05.03.2022 – SABATO DOPO LE CENERI – LUCA 5,27-32 “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo LUCA 5,27-32
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». Parola del Signore
Mediti…AMO
La liturgia della Parola di oggi disegna il volto misericordioso di Dio.
Durante i quaranta giorni che ci separano dalla Pasqua del Signore, siamo chiamati a mettere al centro la nostra Fede, certamente da consolidare, purificandola e testimoniandola.
E il vangelo di oggi ci soccorre mostrandoci che, la Fede non è anzitutto credere ad una dottrina da mandare a memoria.
MA INCONTRARE UNA PERSONA che, discesa dal cielo, ci viene incontro e ci invita a seguirlo.
Una PERSONA, che ci ha raccontato ciò che ha visto presso Dio e ciò che ha sentito da Dio.
CREDERE, allora, SIGNIFICA FIDARSI DI LUI: GESU’ CRISTO!
Egli è credibile perché vive ciò che dice, perché parla di Dio in maniera nuova, perché è autorevole.
Conoscerlo significa quindi entrare in rapporto con Lui per conoscere il Padre e ricevere il dono dello Spirito Santo che ce lo rende accessibile.
Tenendo sempre a mente che l’iniziativa parte sempre da Dio: è lui che ci viene incontro e ci invita, senza condizioni, senza pregiudiziali.
Levi il pubblicano è la persona più lontana dalla Fede che si possa immaginare MA GESÙ NON SE NE PREOCCUPA.
Vede in Levi il Matteo che può diventare, non ha paura di osare.
E questo vale anche per noi. Se lo lasciamo entrare nel nostro cuore, nella nostra mente, neppure gli idoli che ci hanno tenuti legati “al banco delle imposte” riusciranno a frenare la nostra nuova vita che con quel “seguimi” travolge ogni cosa!
Il Signore ci fa nuovi. Ecco il nostro cammino quaresimale: lasciarci incontrare da Gesù per essere autentici cristiani.
Lasciamoci incontrare, allora, non abbiamo paura della nostra fragilità e delle nostre malattie interiori perché il Signore viene apposta per quelli come noi…
E alla chiamata di Gesù, Levi “lasciando tutto, si alzò e lo seguì“. Ha incontrato lo sguardo del Signore e si è perso in Lui. E il centro della scena della vita di Levi è diventato SOLO IL CRISTO! Lui, da quel momento diventa la causa, il senso, e l’orizzonte del suo agire.
Con queste parole, il vangelo mette bene in evidenza le caratteristiche di questa vocazione speciale ad essere apostolo di Gesù:
- a) lasciare tutto, confidando solo nella provvidenza divina;
- b) alzarsi, cioè non rimanere nella situazione precedente, ma accettare di vivere una nuova realtà;
- c) seguire Gesù, accogliendo il suo messaggio di salvezza, poi realizzarlo nella propria vita e diffonderlo presso le altre persone.
Levi diventa dunque esempio per ogni vocazione cristiana, che si realizza, prendendo alla lettera la Parola di Dio.
Egli condusse Gesù e il suo seguito a casa sua, dove tutti i doganieri che erano addetti a quell’ufficio ed un gran numero di sorveglianti e di altri simili “peccatori” pranzavano.
La casa di Matteo era grande e nello stesso tempo, la storia ci dice che era anche un’osteria nella quale gli ebrei potevano ricevere qualcosa da mangiare e da bere (pagando), mentre i doganieri, i sorveglianti ed i “peccatori” avevano il vitto gratuito, poiché essi tenevano in appalto dai romani il servizio per la riscossione dei tributi e dei dazi.
I doganieri si affrettarono ad invitare Gesù a tavola, ed ai Suoi discepoli ed anche ai farisei e agli scribi fu distribuito pane e vino in quantità.
Però se i discepoli erano di buon umore non così può dirsi dei farisei e degli scribi che erano venuti con loro, i quali non potevano dissimulare la loro rabbia per non essere stati anch’essi invitati a tavola.
Vediamo che Gesù mangia con Matteo e i suoi amici, che sono pubblicani, perché esercitavano quella professione di esattori delle tasse considerata (allora e a ragione) come professione poco diversa da quella del ladro (ci dice Marco 2,14-15).
Per intendere il senso di questo gesto occorre richiamare il valore del pasto comune nella tradizione culturale e religiosa ebraica: ESSO È UN SEGNO DI PACE, DI COMUNIONE, DI AMICIZIA.
Non solo la prima alleanza del popolo d’Israele con il suo Dio presso il Sinai s’era conclusa con un banchetto alla sua presenza (vedi Esodo 24,11), ma anche la grande festa finale, quella del giorno in cui il Messia verrà in mezzo al suo popolo, è descritta dai profeti come un banchetto, ci dice Isaia al capitolo 25,6-8:
- “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coperta che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto”.
Ma io credo fermamente che il Signore non solo mangia con Levi, ma mangia anche con me, e mi assicura che il principio della salvezza non sta nei miei digiuni per lui, bensì nel suo mangiare con me.
Egli ci guarisce fermandosi con noi: la sua vicinanza è la medicina, in essa c’è un flusso di vita che mi consegna al suo Amore e alla sua sequela, fatta oltreché di testimonianza, anche di feste, sogni e di comunione.
- “Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”, dice Gesù.
E io mi chiedo. Ma qual è il merito dei peccatori? Qual è il mio merito? NESSUNO.
Perché noi siamo coloro che non ce la fanno, che non sono all’altezza, ma abbiamo scoperto un Dio che si è fermato a guardarci: ECCO LA GRANDEZZA DI UN DIO CHE NON SI MERITA, MA SI ACCOGLIE.
E chiudo questa meditazione, ricordando la mia miseria estrema, ma anche l ’autentica natura della Chiesa: che non è composta da una comunità di persone chiamate da Dio PERCHÉ SONO BUONE E PERFETTE, ma è una comunità dei peccatori.
Di persone che hanno bisogno di perdono -COME ME- e che, riconoscendolo, lo cercano e lo ottengono dalla Misericordia del Signore.
In questo senso la debolezza e i peccati dei cristiani non sono incompatibili con la Santità di Dio, dimostrando, al contrario, che Egli è pienamente presente nella loro vita come Colui che perdona…
Matteo lo ha sperimentato. Segue Gesù, mangia con Lui, dando inizio alla più bella avventura della sua vita: perché in Gesù incontra l’eterna misericordia di Dio.
Da questo evento evangelico, anche la speranza abita nel mio povero vecchio cuore di peccatore, perché sono sicuro che un giorno il Signore passerà anche davanti al tavolo DELLA MIA MISERIA E DELLA MIA MESCHINITA’ e mi dirà “…povero mio vecchio diacono, alzati! Vieni e seguimi!”.
Ed anche io, per la Sua Misericordia, spero così di entrare “…in quella domenica senza tramonto, dove l’umanità intera entrerà nel riposo di Dio”, come cantiamo nel “Prefazio X, delle domeniche del tempo ordinario”.
Papa Benedetto XVI nell’Udienza generale del 16 agosto 2006, ha detto:
- Matteo si alzò e lo seguì! In questo “alzarsi” è legittimo leggere il distacco da una situazione di peccato ed insieme l’adesione consapevole a un’esistenza nuova, retta, nella comunione con Gesù.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!