06.10.2022 -GIOVEDI’ 27 SETTIMANA P.A. C – LUCA 11,5-13 “Chiedete e vi sarà dato”.

i… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo LUCA 11,5-13

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Chi è che non sa, nei momenti difficili, di aver bisogno dell’aiuto di Dio? Per quanto vogliamo credere che siamo forti, ci sono tante situazioni che arrivano nella vita che ci mostrano che la nostra forza non basta. Siamo deboli, e abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio.

Presa da sola, questa parabola invita l’ascoltatore a chiedersi cosa avrebbe fatto al posto di quel padre di famiglia, svegliato a mezzanotte dall’amico importuno.

Gesù conclude identificando l’ascoltatore con l’amico che bussa alla porta.

Luca è interessato a chi prega e al modo come deve pregare, e gli assicura che Dio sempre finirà per non lasciare con le mani vuote a chi si rivolge a Lui, anche se lo fa sfacciatamente e intempestivamente.

Quindi Dio è presentato da Gesù come un amico, importunato, che non mancherà di attendere ciò che il suo amico invadente gli chiede:

  • “Se l’amico, disturbato durante la notte nel suo sonno, non dubita un momento di rispondere alla richiesta del vicino che si trova in difficoltà, anche se l’intera famiglia si sveglierà all’aprire la porta, quanto più Dio”.

Questa parabola, possiamo quindi considerarla un epilogo al “…dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Lc 11,3).

Dio che per amore, in Gesù, si è fatto nostro fratello nel bisogno, si sveglia dal sonno e proprio in quel momento la nostra fede ce lo fa riconoscere Pane di Vita.

La sua morte è “dono della sua vita”, data per noi “pane” per poter sfamare “l’amico che è in viaggio” e cammina con noi.

L’Eucaristia ci trasforma in Lui e costituisce l’esaudimento pieno della preghiera del Padre.

Se la preghiera è essenzialmente comunione di amore con Dio, non possiamo mai e poi mai desistere dal praticarla, resteremmo privi di ciò che è essenziale per il nostro esistere e vivere.

Alcuni si interrogano come mai dobbiamo reiterare le nostre richieste al Signore, se lui tutto vede e tutto conosce.

La risposta è insita nella nostra natura umana, corrotta dal peccato: dobbiamo colmare con la preghiera quella distanza che noi, colpevolmente, abbiamo stabilito dal nostro Padre celeste, lasciando la casa paterna per vagare nell’illusione della libertà, sperperando tutti i nostri beni più preziosi.

Nel dialogo possiamo stabilire la comunione, nell’umiltà della preghiera, possiamo manifestare a Lui le nostre debolezze e implorare la su forza.

Non possiamo dimenticare poi la nostra fragilità e il bisogno estremo di conoscere la volontà di Dio, e il suo piano di salvezza per tutti noi.

Noi, solo d’istinto aneliamo al bene, ma di fatto, non siamo capaci né di conoscerlo, né di amarlo.

Ecco allora che bisogna chiedere, cercare, bussare affinché il nostro cuore si riapra a Dio e il suo al nostro.

Così rinasce l’amore VICENDEVOLE, così riscopriamo il vero bene, così, pregando senza stancarci mai, impariamo a praticare l’arte sublime della preghiera.

L’approdo a cui la preghiera ci conduce è la consapevole certezza di essere amati e di essere capaci di amare come Dio vuole.

È scoprire di essere suoi figli, di essere fratelli, di dover seguire le sue vie, di essere finalmente capaci di comprendere i valori della vita presente e quelli della vita futura.

Tutto ciò ci fa rientrare in sintonia con il nostro Padre celeste, con i nostri simili, con noi stessi, imparando a vivere umilmente la vita, senza lasciarci soffocare dagli affanni e dalle eccessive preoccupazioni.

Solo così impariamo ad elevarci e a varcare la soglia del tempo, divenendo cittadini del cielo ed eredi dei beni di Dio.

E questa è certamente, Fratelli e Sorelle, la più grande conquista che possiamo realizzare con la nostra fugace esistenza.

Ma abbiamo detto che non sappiamo pregare affatto e allora come fare per non ridurre la preghiera ad una lista della spesa, cui Dio, gentilmente, dovrebbe adeguarsi?

Seguiamo allora come sempre Gesù Maestro di Preghiera, che inizia una splendida catechesi sulla stessa e sul modo di pregare del discepolo.

Innanzitutto essa deve avere una caratteristica ben precisa: L’INSISTENZA.

A volte, è difficile avere perseveranza nella preghiera perché ci è difficile credere che Dio veramente ci ascolterà e risponderà.

