06.02.2024 MARTEDI’ 5’ SETTIMANA P.A.  B  SAN PAOLO MIKI E COMPAGNI– MARCO 7,1-13 “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MARCO 7,1-13

+ In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Nato a Kyoto nel 1556 in una famiglia benestante e battezzato a cinque anni, Paolo Miki entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il primo religioso cattolico giapponese.

Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddhisti. Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio.

Paolo Miki vive anni fecondi, percorrendo continuamente il Paese.

Nel 1582-84 c’è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi.

Con l’aggravarsi della persecuzione contro i cristiani, otto tra sacerdoti e religiosi della Compagnia di Gesù e dell’Ordine dei Frati Minori, missionari europei o nati in Giappone, e diciassette laici, arrestati, subirono gravi ingiurie e furono condannati a morte.

Tutti insieme, anche i ragazzi, furono messi in croce in quanto cristiani, lieti che fosse stato loro concesso di morire allo stesso modo di Cristo.

Ma proprio Hideyoshi capovolge la politica verso i cristiani, diventando da tollerante a persecutore.

Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, Paolo Miki trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di San Francesco.

E insieme a tutti loro viene crocifisso su un’altura presso Nagasaki.

Paolo Miki dopo essere stato condannato con gli altri, scrisse a un superiore della Compagnia di Gesù con semplicità: “Siamo stati condannati alla crocifissione, ma non preoccupatevi per noi che siamo molto consolati nel Signore. bbiamo un solo desiderio, ed è che prima di arrivare a Nagasaki possiamo incontrare un Padre della Compagnia per confessarci, partecipare alla messa e ricevere l’Eucaristia. È il nostro unico desiderio“.

Vediamo in questo la gioia della speranza fondata sulla fede che è feconda di frutti di carità.

Evidentemente soltanto la fede era fondamento della loro grande gioia, che dimostrarono anche sulla croce.

Essere crocifissi con Cristo era per loro grande onore perché credevano con tutta l’anima che Cristo si era dato per loro e per la loro salvezza “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me“.

La croce appare alla fede come il sommo dell’amore di Cristo e dell’amore che noi possiamo dare a lui.

In questa fede essi erano pieni di speranza e di gioia.

La loro speranza era non la ricompensa, ma il martirio: speravano che Gesù li avrebbe sostenuti fino alla morte e avrebbe permesso loro di offrire la vita con un amore senza limiti.

Il pensiero di imitarlo dando la vita per gli altri era fonte di grande esultanza.

Per commentare il loro martirio si potrebbero prendere le parole della lettera di Pietro: “Rendete conto della speranza che è in voi con dolcezza e rispetto“.

Dall’alto della sua croce Paolo Miki continuava a predicare Cristo e a testimoniare la sua speranza. Diceva ai presenti: “Io sono giapponese come voi, non sono uno straniero ed è a causa della mia fede in Cristo che sono condannato. Nella situazione estrema in cui mi trovo potete credere alla mia sincerità. Non ho nessuna voglia di ingannarvi e vi dichiaro che non c’è via di salvezza se non nella fede in Cristo“.

E continuava, manifestando che la fede e la speranza gli riempivano il cuore di intensa carità: “Cristo vuole che perdoniamo a chi ci fa del male e preghiamo per loro. Io dunque perdono a tutti quelli che hanno contribuito alla nostra morte e auguro loro di convertirsi, perché anch’essi si salvino“.

E anche tutti i suoi compagni sorridevano e cantavano preghiere dall’alto della croce.

Possiamo pensare che talvolta è più difficile essere gioiosi nelle circostanze ordinarie della vita che in quelle straordinarie, nelle quali la grazia sostiene in maniera speciale.

Ma abbiamo altri esempi a illuminare la vita quotidiana. E’ a proposito della sua vita quotidiana che san Paolo dice: “Sono crocifisso con Cristo e non son più io che vivo, ma Cristo vive in me“.

La croce di Cristo illuminava le sue numerose, e niente affatto gloriose, difficoltà di ogni giorno: egli stesso parla di tribolazioni umilianti.

