDO COLORO CHE DOVRANNO OCCUPARLE.
Perché l’immensità di Dio non si può certamente manifestare in una sola persona o in una sola comunità, ma ha bisogno di molteplici forme per fiorire attraverso forme inedite, nuove, originali, di amore, di perdono, di misericordia.
Non si tratta qui di una dimora presso il Padre, GESÙ NON VA A PREPARARE “APPARTAMENTI”, ma va a preparare Figli di Dio, perché il Padre venga a dimorare tra gli uomini.
Infatti, più avanti, al versetto 23 dello stesso capitolo, Gesù affermerà:
- “se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui, e faremo dimora presso di lui”.
Quindi ogni individuo, ogni comunità è chiamata ad essere l’unico vero santuario, dove dimora l’amore, la misericordia del Padre.
Quindi Egli prepara noi a dimorare in Lui, e dunque, nel Padre, perché lui ci custodisce per consegnarci al Padre che in Lui ci ha amati dall’eternità.
Egli ci prepara lasciandoci, salendo al Padre e inviando il suo Spirito, perché possiamo prepararci nella fede per mezzo della quale vengono purificati i cuori.
Egli si nasconde ai nostri occhi per essere creduto e la FEDE fa crescere in noi un desiderio sempre più grande, quello che ognuno di noi ha, di vivere nel cuore di Cristo.
Infatti, ci viene preparato il posto, solo se viviamo di FEDE, perché dalla FEDE nasce il desiderio di vivere in Cristo, e questo desiderio ci prepara al possesso, poiché la preparazione della celeste dimora consiste in questo nostro desiderio, che frutto di questo amore, che noi viviamo.
Ecco allora ciò che vuol dirci questo brano: vuol dirci che il Signore è andato a prepararci un posto, secondo il frutto che noi siamo capaci di produrre.
Per comprendere bene bisogna mettere questa frase in relazione a Gv 15,4-10:
- “4Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. 5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli. 9 Come il Padre mi ha amato, così anch’io ho amato voi; dimorate nel mio amore. 10 Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore”.
Ciascuno di noi avrà un merito, e quindi un premio, maggiore o minore.
La molteplicità delle dimore è appunto in rapporto alla diversità dei meriti di coloro che dovranno occuparle, TUTTI AVRANNO PERÒ LA VITA ETERNA E LA BEATITUDINE INFINITA.
Nella fede Gesù ci prepara a dimorare in Lui, ma, nello stesso tempo, ci prepara anche ad essere sua dimora. La fede è un rapporto di amore con Gesù e, in Lui, con il Padre, nello Spirito.
Infatti Gesù continua dicendo “Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto”, il termine indica il santuario, che quindi ogni persona diventa questo santuario visibile, “…verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”.
Gesù è nella pienezza della dimensione divina, una pienezza che non è un suo esclusivo privilegio, ma una possibilità per tutti i credenti.
“E del luogo dove io vado, conoscete la via»”, qual è la via? È quella che Gesù ha indicato: dobbiamo vivere ed esprimere quell’Amore del Padre che Cristo ci ha rivelato, quell’amore, che per essere vero e puro deve “farsi” CARITA’ VICENDEVOLE.
Fratelli e Sorelle, abuso della vostra disponibilità, chiedendovi di fare un ultimo sforzo.
- “Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse”
Gesù non chiede di credere in lui per una dottrina, per una teologia, ma per le opere, le opere che comunicano vita, perché la dottrina è discutibile, le azioni che comunicano vita, si vedono, si possono verificare.
Le opere a favore degli uomini, sono l’unico criterio di credibilità per Gesù e i suoi discepoli.
E infine “…IN VERITÀ, IN VERITÀ IO VI DICO”, questa duplice ripetizione di verità significa solennemente che quello che Egli afferma ora è vero, “…chi crede in me”, cioè chi dà adesione, “…chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio”.
Dio ci dà la capacità di compiere le azioni che Egli ha compiuto, azioni che comunicano vita.
Ma, addirittura, chi dice che ne potremmo “…compiere di più grandi di queste, perché LUI va al Padre»”.
Come a dire CHE LA SUA MORTE NON SARÀ UN’ASSENZA, MA UNA PRESENZA ANCORA PIÙ INTENSA.
Il fatto che non c’è fisicamente Gesù, non sarà visto come una perdita, ma come un guadagno, e consentirà al discepolo e alla comunità, di compiere le stesse azioni di Gesù, con la stessa sua potenza.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!