Certamente, se io sono convinto che Dio ascolterà la mia preghiera e mi esaudirà, sono molto più stimolato a pregare con perseveranza di quanto lo sarei se non sono sicuro che Dio mi ascolti.

Ma ciò che ci è difficile comprendere, ma anche accettare che Dio veramente ascolta ed esaudisce la preghiera, SOLO SE è fatta SECONDO LA SUA VOLONTÀ.

E Gesù, che legge nei nostri cuori, ci viene incontro e ci comanda di pregare con perseveranza, assicurandoci che Dio risponderà a quelle preghiere.

Subito allora il nostro pensiero corre alla vedova che pregava con insistenza il giudice malvagio.

Innanzitutto qui occorre preliminarmente fare attenzione bene. Infatti, nella parabola il giudice iniquo (Lc 18,1-8) non è Dio ma il mondo che non fa giustizia ai discepoli:

  • “18 Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: 2 «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. 3 In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. 4 Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, 5 poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». 6 E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. 7 E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? 8 Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».”

L’INSISTENZA È ESSENZIALE. Per carattere l’uomo ha una vita di preghiera altalenante: infatti si rivolge a Dio solo quando ha bisogno, in caso di necessità, e nella stragrande maggioranza del tempo che avanza non pensa proprio mai a Dio.

La preghiera, invece, deve essere un atteggiamento continuo, dell’anima, del cuore che guarda verso Dio.

Ma, e questa è la grande lezione che ci dà il Signore, CI RIVOLGIAMO AD UN PADRE, NON AD UN TIRANNO.

EGLI è un Padre che sa bene di cosa abbiamo bisogno e che non si sognerebbe mai di dare una serpe ad un figlio che gli chiede un uovo.

E la paternità di Dio supera immensamente quella umana, che è limitata ed imperfetta:

  • «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo…!» (Lc 11,13).

Ma allora perché chiedere, se Dio sa?

Per il semplice motivo che il farlo apre il nostro cuore all’umiltà, alla creaturalità, alla figliolanza e al desiderio di ricevere ciò che chiediamo.

Il beato frate Gil d’Assisi, compagno di san Francesco, sintetizza l’idea di questo Vangelo dicendo:

  • «Prega con fedeltà e devozione, perché una grazia che Dio non ti ha concesso una volta, te la può dare in un altro momento. Metti da parte tua umilmente tutta la mente in Dio e Dio metterà in te la sua grazia, secondo la sua compiacenza».

Papa Francesco, nell’ANGELUS Domenica, 24 luglio 2016, ha detto:

  • “L’insegnamento di Gesù sulla preghiera prosegue con due parabole, con le quali Egli prende a modello l’atteggiamento di un amico nei confronti di un altro amico e quello di un padre nei confronti di suo figlio. Entrambe ci vogliono insegnare ad avere piena fiducia in Dio, che è Padre. Egli conosce meglio di noi stessi le nostre necessità, ma vuole che gliele presentiamo con audacia e con insistenza, perché questo è il nostro modo di partecipare alla sua opera di salvezza. La preghiera è il primo e principale “strumento di lavoro” nelle nostre mani! Insistere con Dio non serve a convincerlo, ma a irrobustire la nostra fede e la nostra pazienza, cioè la nostra capacità di lottare insieme a Dio per le cose davvero importanti e necessarie. Nella preghiera siamo in due: Dio ed io a lottare insieme per le cose importanti”.

Fratelli e Sorelle, abbiamo visto che la preghiera non esprime solo un bisogno.

Non è l’urlo nel vuoto di chi è disperato. O meglio, potrà anche essere un urlo, un grido, ma è sempre un urlo e un grido verso Qualcuno.

E questo Qualcuno non è il “motore immobile” dell’universo come diceva Aristotele. Il nostro Dio non è un Dio “fermo”, impassibile che incassa le nostre grida e le nostre preghiere rimanendo indifferente.

Ma anche se pensassimo solo questo del nostro Dio, dovremmo per lo meno fare il ragionamento che Gesù fa nel Vangelo di oggi:

  • “Vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono”.

Ciò significa che anche l’idea sbagliata per cui a Dio non importa niente di noi non deve farci desistere dal pregare, perché, anche solo per toglierci di torno, alla fine ci ascolterebbe.

Ma la verità è un’altra. Dio non è impassibile, perché ama. È un Dio che sta dalla nostra parte, non sta fermo, immobile e immoto. Per questo quando preghiamo dobbiamo farlo con fiducia “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”.

Ha detto una santa spagnola dottore della Chiesa e maestra di preghiera Teresa d’Avila:

  • “L’orazione, a mio parere, non è altro che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si trattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati.”

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!