05.11.2023 – DOMENICA XXXI P.A.  A – Matteo 23,12 “…sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei”

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo Matteo 23,12

+ In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “Rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “Rabbi”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il capitolo 23 si colloca subito dopo le controversie che Gesù aveva avuto a Gerusalemme.

I suoi avversari non osavano più interrogarlo, ma la macchina che avrebbe portato alla sua condanna a morte era ormai avviata ed era inarrestabile.

Il brano si pone al centro di una sezione che segna la definitiva frattura con il mondo del potere politico-religioso di Gerusalemme e, dopo una serie di eloquenti prese di posizione di Gesù tradottesi:

  • in gesti (cacciata dei mercanti dal tempio; maledizione del fico),
  • in confronti pubblici (sull’autorità di Gesù; il tributo a Cesare; la resurrezione dei morti; il comandamento più grande)
  • e in parabole (i due figli; i vignaioli omicidi; le nozze regali),

…oggi, in questo brano, si cambia registro.

Gesù è molto chiaro e, senza parabole e accorgimenti retorici, si rivolge in modo esplicito e diretto alle folle ed ai discepoli (nell’ordine, quasi un discorso della montagna al contrario, destinato a mettere in guardia tutti i cristiani dai pericoli più sottili della loro esperienza di fede).

E li avverte dell’ipocrisia degli scribi e dei farisei, avversari, non solo di Gesù, ma anche della prima comunità cristiana, che dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme dovette avere a che fare con loro e subire le loro critiche:

  • GLI SCRIBI erano una classe colta (si occupavano di documenti ufficiali e dunque sapevano leggere e scrivere in modo professionale ed avevano una buona conoscenza della giurisdizione e del contenuto dei documenti).
  • Spesso erano farisei e nel NT sono presentati come membri della dirigenza della comunità giudaica.
  • I FARISEI costituivano invece un movimento religioso in Palestina, dal II secolo a.C. al I secolo d.C., che aveva le caratteristiche di un gruppo politico e di una scuola filosofico-religiosa.

Matteo li presenta come avversari di Gesù e dei suoi discepoli; influenzarono il nascente movimento rabbinico, che dopo il 70 d.C., divenne la guida spirituale e politica di Israele.

La “cattedra di Mosè si riferisce al ruolo legittimo degli scribi, quali maestri della Legge e interpreti della volontà di Dio in essa contenuta, per cui vanno ASSOLUTAMENTE ascoltati, ma non bisogna imitarne le opere, contrarie al loro insegnamento.

C’è una cattedra del popolo di Dio, c’è un ministero, un servizio reso ai credenti, ossia il compito di proclamare la parola di Dio contenuta nella Torah data da Mosè a Israele nel deserto, dopo la liberazione dall’Egitto.

Il Dio che ha liberato il suo popolo dalla schiavitù ha anche dato al suo popolo la Torah, e con essa il compito e il dovere del suo insegnamento, affinché conoscesse la sua volontà e si venisse a creare dunque un popolo di testimoni capaci di proclamarla a tutte le genti.

Nel susseguirsi dei secoli, dopo Mosè, molti e diversi sono stati i maestri, dotati di un magistero per il popolo, ma quanti in quel momento storico (30 d.C.) erano i dirigenti e le guide religiose, abitualmente insegnavano in modo conforme alla tradizione, anche se, in molti di loro, non c’era coerenza di comportamento, perciò mancavano di autorità (exousía).

Predicavano ai fedeli ma in realtà non osservavano quanto dicevano.

Erano persone divise, che con le labbra dicevano una cosa ma con il cuore ne pensavano altre (Mt 15,8; Is 29,13).

Fare e osservare sono le espressioni con cui il popolo ha scelto il Signore, ha ripudiato gli idoli e ha sancito con lui l’alleanza:

  • Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo e lo ascolteremo” (Es 24,7), ovvero “lo comprenderemo nella misura in cui lo metteremo in pratica”.

