04.02.2023 SABATO  4 SETTIMANA P.A. A – MARCO 6,30-34 “Erano come pecore che non hanno pastore”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo MARCO 6,30-34

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il vangelo di oggi è in vivo contrasto con quello di ieri, che vedeva un banchetto di morte, voluto da Erode con i grandi del regno nel palazzo della Capitale, durante il quale Giovanni Battista fu assassinato (Mc 6,17-29), e in contraltare, il banchetto di vita promosso da Gesù con la gente affamata della Galilea, nel deserto (Mc 6,30-44).

Il vangelo di oggi infatti presenta solo l’introduzione della moltiplicazione dei pani, descrive l’insegnamento di Gesù e ci racconta dei discepoli che tornano dalla loro prima missione con la voglia di raccontare al Maestro cosa è accaduto, raccontando i successi e le difficoltà.

Li aveva inviati, a due a due, per le città e i villaggi della Galilea, dando loro il potere di quella Parola che toccava il cuore, e il potere di consolare, di guarire, di aiutare chiunque ne avesse bisogno.

Sappiamo di che cosa era fatto questo loro servizio: l’annuncio del Regno di Dio veniente, della necessaria conversione e una prassi di umanità autentica che si manifestava nell’incontrare le persone, nell’accoglierle, nel dare loro fiducia risvegliando la loro fede, nello sperare insieme a loro, nel liberarle, per quanto possibile, da oppressioni diverse dovute alla presenza del male operante nel mondo.

Marco non dice che gli inviati hanno fatto cose straordinarie, miracoli, perché ciò che era sufficiente l’hanno eseguito in obbedienza al mandato di Gesù.

Scrive Marco “…gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato“. E possiamo immaginare lo sguardo affettuoso e compiaciuto di Gesù mentre essi raccontavano quello che avevano operato NEL SUO NOME.

Certamente erano felici. Forse non mancava la stanchezza, quella che accompagna sempre ogni vero “missionario” che dimentica sé stesso per servire il Vangelo, ma gustavano la stessa gioia del Maestro quando, come scrive Luca dopo la missione dei settantadue, “vedeva satana cadere dal cielo come la folgore” (Lc 10, 18).

Insomma, molti li avevano ascoltati e non pochi erano stati guariti. Mentre raccontavano queste cose Gesù disse loro “…venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’“.

Non si preoccupava solo del contenuto della predicazione, ma anche del riposo dei discepoli.

E Gesù li raccoglie accanto a sé, non per distrarli o per un vago riposo, ma perché stessero con Lui, affinché potessero comprendere ancor meglio i suoi insegnamenti.

Dice l’apostolo Paolo “…voi che un tempo eravate lontani siete ora diventati vicini“; vicini innanzitutto a Gesù poter “stare in disparte, in un luogo solitario e riposarvi un poco“.

Anche noi siamo invitati, ogni giorno, a parlare al Signore nella preghiera per affidargli le persone che incontriamo, e per raccontargli la nostra miseria e le nostre difficoltà…

E il Signore vede che i suoi discepoli sono stanchi e provati e li porta con sé per riposare un po’.

Il Signore sa bene che la vita spirituale ha bisogno di momenti di silenzio e di pace, di riposo e di ricarica.

E anche noi dovremmo tenerlo sempre presente. Guai se non riuscissimo a trovare uno spazio per noi stessi, per stare insieme al Signore.

Se noi sentissimo nel nostro cuore questa chiamata “…fuggi, fa’ silenzio, cerca quiete” (Detti dei padri del deserto, Serie alfabetica, Arsenio 2), saremmo certamente più disponibili a trovare un “luogo deserto” in cui pensare, meditare, ascoltando il silenzio, il nostro cuore, le voci diverse con cui Dio tenta di parlarci.

Senza ottemperare a questa esigenza, si cade nella superficialità, ci si disperde, si finisce per vivere senza sapere dove si va.

Premesso ciò noi possiamo ben immaginare quanto sia forte la tristezza di Gesù, che si commuove, che ha compassione per noi ogni volta che ci vede come pecore senza pastore, che non sanno dove andare, senza nessuno che ci guidi, senza una luce che ci permetta di ritrovare il cammino.

