«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo Marco 13,33-37
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». Parola del Signore
Mediti…AMO
Iniziamo con il tempo di Avvento UN NUOVO ANNO LITURGICO in cui ci accompagnerà il vangelo di Marco. E lo facciamo ascoltando le ultime parole del discorso escatologico di Gesù.
Un discorso che Gesù aveva iniziato rivolgendosi ai quattro discepoli chiamati per primi e più coinvolti nella sua vita – Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea (Mc.13,3-4) –, e che ora egli termina indirizzandosi “a tutti”, con un’esortazione impellente “…vegliate!”.
Quando Gesù fa questo discorso, quindi, siamo già a ridosso della sua passione, che concluderà la sua vicenda terrena. E, il contesto in cui avviene questo discorso, è l’uscita di Gesù dal tempio (Mc 13,1), che dice il definitivo abbandono del culto giudaico da parte di Gesù.
Un culto che Gesù, nel racconto del fico sterile e dissecato (Mc 11,12-14.20-21), aveva già condannato per la sua sfarzosità, totalmente priva di frutti buoni.
Il discorso incomincia con l’annuncio della distruzione del tempio (Mc 13,2) e richiama e prelude, in qualche modo la morte in croce di Gesù.
Da un punto di vista storico, la distruzione del tempio e la conseguente fine del culto giudaico avviene nel 70 d.C. ad opera dell’imperatore romano Vespasiano e di suo figlio Tito. Essa conclude la sanguinosissima guerra giudaica durata dal 66 al 70, con una propaggine fino al 73. Marco scriverà il suo vangelo proprio durante questo periodo (65-70) e questo discorso ne riflette il clima drammatico.
Secondo le credenze giudaiche, la fine del tempio avrebbe coinciso con la fine del mondo; da qui tutto il catastrofismo, di cui è permeato l’intero discorso apocalittico, che allude alla morte di Gesù e ne è, in un certo qual modo, una premessa.
Vi è, dunque, uno stretto nesso e parallelismo tra la morte di Gesù e la fine della storia. Vedremo come proprio il v.35 richiamerà questo aspetto e le sue conseguenze all’interno della chiesa nascente.
Ma è proprio l’avvio di questo nuovo anno liturgico, che dovrebbe dare il “la” al tempo e alla storia che scorreranno in noi, con noi, e per noi.
Il brano evangelico che apre il ciclo, in preparazione al Natale del Signore, in questo Anno B, è la conclusione del capitolo 13 (vv. 33-37), detto anche “la piccola apocalisse” di Marco, in cui fa da padrone, il termine “vegliare”.
Vegliare vuol dire “stare svegli”, ovvero stare con gli occhi aperti, “fare attenzione”, come traduce la versione italiana. E questo atteggiamento è la postura della sentinella che veglia, lottando contro il sonno e soprattutto contro l’intontimento spirituale; che tiene gli occhi ben aperti e scruta l’orizzonte per cogliere chi e che cosa sta per giungere.
THOMAS MERTON (in Pensieri nella solitudine, Garzanti), dice che “…la vita spirituale è soprattutto questione di vigilanza.”
Il testo ha degli agganci con il racconto della passione che segue subito dopo (Mc.14), e chiude un discorso con chiari riferimento all’apocalittica giudaica (in particolare al testo di Daniele), ma anche a temi importanti in questo vangelo; vi ritroviamo in particolare la Cristologia di Marco, con l’utilizzo del titolo “Figlio dell’uomo”.
Come sempre l’Avvento, che ci prepara alla celebrazione e sul ricordo della VENUTA NELLA CARNE DI GESÙ, inizia il percorso con uno sguardo verso il futuro, ossia verso la venuta gloria del Cristo risorto alla fine dei tempi.
E, solo con la seconda domenica di Avvento, lo sguardo si pone all’interno della storia, con i testi relativi a Giovanni il Precursore.
L’invito pressante rivoltoci in questa prima domenica è allora quello di vegliare -che viene rivoltoci al presente, perché “quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre” (Mc.13,32).
