05 maggio 2024 DOMENICA 6’ DI PASQUA B – GIOVANNI 15,9-17 “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 15,9-17
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». Parola del Signore
Mediti…AMO
Continua la nostra lettura di Giovanni 15.
Durante la lettura del Vangelo, nel corso della celebrazione liturgica, è il Signore Gesù Cristo che parla ai suoi discepoli, e in questo contesto continua la sua opera di edificazione della comunità dei discepoli, chiamata a divenire nuovo santuario della presenza di Dio.
Questa comunità dovrà essere fondata sulla base del dono che Gesù fa di sé, come pane della vita (Gv 6,22-59), proprio dentro l’oscurità del tradimento e del rinnegamento che lacera la comunità stessa (Gv 13,21-30.36-38).
E, sempre in questo contesto, la lavanda dei piedi è gesto simbolico che anticipa il dono di sé mediante il quale Gesù unifica e purifica la sua comunità alla radice, fondandola sulla base permanente del suo gesto di servizio e di purificazione, “…perché come ho fatto io così facciate anche voi” (Gv 13,15).
E, in questo contesto ci dice che siamo tutti suoi amici, che gli apparteniamo attraverso la fede e attraverso il battesimo e lo ha chiarito rivelandoci il suo segreto e la sua missione di Figlio di Dio.
E all’interno di questa missione ha reso immediatamente percepibile che Dio, nella sua onnipotenza divina, ci ama tutti, e che, per mezzo di Gesù Cristo, ci fa entrare in quella comunione di amore che esiste fin dall’eternità tra lui e suo Figlio.
Ma riprendiamo il filo della lettura del capitolo 15 del quarto Evangelo.
Dopo aver esortato i suoi a rimanere in Lui come i tralci nella vite, Gesù lascia cadere le similitudini e giunge a ciò che giustifica in profondità il discorso simbolico della vite stessa, e cioè l’amore, di cui il Padre è la fonte.
In questo brano è importante la congiunzione kathos, il “come“, che seguito da kai esprime senso di generazione.
La stessa relazione che c’è tra il Padre e il Figlio si verifica anche tra il figlio e i discepoli e tra i discepoli gli uni per gli altri.
Al centro del discorso si evoca Cristo stesso che ha dato la vita per i suoi amici.
Infatti, siamo all’interno di un amore che significa “comunione delle volontà”, che significa restare unito al Padre, obbedendo ai suoi comandamenti.
Anche Gesù ha obbedito ai comandamenti del Padre.
Ed ecco allora che questo “come“, kathos, rende Gesù non solo il modello di questo tipo di permanenza, ma addirittura ne diviene la fonte vitale per coloro che hanno preso coscienza dell’importanza di questo dono divino.
Questi dovranno “…rimanere nel suo amore”.
E l’amore diventa lo spazio e la condizione obbligatoria, per restare Suoi discepoli, diviene la nuova modalità di relazione con il Risorto (Gv 15, 4-5) e sarà alla base della missione dei discepoli nel mondo, che dovrà essere basata sull’esperienza dell’amore.
Questa pagina evangelica si apre (v. 9) e si chiude (v. 17) proprio con un imperativo relativo all’amore:
- “…dimorate nel MIO amore…”
- “…questo IO vi comando: che vi amiate reciprocamente”.
Se nel versetto precedente ai discepoli era richiesto di rimanere in Gesù e nella sua parola (v. 7), ora lo stesso “rimanere” è messo in relazione alla nostra capacità di amare e all’amore di Gesù.
Ed è solo rimanendo nello spazio dell’amore offerto e ricevuto (Gv 13,34-35), che noi incontriamo Gesù e la sua parola “…perché non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”… (Gv 13,18).
Già… nel Suo Amore… ma che intende dire, visto che noi abbiamo e viviamo solo una pallidissima manifestazione di un amore, che non ha nulla di duraturo e che nemmeno lontanamente si avvicina ad una idea di perfezione.
Amare è una attività estremamente difficile, perché tutti siamo gravati da tre immense limitazioni:
- la precarietà,
- la fragilità umana,
- l’egoismo innato,
che condizionano terribilmente la nostra capacità di RELAZIONE, perché, certamente, noi non siamo capaci di lasciarci consumare nel fuoco dell’amore, spendendo la nostra esistenza per gli altri (1Gv 3,16ss).
Ecco allora che solo dimorando nella sfera dell’amore c’è salvezza e gioia. Quella stessa gioia che vivono nel cuore e sulla pelle …gli amati che amano, senza prevaricarsi, nella sfera di un amore puro.
San Paolo, nel bellissimo inno all’amore, afferma che:
- “…chi ama è paziente, non si adira, non invidia, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto scusa, tutto crede, non perde mai la speranza, tutto sopporta”.
Fratelli e Sorelle, siamo chiamati a camminare per la strada guardando il mondo, con simpatia e commozione, con quello stesso sguardo compassionevole che Gesù rivolge continuamente alla debolezza umana: ecco come deve funzionare la sequela del cristiano.
L’AMORE DEVE ESSERE UN ATTO GRATUITO, RICEVUTO NELLA RELAZIONE E GRATUITAMENTE DIFFUSO, NELLE RELAZIONI.
A tale scopo, illuminante esempio troviamo in ciò che narra San Francesco di Sales:
- “Uno dei più celebri musicisti del mondo, che suonava a perfezione il liuto, diventò in breve così gravemente sordo fino a perdere completamente l’udito; tuttavia continuò a cantare e a maneggiare con meravigliosa delicatezza il suo liuto. Ma non potendo provare alcun piacere nel suo canto e nel suo suono, perché, privo dell’udito, non ne sentiva la dolcezza e la bellezza, cantava e suonava unicamente per contentare un principe, a cui aveva sommo desiderio di piacere, poiché gli era obbligatissimo, essendo stato allevato in casa sua fin dalla giovinezza. Perciò aveva un’indicibile gioia di piacergli, e quando il principe gli dava segno di gradire il suo canto, era fuori di sé dalla contentezza”. L’amore è il fiore più sublime della creazione e il suo profumo è “rendere felice l’altro”.
Questo Evangelo, ci invita ad uno stile di vita che mette in pratica la volontà di Dio, fino a farci comportare come Dio, sforzandoci così di somigliargli, perché il Padre mette a disposizione del Figlio e dei figli la sua forza d’amare.
E solo chi ama conosce davvero Dio…
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!