… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 14,6-14
In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò». Parola del Signore
Mediti…AMO
Il 3 di maggio la Chiesa ricorda la memoria liturgica di due santi:
San FILIPPO, Apostolo – Palestina, I secolo d.C.
FILIPPO è appena citato nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca.
Giovanni lo presenta per la prima volta mentre fa il conto di quanto costerebbe sfamare la turba che è al seguito di Gesù (6,57).
E, più tardi, quando accompagna da Gesù, dopo l’ingresso in Gerusalemme, alcuni “Greci” venuti per la Pasqua: quasi certamente “proseliti” dell’ebraismo, di origine pagana (12,21 ss.).
Nell’ultima cena, Filippo è uno di quelli che rivolgono domande ansiose a Gesù.
Gli dice: “Signore, mostraci il Padre e ci basta“, attirandosi dapprima un rilievo malinconico “Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo?“.
E poi arriva, a lui e a tutti, il pieno chiarimento “…Chi ha visto me, ha visto il Padre“.
Dopo l’Ascensione di Gesù, troviamo Filippo con gli altri apostoli e i primi fedeli, allorché viene nominato Mattia al posto del traditore Giuda (Atti degli apostoli, cap. 1). Poi non si sa più nulla di lui.
San GIACOMO IL MINORE, Apostolo – Palestina, I secolo d.C.
GIACOMO, figlio di Alfeo, è detto il Minore per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo (e fratello di Giovanni) detto il Maggiore E DA SECOLI VENERATO COME SANTIAGO A COMPOSTELA.
Da Luca sappiamo che Gesù sceglie tra i suoi seguaci dodici uomini “…ai quali diede il nome di apostoli” (6,14), e tra essi c’è appunto Giacomo di Alfeo, il Minore.
Nella Prima lettera ai Corinzi, Paolo dice che Gesù, dopo la risurrezione “…apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli“.
Lo chiamano “Giusto” per l’integrità severa della sua vita.
Incontra Paolo, già duro persecutore dei cristiani e ora convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e Giovanni.
Poi, al concilio di Gerusalemme (IL PRIMO CONCILIO DELLA STORIA DELLA CHIESA), invita a “…non importunare” i convertiti dal paganesimo con l’imposizione di tante regole tradizionali. Si mette, insomma, sulla linea di Paolo.
Dopo il martirio di Giacomo il Maggiore nell’anno 42 e la partenza di Pietro, Giacomo diviene capo della comunità cristiana di Gerusalemme.
Ed è l’autore della prima delle “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento.
In essa, si rivolge “alle dodici tribù disperse nel mondo“, ossia ai cristiani di origine ebraica viventi fuori della Palestina.
È come un primo esempio di enciclica: sulla preghiera, sulla speranza, sulla carità e inoltre (con espressioni molto energiche) sul dovere della giustizia.
Secondo lo storico Eusebio di Cesarea, Giacomo viene ucciso nell’anno 63 durante una sollevazione popolare istigata dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito.
ESAME DEL TESTO EVANGELICO
È difficile immaginare la festa di due apostoli così diversi fra loro.
Sono due apostoli che ci richiamano alla saldezza della fede, alla verità delle certezze.
Dobbiamo imparare a riconoscerli come fratelli, persone realmente esistite, uomini che hanno faticato, lottato, creduto.
Solo così possiamo imparare da loro, imitare il loro ardore, compatire i loro e nostri limiti ed errori.
In realtà la loro memoria È LEGATA ALLA TRASLAZIONE A ROMA DELLE LORO RELIQUIE, AVVENUTA NELLO STESSO MOMENTO.
FILIPPO è di Betsàida, la città di Pietro, in Galilea. Il nome (di ascendenza greca, significa “amico dei cavalli”) ne tradisce l’origine meticcia.
È discepolo del Battista ed ha fra i suoi amici Natanaele il conservatore. A lui si rivolgono i pagani per incontrare Gesù.
È un “uomo di confine”, quindi, ma che riesce a superare e a far superare agli apostoli le chiusure del piccolo mondo giudaico.
È lo stesso mondo da cui proviene GIACOMO IL MINORE, cugino di Gesù, primo vescovo di Gerusalemme e autore delle lettere apostoliche che portano il suo nome, conosciuto nella comunità per la sua continuità con la tradizione ebraica.
Persona piuttosto conservatrice e molto attenta alla continuità con la tradizione giudaica, Giacomo si scontrerà frontalmente con le eccessive aperture di un altro apostolo, Paolo.
Filippo, Giacomo il Minore, Paolo di Tarso. Persone molto diverse per carattere ed esperienza e che, pure, hanno saputo superare le differenze mettendo al centro il Signore Gesù.
