«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 14,12-14
+ In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». Parola del Signore
Mediti…AMO
Il discorso precedente era rivolto agli invitati, questo all’invitante.
A quelli Gesù ha detto di scegliere l’ultimo posto, a questo dice di scegliere gli ultimi.
È il tema lucano della commensalità o convivialità.
Le realtà più belle Gesù le ha realizzate, proclamate e insegnate a tavola in una cornice conviviale (TRA LE QUAL’ L’ULTIMA CENA, dove avviene l’Istituzione della Eucaristia).
Gesù a mensa definisce il volto della nuova comunità, che viene convocata attorno alla mensa eucaristica.
La pagina è suddivisa in tre scene:
- prima l’invito a pranzo in casa di uno dei capi dei farisei, in giorno di festa, sabato (Lc 14, 1-6);
- poi l’insegnamento con due piccole parabole sul modo di scegliere i posti a tavola e i criteri per fare gli inviti (Lc 14, 7-14);
- infine la parabola sulla grande cena (Lc 14,15-16),
…che riguarda ancora il problema degli invitati: chi parteciperà alla mensa del regno?
Questa si prepara fin d’ora nel rapporto con un Gesù, che convoca attorno a sé le persone nella comunità-chiesa.
Ma perché?
Il motivo viene detto nel brano seguente (vv.15-24): PERCHÉ DIO FA COSÌ.
Gesù rivolge un’esortazione inaspettata al capo di casa, e la sua parola è fortemente provocatoria e urta non solo il comportamento farisaico e legalistico, ma le comuni abitudini della società civile.
Essa si leva contro le caste privilegiate e i circoli chiusi che lasciano fuori la moltitudine degli indigenti, dei malati e dei bisognosi.
Anche durante un pranzo solenne Gesù si prende cura degli infelici e degli affamati, perorando la loro causa in casa dei ricchi.
È una grande lezione di gratuità e di umanità, la quale ci insegna che, il privilegio degli ultimi deve caratterizzare la vita cristiana.
Paolo apostolo rimprovera i cristiani di Corinto, perché nella cena del Signore non aspettano i poveri che arrivano tardi a causa del lavoro o della loro condizione di schiavi.
Comportandosi così, disprezzano la Chiesa di Dio (1Cor 11,12).
E san Giacomo scrive “..Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del Regno” (Gc 2,5).
Io direi di stare bene attenti a non mostrare di essere subito scandalizzati.
Infatti, quando nelle nostre ricorrenze più gioiose stiliamo l’elenco degli invitati, istintivamente iniziamo la lista delle persone che noi riteniamo più ragguardevoli, che sono a noi più care e dalle quali, più o meno consapevolmente, ci attendiamo un contraccambio.
Questo è un criterio umano e logico, che abitualmente viene praticato dalla stragrande maggioranza.
Non siamo diversi neanche noi cristiani.
Ma dobbiamo sempre tener bene presenti la Parola di Gesù: “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi” (14,13).
Luca è particolarmente sensibile al tema della gratuità, è l’unico a riportare questo insegnamento in cui chiede di non invitare amici e parenti, ma quelli che non possono ripagare, cioè poveri, storpi, zoppi e ciechi.
In fondo è questo lo stile di Dio: “mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8).
Gesù non chiede di invitare ANCHE i poveri per dare una spruzzata di solidarietà alla festa.
Con quella radicalità che è tipicamente lucana, chiede di invitare SOLO i poveri.
Un segno di quella fede che si traduce nella più assoluta gratuità.
Uno stile difficile da acquisire perché contrasta con la natura umana che in ogni cosa cerca istintivamente il contraccambio.
E difatti, Gesù non chiede di rinunciare alla ricompensa ma invita a cercare solo quella che Dio dona.
Per evitare di alimentare illusioni, fissa anche l’appuntamento:
- “Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (12,14).
Nel giorno del giudizio ciascuno riceverà la sua ricompensa e sarà sorpreso perché riceverà molto più di quello che merita.
Il buon Dio non si lascia vincere in generosità.