Ma forse Lui non c’è? Come mai a volte siamo proprio persi e invece di cercare in Lui camminiamo verso la strada opposta?

E noi crediamo, e noi speriamo, e noi amiamo e cantiamo insieme all’antico salmista:

  • “…il Signore è il mio pastore! Non manco di nulla! Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici” (Sal.23,1.3-5).

Mi piace questo nostro Signore, capace di profonda empatia, che sa mettersi nei panni degli altri, sa gioire della gioia degli apostoli appena tornati dalla loro missione e compatire quella folla che lo raggiunge per sentire una Parola che possa illuminarla e lenire le proprie sofferenze.

Sia gli Apostoli che noi siamo “pecore senza pastore”. Tutti non abbiamo nessuno che ci dia da mangiare cibo, nessuno che si prenda cura di noi, nessuno che rivolga a noi la parola per sostenerci nel duro mestiere di vivere e nessuno che ci sostenga nei nostri dubbi e nelle nostre contraddizioni.

E torna alla mente che Gesù, si intenerisce e rivive la compassione di Mosè quando vede il suo popolo senza pastore (Nm 27,15-17):

  • 15 Mosè disse al Signore: 16 «Il Signore, il Dio della vita in ogni essere vivente, metta a capo di questa comunità un uomo 17 che li preceda nell’uscire e nel tornare, li faccia uscire e li faccia tornare, perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore».

Gesù rivive la compassione dei profeti che soffrono al vedere il popolo di Dio disperso e i cattivi pastori che lo sfruttano (1Re 22,17 “Quegli disse: «Vedo tutti gli Israeliti vagare sui monti come pecore senza pastore. Il Signore dice: Non hanno padroni; ognuno torni a casa in pace»” ed Ez.34,5 “Per colpa del pastore si sono disperse e son preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate”).

Non resta dunque a Gesù che farsi “buon pastore” (Gv 10,11.14) di quella folla: obbedisce puntualmente E FA CIÒ CHE DIO VUOLE VENGA FATTO A SUO NOME DA LUI, IL FIGLIO INVIATO NEL MONDO.

Per prima cosa Gesù “legge la fame di quella gente”, fame di cui forse non sono pienamente coscienti, che è senza dubbio “FAME DELLA PAROLA”.

Essi vogliono che Gesù insegni, vogliono cioè “parli loro la Parola vivente di Dio”, QUELLA PAROLA CHE IN CRISTO SI È FATTA CARNE.

Ciò che è decisivo è che Gesù sia là e parli, perché LUI “È” LA PAROLA DI DIO:

  • Giovanni 1,1 “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”.
  • Giovanni 1,14 “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”.

E Gesù lo fa senza risparmiarsi, come stando sotto un giogo: il giogo della misericordia che lo spinge a questa compassione, a questa fatica, a questa parola indirizzata a quanti suscitano in lui sentimenti di misericordia.

Aveva avuto misericordia degli apostoli ritornati stanchi e li aveva chiamati al riposo, e ora ha misericordia delle folle e interrompe per essa anche il proprio riposo.

Solo la misericordia guidava il Maestro nella sua vita terrena e ne determinava il comportamento e le azioni durante la sua itineranza e fa sì che nel rendersi conto che la gente non ha un pastore, Gesù comincia ad essere pastore.

E con le lacrime agli occhi, non posso non pensare che, ancora oggi, cerchiamo chi ci sazia l’anima, cerchiamo chi ci offre la Parola che nutre, non che affama e svuota, ma quella Parola che convince e converte, che offre una prospettiva nuova sulle cose e su noi stessi.

E mi fa gioia soffermarmi a ricordare che più del pane, assieme al pane, è SOLO LA PAROLA DI DIO che può saziare il nostro cuore e orientare la nostra vita.

Prima di dare il pane Gesù dà la Parola, per saziare gli uomini che lo seguono.

MA PRESTO ARRIVERÀ IL TEMPO IN CUI CI DARÀ ANCHE IL PANE.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!