04.10.2023 – MERCOLEDI’ SAN FRANCESCO DI ASSISI – MATTEO  11,25-30 “Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo MATTEO  11,25-30

del Signore

Mediti…AMO

Figlio di un mercante,  Pietro di Bernardone dei Moriconi, e della nobildonna Pica Bourlemont, provenzale.

Da giovane aspirava a entrare nella cerchia della piccola nobiltà cittadina, ecco perché cercò la gloria tramite le imprese militari, finché comprese di dover servire solo il Signore.

Si diede quindi a una vita di penitenza e solitudine in totale povertà, dopo aver abbandonato la famiglia e i beni terreni.

Nel 1209, in seguito a un’ulteriore ispirazione, iniziò a predicare il Vangelo nelle città, mentre si univano a lui i primi discepoli.

Accolse poi la giovane Chiara che diede inizio al Secondo Ordine francescano, e fondò un Terzo Ordine per quanti desideravano vivere da penitenti, con regole adatte per i laici.

Morì la sera del 3 ottobre del 1226 presso la chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi.

È stato canonizzato da papa Gregorio IX il 16 luglio 1228. Papa Pio XII ha proclamato lui e santa Caterina da Siena Patroni Primari d’Italia il 18 giugno 1939.

I resti mortali di colui che è diventato noto come il “Poverello d’Assisi” sono venerati nella Basilica a lui dedicata ad Assisi, precisamente nella cripta della chiesa inferiore.

San Francesco ha veramente realizzato il Vangelo che la liturgia ci fa proclamare nella sua festa: ha ricevuto la rivelazione di Gesù con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera tutte le parole di Gesù.

E sta proprio in queste parole evangeliche il senso profondo di una personalità dove semplicità e totale abbandono in Dio coincidono.

Certa sapienza e dottrina di furbizia umana non conducono da nessuna parte, anzi, esse sono spesso pericolo di deviazione mortale.

Ascoltando il passo evangelico nel quale Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il regno, ha sentite rivolte a sé quelle parole, che diventarono la regola della sua vita.

Ed anche a quelli che lo seguirono egli non voleva dare altra regola se non le parole del Vangelo, perché per lui tutto era contenuto nel rapporto con Gesù, nel suo amore.

Le stimmate che ricevette verso la fine della sua vita sono proprio il segno di questo intensissimo rapporto che lo identificava con Cristo.

Francesco fu sempre piccolo, volle rimanere piccolo davanti a Dio e non accettò neppure il sacerdozio per rimanere un semplice fratello, il più piccolo di tutti, per amore del Signore.

Anche per noi il giogo del Signore sarà dolce, se lo riceviamo dalle sue mani.
Nella
Lettera ai Galati, Paolo di Tarso, ci dà la possibilità di capire meglio alcuni aspetti di questo giogo con due espressioni che sembrano contraddittorie ma sono complementari.

Ecco il giogo, che consiste nel caricarsi del peso degli altri, anche se farlo ci sembra duro.

FRATELLI E SORELLE, PRENDIAMO ALLORA ANCHE SU DI NOI IL GIOGO DI CRISTO, e carichiamoci dei pesi degli altri, evitando di rivolgere loro critiche e giudizi privi di misericordia, AFFINCHÉ POSSIAMO CONOSCERE MEGLIO IL FIGLIO DI DIO CHE È MORTO PER NOI, E IN LUI CONOSCERE IL PADRE CHE È NEI CIELI, CON LA STESSA GIOIA DI SAN FRANCESCO.

Ma vediamo un poco nel dettaglio alcune cose importanti sulla vita del “POVERELLO DI ASSISI”.

La prima Regola, presentata da Francesco nel 1221 per l’approvazione da Roma, è detta “NON BOLLATA”, perché non ricevette alcuna conferma da parte del Papa. IMa Francesco riuscì, con la collaborazione di frati esperti e della stessa curia romana, a scrivere una nuova REGOLA, che Onorio III approvava con la bolla “Solet annuere” del 29 novembre 1223, Regola bollata dell’Ordine dei Frati Minori, che regola a tutt’oggi la vita dei francescani.