Ecco allora che tutti noi siamo chiamati ad ACCOGLIERE è CONDIVIDERE, chiamando poveri, storpi, ciechi, ma non per fare loro la carità o fargli passare un bel momento quanto per condividere con loro, MA PER CONDIVIDERE.
Con loro che sono emarginati, con loro che sono invisibili o che si rendono invisibili per non disturbare. Dare loro la precedenza significa soprattutto condividere.
La carità vera non è comprare un panino a un povero, MA DUE; UNO PER LUI E UNO PER TE E CONDIVIDERE INSIEME QUEL PASTO, RACCONTANDOSI RECIPROCAMENTE.
A parole questo è molto facile.
In un mondo dove a predicare siamo tutti molto bravi, è nei fatti che “casca l’asino” e ci si porta dietro il carretto.
Certo che la condivisione è difficile, ma Gesù ci dà la sua misericordia, LA SUA GRAZIA e la sua pazienza, perché il nostro ideale si trasformi in un fatto reale.
San Francesco d’ Assisi ne è l’esempio vivente: era figlio di un ricchissimo mercante e aveva passato la gioventù, tra feste e banchetti, senza mai sporcarsi le mani.
Ma, grazie ALLA MISERICORDIA DI DIO, è diventato tutt’ uno con i poveri, non solo condividendo qualcosa con loro, ma tutto sé stesso.
Il banchetto cristiano, da quando Cristo ha consumato con noi la sua cena, DANDOSI A TUTTI COME CIBO E BEVANDA DI SALVEZZA, deve essenzialmente conservare le stesse caratteristiche.
Deve avere, cioè, le caratteristiche della carità e della solidarietà vera.
Anche alla nostra mensa deve essere sempre presente Cristo, se non sotto le specie eucaristiche, almeno in coloro che meglio lo rappresentano.
Egli, infatti, si identifica in coloro che hanno fame, che hanno sete, che sono nudi, malati o carcerati.
UNA IDENTIFICAZIONE CHE È LA NATURALE ESPANSIONE E IL PIENO COMPLETAMENTO DELL’EUCARISTIA.
La stessa FEDE che ce lo fa riconoscere vivo e vero, NELL’OSTIA CONSACRATA, ci deve illuminare per farcelo vedere ancora vivo e vero nel povero, nell’affamato, negli ultimi e negli abbandonati.
- “Avevo fame e tu mi hai dato da mangiare. Avevo sete e tu mi hai dato da bere…”
L’invito alla mensa non significa soltanto la condivisione del nostro cibo con loro, MA STA AD INDICARE IL POSTO PRIVILEGIATO CHE RISERVIAMO LORO NEL NOSTRO CUORE E NELLA NOSTRA VITA PER AVERLI SEMPRE CON NOI, PERENNEMENTE INVITATI ALLA NOSTRA MENSA.
- 13-14: Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
È la finale di questa parola di salvezza.
Siamo sempre all’interno di un amore interessato, all’interno di una concezione chiusa della vita.
L’evangelista Luca in questo versetto fa un elenco iniziando dai poveri, che nel vangelo di Luca sono i destinatari delle beatitudini: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio».
Nell’elenco degli invitati i poveri sono precisati come i menomati fisicamente, gli handicappati, esclusi dalle confraternite farisaiche e dal rituale del tempio (2Sam 5,8; Lv 21,18).
Questo stesso elenco si ritrova nella parabola della grande cena: poveri, storpi, ciechi e zoppi prendono il posto degli invitati di riguardo (Lc 14, 21).
In queste parole finali Gesù sta pensando alla sua futura comunità: la sogna come un luogo di ospitalità per tutti gli esclusi. Non si tratta certo di un insegnamento nuovo.
Gesù l’ha già rivolto a tutti nel discorso della montagna (Lc 6,32-34): “se amate soltanto coloro che vi amano, qual è il vostro merito? Anche i peccatori amano coloro che li amano”.
C’è la beatitudine per chi è povero («beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio») e c’è anche la beatitudine per chi trasforma i propri beni in occasione di ospitalità, ma deve trattarsi di un’ospitalità anche verso gli esclusi “sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa nella risurrezione dei giusti”.