PER NOI CRISTIANI LA VEGLIA È UNA NECESSITÀ IMPOSTA DALLA NOSTRA FEDE NEL SIGNORE GESÙ CRISTO CHE VIENE NELLA GLORIA.
Egli è venuto nell’umiltà della carne in mezzo a noi, condividendo la nostra umanità, per “…insegnarci a vivere in questo mondo” (Tt 2,12), E VERRÀ PRESTO NELLA GLORIA.
La sua venuta si imporrà, perché davanti a Lui staranno tutta l’umanità e tutta la creazione (Mt 25,31-46).
E siccome quel “giorno” verrà all’improvviso, non sarà fissato né provocato da alcuna ragione appartenente a questo mondo, ma risponderà solo ad una decisione di Dio, estrinseco alla storia e al mondo, ALLORA OCCORRE ESSERE PREPARATI.
E ci si prepara esercitandosi a una lotta senza tregua contro ogni tentazione di abbassare la guardia, di chiudere gli occhi, di non accorgersi di nulla.
Fratelli e Sorelle, il vangelo di oggi fa l’esempio di un padrone di casa che è partito e lascia al portiere il compito di vegliare.
“Fate attenzione” dice “….perché non sapete quando il padrone verrà“.
Potrebbe venire nella sera quando uno dei Dodici, Giuda, lo consegna (Mc 14,17.43) e Pietro, Giacomo e Giovanni dormono, invece di vegliare con lui (Mc 14,32-42). O, forse a mezzanotte, quando regna l’oscurità e dominano le tenebre; o forse al canto del gallo, quando il portinaio, Pietro, lo rinnega (Mc 14,72). O, forse al mattino, quando ormai la notte è diventata lunga, insopportabile.
Ma Dio ci esorta a vegliare, perchè non prova piacere a sorprenderci, quando meno ce lo aspettiamo, per condannarci, PERCHÈ DIO, PIÙ CHE SERVI, VUOLE DEI COLLABORATORI.
Chiedendoci di vegliare vuole che stiamo attenti a tanti comportamenti che ci sfuggono e che rovinano le nostre relazioni.
Dio è un Padre, che con immensa tenerezza continua a chiedere ad ognuno di noi “…Adamo, dove sei?”
Purtroppo, spesso l’esteriorità ci assorbe talmente che perdiamo la nostra vera identità. Ma forse non siamo convinti che la nostra interiorità, il nostro valore è davvero importante.
Ma il Dio d’amore, comunque, continua ad infondere il suo Spirito in noi, perché possiamo fare gesti veri. E, vegliare è vivere in funzione del nostro Padre celeste -che è fonte dell’amore- e per il quale la nostra esistenza è unica e preziosa.
E, di conseguenza, ci nascondiamo, perchè non ci interessa sapere chi siamo in verità, perchè temiamo di dover cambiare qualcosa nella nostra vita. Perchè noi sappiamo bene che, se lo ascoltiamo, la voce di Dio è la “voce di un silenzio, simile a un soffio“, che poi è difficile soffocare.
Ma vediamo cosa dicono i Padri della Chiesa, in merito a questo brano:
- La vigilanza cristiana dagli scritti di san Beda il Venerabile (In Evangelio Marco, 4,13,33-37)
“State attenti! Vegliate e pregate, perché non sapete quando verrà il momento” (Mc 13,33-34).