Già nell’Antico testamento, il Profeta MALACHIA, nel libro omonimo, ai capitoli 1,14 2,8-10, parla di sacerdoti e dei leviti che prestano servizio nel tempio di Gerusalemme, restaurato di recente, dopo la lunga sospensione dalle celebrazioni liturgiche, a causa dell’intervento distruttore compiuto da Nabucodonosor 2’, nel 587 avanti Cristo.

Ma la ripresa delle celebrazioni rituali nel modesto santuario post-esilico verso il 515 – non esprime religiosità autentica e vissuta da parte dei ministranti- ritornati da Babilonia.

Nella casa del Signore i rimpatriati non vengono alimentati nella loro effettiva relazione con Dio, a causa della poca fede dei sacerdoti: essi non danno gloria a Dio.

Il profeta denuncia, a nome di Dio, le cause del vuoto religioso e teologale della classe sacerdotale post-esilica:

  • “Voi avete deviato dalla retta via e siete stati di inciampo a molti con il vostro insegnamento… non avete seguito le mie vie e avete usato parzialità nel vostro insegnamento!”

Malachia non denuncia idolatria nel culto del tempio, come prima dell’esilio aveva denunciato il profeta Ezechiele.

Tuttavia, la ritualità senza fede è offensiva della “gloria” divina, è pratica fuorviante e “insegnamento” scandaloso per il popolo.

Perché, se non c’è alleanza sincera con Dio – ossia relazione di fedeltà profonda con Dio, il culto si deforma, e l’insegnamento del sacerdote al popolo è svigorito e fuorviante.

Non fanno avvicinare a Dio e diventano pietra di inciampo al popolo col loro insegnamento distorto.

Ed essendo ipocriti, hanno ridotto il culto ad un vano rituale solo esteriore, hanno praticato un culto che non hanno preso a cuore, hanno manipolato la legge per interessi personali.

E QUESTO NON PORTA ALLA SALVEZZA!

Ma si faccia attenzione.

Gesù non fa di tutta l’erba un fascio, e non si scaglia contro tutti i farisei, tutti i sacerdoti, tutti i maestri, ma SOLO contro coloro che in quel preciso tempo dominavano, erano al comando; contro quelli che lo accuseranno, lo perseguiteranno e, dopo averlo condannato, lo consegneranno ai pagani E LO METTERANNO A MORTE.

Dunque, questi rimproveri non vanno applicati generalizzando, ma vanno ripetuti per noi cristiani, noi che nella chiesa svolgiamo una funzione e sovente siamo ritenuti “uomini e donne di Dio”, secondo il linguaggio corrente, affinché non cadiamo nello stesso errore.

Di seguito, Gesù menziona alcuni “status”, tanto amati -pur nelle diverse forme, nei secoli- perché utili a creare consenso.

Quelli che il Signore aveva chiesto come segni (’ot), diventati filatteri (tephillin, da tephillah, “preghiera”), anziché ricordare a chi li portava il Dio liberatore, finivano per essere sempre più vistosi perché gli altri li ammirassero (come quelli che tirano fuori dalle tasche in mezzo agli altri un rosario, per far vedere di essere uomini o donne di preghiera).

In particolare, vediamo, alcuni testi veterotestamentari di riferimento:

  • Esodo 13,9: Sarà per te segno sulla tua mano e ricordo fra i tuoi occhi, perché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente, infatti, il Signore ti ha fatto uscire dall’Egitto.
  • Esodo 13,16: Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento fra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall’Egitto».
  • Deuteronomio 6,8: Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi
  • Deuteronomio 11,18: Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi;

Non solo, costoro allargavano anche le frange, cioè i fiocchi (tzitzit) nel loro mantello di preghiera, non per ricordarsi di Dio, ma per farsi ammirare come uomini di preghiera:

  • Numeri 15,37-41: 37 Il Signore aggiunse a Mosè: 38 «Parla agli Israeliti e ordina loro che si facciano, di generazione in generazione, fiocchi agli angoli delle loro vesti e che mettano al fiocco di ogni angolo un cordone di porpora viola. 39 Avrete tali fiocchi e, quando li guarderete, vi ricorderete di tutti i comandi del Signore per metterli in pratica; non andrete vagando dietro il vostro cuore e i vostri occhi, seguendo i quali vi prostituite. 40 Così vi ricorderete di tutti i miei comandi, li metterete in pratica e sarete santi per il vostro Dio. 41 Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatti uscire dal paese di Egitto per essere il vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio».