LASCIAMO CHE LO SPIRITO SANTO ENTRI NELLA NOSTRA VITA.
CIASCUNO DI NOI, È INTERPELLATO A SCOVARE IL PICCOLO FARISEO CHE VIVE IN LUI.
Gesù ci mette in guardia: non è la presunta giustizia che fa guadagnare il primo posto davanti a Dio.
Apparenza, intelligenza, fortuna, abbondante conto in banca, buona carriera, fisico sano e sportivo, sono criteri umani di giudizio.
Ma nel Regno ciò che conta è l’amore.
SOLO SU QUESTO SAREMO GIUDICATI.
Il Vangelo nel pensiero dei Padri della Chiesa: San Giovanni Crisostomo, in Omelia sugli Atti 54.4:
- “Che il povero sia il custode della vostra casa: ti sia muro e baluardo, scudo e lancia. Dove c’è l’elemosina, il diavolo non osa avvicinarsi, come non lo osa nessun’altra sventura. (…) Mi obietterai: Ma ci sono molti imbroglioni e ingrati! E perciò otterrai una ricompensa maggiore, se li accogli per il nome di Cristo … Ma come potremo difenderci, quando non accogliamo neppure quelli che conosciamo, ma a tutti chiudiamo la porta? La nostra casa sia l’albergo di Cristo; esigiamo da loro la paga, non però che ci versino denaro, ma che rendano la nostra casa locanda di Cristo; corriamo all’intorno da tutte le parti, tiriamo, portiamo via a forza la nostra preda: è maggiore il beneficio che riceviamo di quello che facciamo”.
Madre Teresa di Calcutta:
- “Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano.”
Frate Antonio da Padova da Lisbona, diceva:
- «TI PREGHIAMO, DUNQUE, SIGNORE GESÙ CRISTO, DI ENTRARE NELLA CASA DELLA NOSTRA COSCIENZA, DI SCACCIARNE IL CAPO DEI FARISEI, cioè l’impulso dei cattivi pensieri che si dividono tra loro il nostro cuore e dividendolo lo distruggono; di restituire alla nostra mente il sabato della pace e del riposo, di farci mangiare il pane della tua volontà, per essere degni così di giungere a te, che sei il pane degli angeli.
Accordacelo tu che sei benedetto nei secoli dei secoli. Amen» (Sermone della domenica XVII dopo la Pentecoste, 6).
- «Fratello, “mettiti dunque all’ultimo posto”, così meriterai di sentirti dire: “Vieni più in su” (Lc 14,10). Dice il filosofo: Per non cadere, limitati alle piccole cose (Seneca), perché, dice anche Salomone, “chi costruisce la casa troppo alta, va in cerca di rovina” (Pro 17,16).
Per questo, ci dice l’Apostolo, Abramo abitò nelle tende, insieme con Isacco (cf. Eb 11,9). “Mettiti dunque all’ultimo posto”. […]
E così mettiti all’ultimo posto, senza mai preferirti ad alcuno, reputandoti più indegno di tutti; allora ti sentirai dire: “Amico, vieni più in su”.
Ti riconosce come amico dalla tua umiltà, colui che ti manda indietro per la tua presunzione. […]
Possa dunque il Signore dirti: “Vieni più in su”. Chi si trova all’ultimo posto, non può che salire più in su, “perché chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11). “E allora ne avrà onore di fronte a tutti i commensali” (Lc 14,10). Infatti, dice sempre Luca: “Li farà accomodare a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,37).
È veramente un grande onore che il Signore, il Padrone serva il servo. […]
Fratelli carissimi, preghiamo dunque il Signore Gesù Cristo di farci sedere all’ultimo posto, di custodire il nostro animo, e di farci poi salire fino a lui, che è la gloria, nel regno di coloro che siedono alla sua mensa.
Ce lo conceda egli stesso, che è al di sopra di tutti, che agisce in tutti, che è presente in tutti e che è Dio benedetto nei secoli eterni.
E ogni anima umile risponda: Amen, alleluia!» (Sermone della domenica XVII dopo la Pentecoste, 14-15 passim)
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!