E’ come un uomo che, partito per un lungo viaggio, ha lasciato la sua casa e ha conferito ai suoi servi l’autorità di compiere le diverse mansioni, e ordini al guardiano di vigilare. Chiaramente rivela il perché delle parole: «Riguardo poi a quel giorno o a quell’ora nessuno sa nulla, né gli angeli che sono in cielo, né il Figlio, ma solo il Padre“. Non giova agli apostoli saperlo affinché, stando nell’incertezza, credano con assidua attesa che stia sempre per venire quel giorno di cui ignorano il momento dell’arrivo. Inoltre non ha detto “noi non sappiamo” in quale ora verrà il Signore, ma “voi non sapete” (Mt 24,42). Coll’esempio del padrone di casa spiega con maggiore chiarezza perché taccia sul giorno della fine. Questo è quanto dice: “Vigilate dunque; non sapete infatti quando viene il padrone di casa, se di sera, se a mezzanotte, se al canto del gallo, se di mattina; questo affinché, venendo all’improvviso, non vi trovi a dormire (Mc 13,35-36). L’uomo – che è partito per un viaggio e ha lasciato la sua casa, – non v’è dubbio che sia Cristo, il quale, ascendendo vittorioso al Padre dopo la risurrezione, ha abbandonato col suo corpo la Chiesa, che tuttavia mai è abbandonata dalla sua divina presenza poiché egli rimane in lei per tutti i giorni fino alla fine dei secoli. Il luogo proprio della carne è infatti la terra, ed essa viene guidata come in un paese straniero quando è condotta e alloggiata in cielo dal nostro Redentore» (Mt 28,20).
Egli ha dato ai suoi servi l’autorità per ogni mansione, in quanto ha donato ai suoi fedeli, con la grazia concessa dello Spirito Santo, la facoltà di compiere opere buone. Ha ordinato poi al guardiano di vegliare, in quanto ha stabilito che incombe alla categoria dei pastori e delle guide spirituali di prendersi cura con abile impegno della Chiesa loro affidata.
“Ciò che dico a voi, lo dico a tutti: Vigilate!” (Mc 13,37). Non solo agli apostoli e ai loro successori, che sono le guide della Chiesa, ma anche a tutti noi ha ordinato di vigilare. Ha ordinato a tutti noi con insistenza di custodire le porte dei nostri cuori, per evitare che in essi irrompa l’antico nemico con le sue malvagie suggestioni. Ed affinché il Signore, venendo, non ci trovi addormentati, dobbiamo tutti stare assiduamente in guardia. Ciascuno infatti renderà a Dio ragione di se stesso. Ma veglia chi tiene aperti gli occhi dello spirito per guardare la vera luce; veglia chi conserva bene operando ciò in cui crede; veglia chi respinge da sé le tenebre del torpore e della negligenza. Per questo Paolo dice: Vegliate giusti e non peccate; e aggiunge E’ ormai il momento di destarci dal sonno» (1Cor.15,34 e Rm.13,11).
- Ascoltare vigilanti la parola di Dio Dai Sermoni di sant’Agostino, vescovo (Sermo 219, passim)
Veglia, quindi, in questa notte, tanto il mondo ostile, quanto il mondo riconciliato. Questo, veglia per lodare, liberato, il proprio medico; quello, condannato, per abbandonarsi alla bestemmia. Veglia questo, fervido e luminoso nei pii pensieri; quello digrignando i denti e struggendosi per la rabbia. Finalmente, a questo la carità, a quello l’iniquità; a questo il cristiano vigore, a quello il diabolico livore, mai permetterebbero di dormire in questa solennità. Persino dai nostri incoscienti nemici, veniamo dunque ammoniti circa il modo di vegliare per noi, se, a nostro vantaggio, vegliano financo coloro che ci invidiano. Questa notte, nondimeno, di tutti coloro che in alcun modo sono segnati nel nome di Cristo, tanti per dolore, molti per pudore, alcuni, poi, che, avvicinandosi alla fede, già piú non dormono per timore di Dio. In diversi modi li eccita invero questa solennità. Come dunque deve vegliare, nella gioia, l’amico di Cristo, allorché veglia, nel dolore, persino il nemico? Quanto conveniente, per chi è entrato a far parte di questa grande casa, è il vegliare in questa sua grande festività, allorché già veglia chi si dispone ad entrarvi! Vegliamo, dunque, e preghiamo, per solennizzare dentro e fuori questa vigilia. Dio ci parli nelle sue letture; a Dio parliamo nelle nostre orazioni. Se ascoltiamo obbedienti le sue parole, in noi abita colui che preghiamo.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!