Ma nella fede egli ne vedeva il senso di profonda unione a Gesù, ed era lieto nella speranza, paziente nella tribolazione e insegnava questa via di gioia ai cristiani.

Prima di morire, tiene l’ultima predica, invitando tutti a seguire la fede in Cristo; e dà il suo perdono ai carnefici. Andando al supplizio, ripete le parole di Gesù in croce: “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum“.

Proprio così le dice: in quel latino che da giovane studiava con tanta fatica. Nel 1862, papa Pio IX lo proclamerà santo.

Nell’anno 1846, a Verona, un seminarista quindicenne legge il racconto di questo supplizio e ne riceve la prima forte spinta alla vita missionaria: è Daniele Comboni, futuro apostolo della “Nigrizia”, alla quale dedicherà vita e morte, tre secoli dopo san Paolo Miki.

Ma veniamo al testo odierno.

I farisei cercavano di vivere con grande scrupolo ogni piccola norma della Legge scritta e di quella orale.

Ed erano convinti che, solo nell’obbedienza ai comandamenti, potevano essere graditi a Dio.

Ma così facendo ne conseguiva che la salvezza, diventava un premio riservato solo a coloro che rispettavano tutti i comandamenti del Signore e, perciò, escludeva la stragrande maggioranza del popolo, preoccupato a mettere insieme di che sfamarsi.

Ma Gesù vive con intelligenza ed equilibrio le norme, distinguendo quelle che provengono da Dio, DA QUELLE CHE SONO FRUTTO DELL’ABITUDINE E DELLA TRADIZIONE UMANA.

Il Signore, certamente, non mette in discussione i capisaldi della fede di Israele, ma contesta il buon senso di tutte quelle minuziose prescrizioni che rendevano invivibile la vita del credente.

Infatti la Tradizione degli Antichi trasmetteva le norme che dovevano essere osservate dalla gente per avere la purezza voluta dalla legge.

L’osservanza della legge era un aspetto molto serio per la gente di quel tempo, la quale credeva che, una persona impura, non potesse ricevere la benedizione promessa da Dio ad Abramo.

E quelle norme sulla purezza, insegnate per aprire il cammino fino a Dio, fonte di pace, in realtà, costituivano una schiavitù.

E, per i poveri, era praticamente impossibile osservare le centinaia di norme, di tradizioni e di leggi. Per questo erano considerati persone ignoranti e maledette che non conoscevano la legge (Gv 7,49).

Oltre seicento precetti e relative interpretazioni che avevano fatto diventare una legge data per la libertà, in UNA TERRIBILE OPPRESSIONE, santa, ma pur sempre oppressione.

Di conseguenza il Signore contesta duramente la Legge orale, e tutti quegli infiniti precetti che, nei secoli, SI ERANO AGGIUNTI ALLE DIECI PAROLE DONATE SUL SINAI.

Che erano un Groviglio inestricabile e sconfortante di misure, di obblighi, di severe regole da rispettare per presentarsi davanti a Dio.

E riconduce all’essenziale ogni norma, sapendo bene che Dio l’ha voluta per il bene dell’uomo e per la sua maggiore libertà, NON PER FARNE UNA SOFFOCANTE PRIGIONIA SPIRITUALE.

E non manca nemmeno di sottolineare, il Signore, le storture e le contraddizioni di coloro che, allora come, oggi, ricorrono a mille furberie pur di ingannare gli altri.

Il cuore che piace a Dio è un cuore pulito che non scende al pettegolezzo, non riferisce critiche, e non partecipa a mormorazioni contro persone assenti.

Tutto questo, infatti, ci allontana dal cuore del Vangelo e quindi da Gesù.

Dice Padre Raniero Cantalamessa

  • Nel brano evangelico Gesù colpisce alla radice la tendenza di dare più importanza ai gesti e ai riti esteriori che alle disposizioni del cuore. Oggi però possiamo cogliere in quella pagina di Vangelo un insegnamento di ordine non solo individuale, ma anche sociale e collettivo. Ci indigniamo vedendo immagini di uccelli marini che escono dalle acque inquinate da chiazze di petrolio, ricoperti di catrame e incapaci di volare, ma non facciamo altrettanto per i nostri bambini precocemente viziati e spenti.”

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!