04.05.2023 GIOVEDI’ 4 SETTIMANA DI PASQUA – GIOVANNI 13,16-20 “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 13,16-20

+ Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”.

Gesù annuncia il suo prossimo tradimento citando un salmo, ma nessuno dei presenti capì il significato di quelle parole.

Era per loro era impossibile pensare che qualcuno degli Apostoli, proprio uno di quelli che mangiano alla stessa tavola, fosse pronto a tradire il Maestro.

Questa affermazione, che passa in questo brano, spesso inosservata, è tratta dal Salmo 41,9, che chiude il primo dei cinque libri in cui la tradizione ebraico-cristiana divide il libro dei Salmi.

Questo Salmo, a motivo dello stile e del lessico molto arcaico, è ritenuto concordemente dagli studiosi, uno dei testi più antichi della preghiera biblica.

Qualche commentatore, sulla base del famoso versetto 10: “Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno”, vede in questa preghiera IL LAMENTO DI DAVIDE DAVANTI ALLA RIBELLIONE E AL TRADIMENTO DEL FIGLIO ASSOLONNE (2 Sam.15,31).

Ma la stessa espressione, anche se non prettamente profetica, viene applicata da Gesù al tradimento di Giuda:

  • “Colui che mangia il mio pane, ha levato contro di me il suo calcagno” (Gv.13:18).

Si confronti, in questo caso, anche l’analogia con la morte di Giuda (2Sam.17,23 e Mt.27,5).

Il “calcagno alzato” descrive il tentativo o l’atto di una persona che ad un tratto o in una determinata situazione si rivolta contro il padrone o maestro o amico.

Applicandolo a Giuda mostra l’ingratitudine, nonché la doppiezza nei confronti di Gesù procedendo ipocritamente contro di Lui, e tradendolo nelle mani dei suoi nemici.

Il Vescovo di Ippona, Sant’Agostino dirà:

“Abbiamo ascoltato nel santo Vangelo le parole del Signore “In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è superiore a chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, beati sarete se le mettete in pratica” (Gv 13, 16-17). Disse questo perché, avendo lavato i piedi dei discepoli, SI ERA DIMOSTRATO MAESTRO DI UMILTÀ CON LA PAROLA E CON L’ESEMPIO.

Dopo aver detto dunque queste parole, il Signore aggiunse “Non parlo di tutti voi: io conosco quelli che ho eletti; ma si deve adempiere la Scrittura: Uno che mangia il pane con me, leverà il calcagno contro di me” (Gv 13,18).

Cioè: mi calpesterà. L’allusione era evidente: si riferiva a Giuda il traditore. Il Signore dunque non lo aveva eletto, dato che con questa dichiarazione lo distingue da quelli che aveva eletti. Dicendo “Beati voi se mettete in pratica queste cose; non parlo di tutti voi, implicitamente dice che c’è tra loro chi non è beato e che non metterà in pratica queste cose. Io conosco quelli che ho eletti”.

E chi sono costoro se non quelli che saranno beati col mettere in pratica quanto ha ordinato e confermato con l’esempio colui che può rendere gli uomini beati?

Giuda il traditore, egli dice, non è stato eletto. Come si spiega allora l’affermazione altrove riportata “Non vi ho io scelto tutti e dodici, eppure uno di voi è un diavolo” (Gv 6, 71)?

Oppure anch’egli è stato scelto per un compito per il quale era necessario, ma non per la beatitudine della quale egli dice “Beati voi se metterete in pratica queste cose?”

Questo non lo dice di tutti; egli infatti conosce quelli che ha eletti a partecipare a questa beatitudine.

Di essi non fa parte colui che mangiando il pane del Signore, ha levato contro di lui il suo calcagno.

Gli altri mangiavano il pane nutrendosi del Signore, Giuda mangiava il pane del Signore contro il Signore: quelli mangiavano la vita, questi la sua condanna.

Chi mangia indegnamente mangia la propria condanna” (1Cor 11,29).

Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, affinché, quando sarà accaduto, crediate che io sono” (Gv 13, 19); che, cioè, IO SONO colui del quale profetizzò la Scrittura, laddove dice “Uno che mangia il pane con me, leverà il calcagno contro di me”.

E prosegue “In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Gv 13,20).

Egli vuole forse farci intendere con queste parole che tra lui e quello che egli manda, c’è la medesima distanza che esiste tra lui e Dio Padre?

Se così intendiamo le sue parole, non so quanti gradini dovremo ammettere seguendo, Dio non voglia, gli ariani.

Essi infatti, ascoltando o leggendo queste parole del Vangelo, immediatamente si affrettano a fare quei gradini della loro dottrina, che certo non li conducono alla vita ma li precipitano nella morte.

Subito dicono: Benché il Figlio abbia detto “Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me”, tra l’apostolo del Figlio e il Figlio esiste la stessa distanza che c’è tra il Figlio e il Padre, quantunque egli abbia detto “Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”.