E la Provvidenza li ha messi insieme, Filippo, il più straniero fra gli apostoli e Giacomo, il più conservatore, per ricordarci ancora una volta che la Chiesa non è quell’idea composta ma assurda, che troppo spesso pensiamo nel cuore, MA LA MANIFESTAZIONE PIENA DELLA CREATIVITÀ E DELLA FANTASIA DI DIO CHE NON RESPINGE NESSUN UOMO CHE PORTI NEL SUO CUORE IL DESIDERIO DELL’INFINITO…
Singolarissimo è Filippo, uomo di grande fede: come Mosè, chiede di vedere il volto di Dio.
Egli non cerca altro se non di vedere quel volto che tutti i credenti dell’antica alleanza avevano desiderato di scorgere o vedere.
Filippo confessa questo desiderio, ma Gesù gli risponde “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?“.
Ecco la rivelazione ultima: CHI VEDE GESÙ, L’UOMO GESÙ, IN REALTÀ VEDE DIO PADRE.
Tanti ricercatori di Dio, dicono “…Dio lo si incontra in Gesù uomo nella sua umanità si può vedere Dio, guardando l’agire di Gesù e ascoltando le sue parole si può incontrare Dio. Questo è lo specifico, la singolarità della fede cristiana: scandalo per ogni via religiosa, follia per ogni saggezza umana“.
“Mostraci il Padre“.
Il desiderio di Filippo è il nostro anelito più profondo “«Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto“. Il tuo volto Signore io cerco“» (anèla l’antico sapiente di Israele nel Salmo 26).
Non abbiamo altro bisogno che vedere il Padre: mostracelo Gesù, perché solo in Lui riconosciamo noi stessi!
Ma Gesù ci dice: “Chi ha visto me, ha visto il Padre“!
Ecco allora che il volto dell’uomo Gesù, è “IL VOLTO“.
IL VANGELO CI MANIFESTA GESÙ VOLTO DEL PADRE: QUESTA È LA RIVELAZIONE CRISTIANA!
Gesù però, ci ha suggerito un’altra apertura per superare sé stessi ed incontrare il volto di Dio, non in alternativa, ma in continuità: IL VOLTO DEL FRATELLO.
NEL VOLTO DEL FRATELLO SIAMO CHIAMATI A RICONOSCERE IL VOLTO DI GESÙ NEL QUALE RISPLENDE IL VOLTO DEL PADRE!
Gesù è il Verbo di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità.
E la Trinità è la sorgente dell’amore, perché le tre Persone Divine sono una cosa sola.
Come una splendida fiamma, che non ha guizzi di fuoco, ma solo lo splendore caldo e luminoso DI UNA UNICA FIAMMA.
Ma, per onestà, dobbiamo riconoscere che anche noi, come Filippo, siamo lenti a capire Dio.
Quel povero discepolo che era stato per tre anni con Gesù, era ancora così lento di cuore e debole nella fede (FIGURIAMOCI NOI!!!).
Stupito per la lentezza della loro comprensione, Gesù chiese:
- “…Da tanto tempo sono con voi e tu non m’hai conosciuto, Filippo?”.
- “…È mai possibile che non siate riusciti a scorgere il Padre nelle opere che ho compiuto tramite lui? Non credete che io sia venuto per rendere testimonianza del Padre? «Chi ha veduto me, ha veduto il Padre; come mai dici tu: Mostraci il Padre?” (v. 9).
- “…Credetemi che io sono nel Padre e che il Padre è in me; se no, credete a motivo di quelle opere stesse” (v. 11).
Gesù si è fatto uomo, con lo scopo di aiutarci a comprendere l’amore di Dio e di insegnarci a viverlo con affetto e senso di abbandono.
Ma nonostante gli anni di vita cristiana ed ecclesiale, di conoscenza teologica e dottrinale, siamo ancora increduli, disorientati e incapaci di riconoscere ed accettare l’amore di Dio.
Indubbiamente, possiamo conoscere di Dio a partire dalla RIVELAZIONE che egli ha ritenuto opportuno offrirci di se stesso e limitatamente alla nostra caducità; ma è altrettanto vero che in Gesù Cristo possiamo acquisire quell’esperienza che ci aiuta a vivere nel suo amore con serenità e fiducia.
Ciò significa che quando ci avviciniamo a Dio, con l’aiuto delle sacre Scritture, dobbiamo farlo contemplando Gesù, riflettendo sul modo in cui nel suo quotidiano ha cercato di aiutarci a capire il modo in cui Dio Padre, desidera vivere nel cuore di ciascuno noi, perché, la vita eterna è questa «…che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17: 3).
Ha detto S. Ignazio di Loyola:
- “Fa’ che ti conosca intimamente, o Cristo, e compagno della tua croce, possa risorgere con te.”
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!