06.06.2023 MARTEDI’ 9 SETTIMANA PA – MARCO 12,13-17 “Perché volete mettermi alla prova?”
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG
Dal Vangelo secondo MARCO 12,13-17
+ In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero «Di Cesare». Gesù disse loro «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui. Parola del Signore
Mediti…AMO
Nel Vangelo odierno Gesù, alla domanda insidiosa dei farisei, dà una risposta semplice e complessa insieme, che si può spiegare in molti modi.
L’odio nei confronti di Gesù è riuscito a mettere insieme due partiti inconciliabili: i farisei, che conosciamo per la loro rigidezza nell’applicare le norme religiose, e gli erodiani, che, come il re cui si ispiravano, utilizzava la religione per fini politici.
L’obiettivo è uno solo: mettere in difficoltà il Maestro di Nazareth.
Gli erodiani, alleati dell’invasore romano, consideravano giusto pagare le tasse a Roma.
I farisei lo consideravano un sopruso.
“È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?”. La domanda è tendenziosa perché, come precisa l’evangelista, i farisei e gli erodiani cercano di “…coglierlo in fallo nel discorso”, per poterlo poi accusare.
Ma il Signore non fugge, accetta e vince il confronto da vero maestro, qual è.
Comunque la trappola tesa a Gesù è ben congegnata, tanto che essi secondo lo schema che segue, pensavano di averlo ormai in pugno. Pensavano infatti:
- si dimostrerà simpatizzante dei romani?
- si dimostrerà un anarchico disobbediente?
Ma così non accade. E, secondo il suo solito, Gesù ricorre ad un esempio concreto per dare un supporto visivo a quello che intende insegnare (Ger 19,1-10 e 27,2 e Ez 4).
Dice loro «…portatemi un denaro: voglio vederlo».
Il denaro era una moneta romana d’argento che corrispondeva alla paga giornaliera di un lavoratore.
Su questa moneta vi era impressa l’immagine dell’imperatore, che, a quel tempo, era Tiberio, che recava:
- sul retto l’iscrizione “Tiberio Cesare, Augusto, figlio del divino Augusto”
- e sul verso “Sommo Sacerdote – Pontifex Maximus”, cioè il supremo mediatore tra gli uomini e gli dei.
Una simile pretesa suonava come un abominio agli occhi degli ebrei.
Tuttavia, chiedendo loro la moneta, Gesù li costringeva a riflettere sul fatto che, portando le monete su di sé all’interno del recinto del Tempio, riconoscevano l’autorità di chi le emetteva e la cui immagine vi era chiaramente impressa.
Secondo la concezione diffusa a quel tempo la moneta apparteneva a colui che vi imprimeva la sua immagine.
Il tributo era perciò la modalità legittima con cui si riconosceva concretamente il suo governo.
Si trattava in questo modo di “restituire” all’autorità quello che l’autorità esercitava legittimamente come servizio.
L’uomo, tutto l’uomo ed ogni uomo, appartiene invece a Dio, perché ne è l’immagine «Dio creò l’uomo a sua immagine» (Gen 1,27).
Lo Stato pretende un pezzo di metallo, mentre Dio pretende dall’uomo tutto il suo essere: «amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» (Mc 12,30).
Ma c’è un fatto nuovo. Il Signore inserisce nella risposta un elemento nuovo, non previsto nella domanda dei farisei, ai quali interessava solo sapere se era lecito pagare il tributo: GESÙ CHIEDE DI “DARE A DIO” QUELLO CHE A APPARTIENE DIO.
Ecco allora perchè Gesù chiede di pagare le tasse restituendo la moneta al legittimo proprietario di cui la moneta riporta appunto il ritratto… ma severamente, com’è al suo solito, ammonisce: non giochiamo con Dio, ma nemmeno con Cesare.
Il Signore mette così in evidenza la loro incoerenza, dicendo “…se accettate l’immagine di Cesare per la vostra vita, per coerenza dovete rendere a Cesare quel che è di Cesare“.
E aggiunge “…e date a Dio quel che è di Dio“, che è la cosa fondamentale, ma non esclude l’altra.
Ma c’è anche da dire che i Farisei e gli Erodiani, pur nella loro ipocrisia, ci danno una bella immagine di Gesù: È VERITIERO, NON SI FA INTIMIDIRE DA NESSUNO, FOSSE LA MASSIMA AUTORITÀ, INSEGNA LA VIA DI DIO SECONDO VERITÀ.
È a loro, prima di tutto, che Gesù dice di “…restituire a Dio quel che è di Dio”.
E ciò di cui si sono appropriati e che tengono sottomesso è il popolo stesso di Dio.
È in funzione dei loro interessi che essi guidano la gente, imponendo regole e pesi.
In realtà nella vita ci sono situazioni non del tutto logiche, ma anche in esse i cristiani devono contribuire al bene dello stato in modo disinteressato, anche quando sono perseguitati, per partecipare alla bontà di Dio.
San Pietro scrive nella sua prima lettera “…state sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore“, e aggiunge “…comportatevi come uomini liberi… come servitori di Dio“.
LA COERENZA DELLA CHIESA NON CONSISTE NELL’ACCETTARE TUTTO, MA SOLO A CIÒ CHE CONTRIBUISCE AL BENE.
Non ci è affatto lecito “fuggire il mondo”, come gravemente ci ammonisce il Concilio Ecumenico Vaticano II:
- «Il distacco, che si constata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo… Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna» (Gaudium et spes, 43).
E lo fa anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n.2242, ove dice:
- «Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo».
Certo, è una vita travagliata, che si accetta con spirito evangelico per contribuire positivamente alla vita del paese, con il coraggio di aderire o di rifiutare le situazioni a seconda che rispondano o no al vero bene dell’uomo.
Fratelli e Sorelle, non è possibile perciò mettere sullo stesso piano come due soggetti concorrenti, Dio e lo Stato.
Il primato di Dio non può essere in alcun modo confuso con il potere attribuito a Cesare né può essere limitato da quello.
Ogni esperienza religiosa è fondata sulla certezza che Dio viene prima di ogni altra cosa.
È questa la certezza che orienta l’esperienza di Israele, come appare in queste parole della prima alleanza “il Signore Dio nostro è l’unico Signore” (Dt 6,5).
Il nostro impegno sociale e politico scaturisce dal riconoscere che tutto viene da Dio e deve essere subordinato a Lui.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!