Nel primo Capitolo Generale dei Frati Minori del 1217, Francesco divise il mondo da evangelizzare in “province”: tra le undici appare anche quella di Terra Santa, che comprendeva Costantinopoli e il suo impero, la Grecia e le sue isole, l’Asia Minore, Antiochia, la Siria, la Palestina, l’isola di Cipro, l’Egitto e tutto il resto del Levante.

Nel 1219, lo stesso Francesco volle visitare almeno una parte della Provincia di Terra Santa. Durante la sua presenza tra i Crociati, sotto le mura di Damietta, incontrò il Sultano d’Egitto, Melek-el-Kamel, nipote di Saladino il Grande.

Amore e fantasia in Francesco vanno sempre insieme, per il suo animo naturalmente poetico. Lo si evidenzia principalmente nel NATALE DEL 1223, in cui lo spirito poetico spinge Francesco a rappresentare l’evento storico dell’Incarnazione, che gli ricordava la discesa sulla terra dello stesso Dio, rivestito di umiltà povertà e innocenza, quasi a simboleggiare i tre voti della scelta esistenziale.

Rappresentazione che spiritualmente si può leggere anche come un ringraziamento per il dono ricevuto dell’approvazione della Regola dalla Chiesa, pochi giorni prima (29 novembre).

Così, nel bosco di Greccio, Francesco rievoca per la prima volta la rappresentazione natalizia: nasce il Presepe.

Della sua vita, forse, questo sembra l’“episodio più delicato e anche più ardito”, da cui prende inizio l’arte nuova della pedagogia “realistica”, sganciata dall’imperante simbolismo: la rievocazione dei fatti evangelici o la Bibbia dei poveri.

Ma il Natale non è disgiunto dalla Pasqua. Di conseguenza, il Natale rivissuto da Francesco non poteva non proiettarsi verso la Pasqua, che, per sé, è sempre preceduta dalla sofferenza della Croce. Così, senza saperlo, Francesco si prepara a ricevere il “sigillo” pasquale sul sasso della Verna. LE SUE RICHIESTE DI “SENTIRE NELL’ANIMA” LA CROCE, E DI PROVARE “NEL CUORE” LA GLORIA DELLA RISURREZIONE VENGONO INASPETTATAMENTE ASSECONDATE DAL CRISTO, CHE, PER LUI, INVENTA IL DONO DELLE STIMMATE.

E così, Francesco, dal 14 settembre 1224, divenne “un alter christus”. E Dante, il divin poeta immortala l’evento con la terzina: “nel crudo sasso intra tevere ed arno, da cristo prese l’ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarono” (Paradiso, xi, vv. 106-108).

Il termine “sigillo”, raffigurante “l’agnus dei”, secondo l’uso dei lanieri, garantiva l’autenticità della merce soltanto dopo il terzo o “ultimo sigillo”. Applicato a francesco voleva significare che, con le stimmate o “ultimo sigillo”, la sua santità non aveva bisogno di altra autenticazione.

Dopo l’episodio delle Stimmate, Francesco è certamente stanco e sofferente. Venne ospitato a San Damiano da Chiara e le sue Sorelle, dove compose il suo capolavoro Il Cantico delle creature o, meglio, Il Cantico del Creatore.

Gli ultimi due anni di Francesco furono certamente segnati con più profondità da “sorella sofferenza” sia per le Stimmate e sia per tutte le altre malattie del corpo. Nella primavera del 1226, mentre si trovava a Siena, sentendosi mancare, Francesco si fece trasportare ad Assisi, alla Porziuncola, per esalare l’ultimo respiro al tramonto del 3 ottobre 1226. Il suo corpo, dopo aver attraversato Assisi e sostato in San Damiano, venne sepolto nella chiesa di San Giorgio, da dove, nel 1230, la salma venne trasferita nell’attuale basilica, due anni dopo la sua canonizzazione da parte di Gregorio IX con la bolla “Mira circa nos” del 19 luglio 1228, fissando la festa liturgica al 4 ottobre.
Il secondo Ordine o Clarisse

Tutta Assisi parlava delle “bizzarie” del giovane Francesco, che viveva in povertà con i compagni laggiù nella pianura e che spesso saliva in città a predicare il Vangelo con il permesso del vescovo, augurando a tutti “pace e bene”.