Ma se dici così, o eretico, hai dimenticato i tuoi gradini. Se infatti, basandoti su queste parole del Signore, tra il Figlio e il Padre poni la medesima distanza che poni tra l’apostolo e il Figlio, dove metterai lo Spirito Santo?

Hai dimenticato che siete soliti metterlo dopo il Figlio? Si verrà dunque a trovare tra l’apostolo e il Figlio; e allora il Figlio finirà col distare dall’apostolo molto più di quanto non dista dal Padre.

O forse, per mantenere la medesima distanza tra il Figlio e l’apostolo, e tra il Padre e il Figlio, dirai che lo Spirito Santo è uguale al Figlio? Ma questo non volete ammetterlo.

E allora, dove lo metterete, se tra il Figlio e il Padre voi ponete la medesima distanza che c’è tra l’apostolo e il Figlio?

Vogliate dunque reprimere questa vostra temeraria audacia, e smettetela di appoggiarvi su queste parole per sostenere che tra il Figlio e l’apostolo c’è la medesima distanza che esiste tra il Padre e il Figlio.

Ascoltate piuttosto quanto dice lo stesso Figlio “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30).

Con questa affermazione la Verità non vi lascia alcuna possibilità di pensare che ci sia distanza tra il Padre e l’Unigenito. Con questa affermazione Cristo elimina tutti i vostri gradini, la Pietra manda in frantumi le vostre scale gerarchiche.

[Il Padre e il Figlio sono della medesima natura.]

Ma ora che abbiamo respinto l’insinuazione degli eretici, in che senso dobbiamo intendere queste parole del Signore “Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me, e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato?

Se noi intendiamo le parole “Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” nel senso che il Padre e il Figlio sono della medesima natura, logicamente, dato il parallelismo delle due frasi, dovremo intendere anche le altre parole “chi accoglie colui che io manderò, accoglie me” nel senso che anche l’apostolo ha la stessa natura del Figlio.

È possibile anche questa interpretazione, e non è sconveniente, considerando che il “campione lieto di percorrere la sua via” (Sal 18,6) è in possesso dell’una e dell’altra natura, dato che il Verbo si è fatto carne (Gv 1,14), cioè Dio si è fatto uomo.

Si potrebbe quindi supporre che il Signore abbia detto “Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me” in quanto era uomo; e abbia detto “Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” in quanto era Dio.

Con queste parole non voleva richiamarsi all’unità di natura, ma piuttosto affermare l’autorità di colui che manda in colui che è mandato; di modo che ciascuno accolga colui che è stato mandato, considerando in lui chi lo ha mandato.

Così, se tu consideri Cristo in Pietro, vi troverai il maestro del discepolo; se invece consideri il Padre nel Figlio, troverai il Genitore dell’Unigenito, e accoglierai, senza timore di sbagliare, colui che manda in colui che è mandato.

Le parole del Vangelo che vengono dopo, non possono essere coartate nella ristrettezza del tempo che ci rimane.

Perciò, o carissimi, se quanto avete ascoltato lo ritenete un sufficiente nutrimento per le anime fedeli, cercate di gustarlo e di trarne profitto; se lo trovate scarso, ruminatelo col desiderio di un nutrimento più abbondante”.

Credo non ci sia molto da aggiungere ad una così dotta e illuminata disamina, Fratelli e Sorelle.

La parola che oggi ci è stata regalata dalla Liturgia, chiama in causa tutti noi e ciascuno di noi deve chiedere la GRAZIA di custodire nel proprio cuore, l’amore per il Signore.

LA FEDELTÀ È UNA GRAZIA che non esclude, comunque, L’IMPEGNO E LA FATICA.

Ricordiamo le parole di Paolo di Tarso:

  • Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15,10).

La fedeltà nasce da un quotidiano e instancabile affidarsi a Colui che ci ha chiamato. Quando abbiamo accolto la chiamata e abbiamo detto il nostro sì, ci siamo messi nelle mani Dio.

Ecco allora che occorre rinnovare quel nostro “eccomi”, che all’epoca abbiamo pronunziato, lasciandoci docilmente plasmare dallo Spirito Santo, Signore, perché porti a compimento in noi la sua opera che è stata iniziata.

Un filosofo e teologo Martin Buber, ha detto:

  • “La nostra autentica missione in questo mondo in cui siamo stati posti non può essere in alcun caso quella di voltare le spalle alle cose e agli esseri che incontriamo e che attirano il nostro cuore; al contrario, è proprio quella di entrare in contatto, attraverso la santificazione del legame che ci unisce a loro, con ciò che in essi si manifesta come bellezza, sensazione di benessere, godimento”.

Ragioniamoci sopra…

Il Signore IDDIO ti Benedica

E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!