07.03.2023 MARTEDI’ 2 SETTIMANA QUARESIMA A – MATTEO 23,1-12 “Dicono e non fanno”.
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«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MATTEO 23,1-12
Mediti…AMO
«Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Voi siete tutti fratelli» dice Gesù agli scribi e ai farisei.
Nel vangelo secondo Matteo, dopo diversi scontri e controversie tra Gesù e scribi, sacerdoti, farisei (Mt 21,23-22,46), durante il suo ultimo soggiorno a Gerusalemme, egli pronuncia un lungo discorso, il penultimo, prima di quello escatologico.
Si tratta di una raccolta di invettive e di ammonizioni indirizzate da Gesù proprio a quei suoi avversari che tante volte lo avevano contraddetto, gli avevano teso tranelli, lo avevano messo alla prova, lo avevano calunniato e insidiato con giudizi e complotti.
MA FACCIAMO BENE ATTENZIONE!
Nel leggere questi testi fortemente contrari ai farisei dobbiamo prestare molta attenzione a non essere ingiusti contro il popolo ebreo. Noi cristiani, durante secoli, abbiamo avuto atteggiamenti contro i giudei e, per questo, contro i cristiani.
Ciò che importa nel meditare questi testi è scoprire il suo obiettivo: Gesù condanna la mancanza di coerenza e la mancanza di sincerità nella relazione con Dio e con il prossimo.
MA FACCIAMO BENE ATTENZIONE, FRATELLI E SORELLE! Lui sta parlando di ipocrisia tanto quella di ieri come della nostra, oggi.
tipico della persona religiosa, ma non solo religiosa.
MA ANCHE QUI, ATTENZIONE! Ci sono varie forme di religione. In ufficio è religione far così, nella politica è religione, in tutto è religione far così.
È questo quel virus indistruttibile che Gesù attribuisce nella sua epoca agli scribi e ai farisei che erano persone bravissime, tutto sommato, stimabilissime.
Matteo ammira i farisei e chiede al discepolo di osservare le loro parole, annotando però con dolore che le loro azioni non corrispondono a quanto essi proclamano.
Troppe volte anche noi siamo vittime dello stesso clamoroso sbaglio: non viviamo ciò che proclamiamo.
Crediamo nel Dio in mezzo a noi, in colui che è il vivente, e ci comportiamo come uomini e donne senza speranza, senza futuro, senza compassione.
L’umiliazione è FONTE DI GRAZIA. E l’humilitate, essa ci “abbassa”, ma, se noi l’accettiamo, essa ci immerge nella misericordia del cuore di Gesù, che ci “innalza” con lui sino al Padre.
È un rimprovero terribile, col quale il Signore bolla, per sempre, un modo di fare e di vivere poco sincero, che non deve entrare assolutamente a far parte della vita di coloro che desiderano essere Figli di Dio.
Ma cerchiamo di entrare nel testo che Gesù ci propone. Il Maestro così apre il suo discorso:
· “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro azioni, perché parlano ma non realizzano ciò che predica”.
C’è una cattedra del popolo di Dio, c’è un ministero, un servizio reso ai credenti, ossia il compito di proclamare la parola di Dio contenuta nella Torah data da Mosè a Israele nel deserto, dopo la liberazione dall’Egitto.
Il Dio che ha liberato il suo popolo dalla schiavitù ha anche dato al suo popolo la Torah, l’insegnamento, affinché conoscesse la sua volontà e fosse dunque un popolo di testimoni capaci di proclamarla a tutte le genti.
Dopo Mosè, molti e diversi sono stati i maestri, dotati di un magistero per il popolo, ma quanti in quel momento storico (30 d.C.) erano i dirigenti e le guide religiose, abitualmente insegnavano in modo conforme alla tradizione ma in loro non c’era coerenza di comportamento, perciò mancavano di autorità (exousía).
Predicavano ai fedeli, ma in realtà, ESSI STESSI NON OSSERVAVANO QUANTO DICEVANO.
FARE e OSSERVARE sono le espressioni con cui il popolo ha scelto il Signore, ha ripudiato gli idoli e ha sancito con lui l’alleanza “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo e lo ascolteremo” (Es 24,7), come a dire “…lo comprenderemo nella misura in cui lo metteremo in pratica”.
Questa promessa certamente doveva valere tanto più per i capi del popolo del Signore, e invece costoro esaurivano la realtà nella sua proclamazione verbale.
In profondità non ascoltavano, perché chi ascolta il Signore obbedisce.
Ma essi preferivano sentire la parola del Signore per predicarla senza invece ascoltarla, senza fare l’esperienza della faticosa realizzazione della volontà di Dio attraverso un intelligente discernimento e un’azione piena di carità.
È ovvio che accade anche a noi di dire e poi di non agire conseguentemente. Ma quando facciamo ciò, lo dobbiamo confessare ai fratelli e alle sorelle, senza pretendere di essere esemplari. Proprio perché non siamo stati coerenti nel nostro comportamento quotidiano: SIAMO PECCATORI E CIÒ NON VA NASCOSTO.
Gesù definisce questo comportamento “ipocrisia” e lo condanna, perché di fatto favorisce una cecità su sé stessi, che ci porta, inevitabilmente, a giudicare gli altri come ciechi (Gv 9,41), E AD ASSOLVERE CONTINUAMENTE NOI STESSI.
Anjezë Gonxhe Bojaxhiu, MADRE TERESA DI CALCUTTA:
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!