È la perversione di strumenti dati da Dio per confermare la fede e l’ascolto la sua parola e invece divenuti, attraverso un meccanismo perfido, strumenti per ricevere applausi e onori!

E così ecco la conseguenza: “Amano i posti d’onore nei banchetti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati ‘maestri’ dalla gente”.

Quando si esercita l’autorità, si è facilmente preda di queste tentazioni: si è ossessionati dalle vesti, si è abbigliati come quelli che stanno nei palazzi del potere, e magari si afferma di comportarsi così solo per dare gloria a Dio e prestigio alla chiesa, professando una falsa umiltà:

  • Matteo 11,8: Che cosa, dunque, siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re!
  • Luca 7,25: E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re.

Ma è bellissimo l’atteggiamento del Nostro Signore, che vediamo, nel Vangelo, che si mostra sempre premuroso verso ciò che è malato, ferito, fragile, debole.

Allo stesso modo del vasaio che, se il vaso non è riuscito bene, non butta via l’argilla, ma la rimette sul tornio e la riplasma e la lavora di nuovo.

Gesù è sempre premuroso, e BUON PASTORE, che si carica sulle spalle la pecora che si era perduta, per alleggerire la sua fatica, e perché il suo ritorno all’ovile, sia facile.

Il Maestro eterno è sempre attento alle fragilità, come al pozzo di Sicar, quando offre acqua viva alla samaritana, dai molti amori, e dalla grande sete.

Gesù non si scaglia mai contro la debolezza dei piccoli, ma SEMPRE, contro l’ipocrisia dei potenti, quelli che redigono leggi sempre più severe PER GLI ALTRI, mentre loro non le toccano neppure con un dito.

Anzi, più sono inflessibili e rigidi con gli altri, più si sentono fedeli e giusti.

Saggiamente scriveva William Shakespeare «…diffida dell’uomo rigido, è un traditore».

La domanda che voglio rivolgere a ognuno di NOI, in chiusura, è questa: che cosa significa essere cristiano?

Nel Vangelo di oggi, Cristo svela la falsità della religiosità dei farisei servendosi dell’esempio dei sacerdoti dell’Antico Testamento: “Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo; ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”.

Mi viene da pensare ai genitori e agli educatori: non basta parlare o insegnare, bisogna dare il buon esempio.

Quante volte un padre alcolizzato, una madre negligente o degli educatori poco adatti avviano i bambini alla menzogna?

Quello che dovrebbe essere il comportamento del vero cristiano appare nell’insegnamento di san Paolo ai Tessalonicesi.

Chiamato da Cristo sulla via di Damasco, san Paolo scoprì, per un’improvvisa folgorazione, tutto il mistero di Cristo e capì che l’essere cristiano consiste nello spirito di apostolato.

Egli stesso, pieno dello Spirito di Cristo risorto, lo trasmise agli altri.

Essere cristiani vuol dire questo: NON TANTO RISPETTARE CIECAMENTE DELLE FORMULE O DEI PRECETTI, MA DONARE CRISTO AGLI ALTRI, MEDIANTE UNA VITA CRISTIANA ONESTA, PERCHÉ, GRAZIE ALL’APOSTOLATO DELLA PREGHIERA, DELLA SOFFERENZA E DELLE OPERE, IL CRISTIANO POSSA DIVENIRE UNA FORZA VIVENTE DEL VANGELO DI CRISTO.

Questo è l’insegnamento di Gesù ed è così che deve vivere chi vuole essere cristiano.

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!