Nella primavera del 1209 aveva predicato perfino nella cattedrale di San Rufino, dove nell’attigua piazza abitava la nobile famiglia degli Affreduccio, e, fra i fedeli che ascoltavano, c’era la giovanissima figlia Chiara.

Colpita dalle sue parole, prese ad innamorarsi del suo ideale di povertà evangelica e cominciò a contattarlo, accompagnata dall’amica Bona di Guelfuccio.

Nella notte seguente la domenica delle Palme del 1211, abbandonò di nascosto il suo palazzo e correndo al buio attraverso i campi, giunse fino alla Porziuncola, dove chiese a Francesco di dargli Dio, quel Dio che lui aveva trovato e col quale conviveva. Francesco, davanti all’altare della Vergine, le tagliò la bionda e lunga capigliatura (ancora oggi conservata) consacrandola al Signore.

Poi l’accompagnò al monastero delle benedettine a Bastia, per sottrarla all’ira dei parenti, i quali dopo un colloquio con Chiara che mostrò loro il capo senza capelli, si convinsero a lasciarla andare.

Francesco dettò per le “Povere donne recluse di San Damiano” una prima Regola di vita, nel 1215, sostituita da quella di Chiara, approvata il 9 agosto 1253 da Innocenzo IV.

Il secondo Ordine costituisce l’incarnazione al femminile dell’ideale francescano. 

Il terz’Ordine secolare (OFS)

Il Terz’ordine francescano, dal 1978 Ordine Secolare Francescano, è l’estensione dell’ideale francescano al mondo laicale. I primi laici francescani sono ritenuti i beati: Lucchese e Buonadonna da Poggibonsi, contemporanei del Fondatore.


Il Terzo Ordine Regolare (TOR)

In parallelo all’OFS, si sviluppa anche il Terzo Ordine Regolare (TOR), una forma comunitaria di vita di perfezione con la professione dei consigli evangelici e con un apostolato aperto a tutte le necessità esistenziali dell’uomo: dal servizio pastorale a quello assistenziale educativo e scientifico.

Franciscanum vitae propositum” (8 dicembre 1982) sancisce la Regola attuale.

GLI SCRITTI

Sembra uno scherzo della storia, il fatto che, Francesco d’Assisi, autodefinitosi “homo sine litteris”, venga celebrato anche fra i poeti e i maestri di spirito. L’afflato dell’arte, benché istintivo, echeggia nel linguaggio semplice scorrevole e carezzevole, di alcuni dei suoi Scritti, come la SALUTATIO VIRTUTUM (Il saluto alle virtù), il DE VIRTUTE EFFUGANTE VITIO (La virtù per allontanare il vizio), il CANTICO DELLE CREATURE, che esprimono un sicuro e indiscusso valore poetico e anche artistico.

Tutti gli Scritti, eccetto il Cantico delle creature, sono vergati in un latino parlato, abbastanza idoneo a esprimere sentimenti di natura spirituale e mistica nella loro delicata gamma espressiva.
Nel loro insieme, gli Scritti rivelano una forte carica emotiva, derivata dall’esperienza spirituale.

Per questo, lo stile denota un carattere meno razionale che emotivo, più rivolto all’aspetto immediato della verità rivelata che alla sua comprensione, più impegnato all’esaltazione di Dio presente nella natura che alla stessa realtà oggettiva.

La natura assurge a “segno” e “simbolo” della realtà divina, con la conseguenza che del mondo Francesco ha più una visione religiosa che scientifica, più mistica che reale.

San Francesco, scrive nella sua dolcissima “PREGHIERA SEMPLICE”, a lui attribuita:

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!