02.11.2023 – GIOVEDI’ COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI– Gv 6,37-40 “…chi crede nel Figlio, ha la vita eterna”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo Gv 6,37-40
+ In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa, infatti, è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Parola del Signore
Mediti…AMO
Il nostro grande Foscolo levava la sua voce laica in difesa dei sepolcri e innalzava un monumento in onore dei cimiteri come luogo di memoria perenne, di perpetuo incontro tra i morti e i vivi, in un’edificante corrispondenza d’amorosi sensi.
E per questa commemorazione dei defunti, ricordiamoci con gratitudine di quelli che ci sono cari, perché hanno illuminato la nostra vita.
Ma ricordiamoci anche di quelli di cui non conosciamo i nomi e che forse non hanno nessuno che preghi per loro: i tantissimi migranti-profughi che hanno perso la vita tragicamente.
È un atteggiamento sicuramente di riconoscenza che ci guida, ma anche uno spirito di fraternità, di solidarietà e di fede verso ogni uomo e donna di qualsiasi colore, etnia, credo.
Sant’Agostino diceva “…la più fredda tomba dei morti è il cuore dei vivi quando li dimentica”.
Il significato di commemorare, in un’unica ricorrenza tutti i morti, è quello di pregare le per le anime di tutti coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e si sono addormentati nella speranza della resurrezione e per tutti coloro dei quali solo Dio ha conosciuto la fede
Il 2 novembre è il giorno che la Chiesa dedica alla commemorazione dei fedeli defunti, che dal popolo viene chiamato semplicemente anche “festa dei defunti”.
Ma anche nella messa quotidiana, la liturgia riserva sempre un piccolo spazio, detto “memento, Domine…”, che vuol dire “…ricordati, Signore…” e propone preghiere universali di suffragio alle anime di tutti i defunti in Purgatorio.
LA CHIESA, INFATTI, CON I SUOI FIGLI È SEMPRE MADRE E VUOLE SENTIRLI TUTTI PRESENTI IN UN UNICO ABBRACCIO.
PERTANTO, PREGA PER I MORTI, COME PER I VIVI, PERCHÉ ANCH’ESSI SONO VIVI NEL SIGNORE.
Per questo possiamo dire che l’amore materno della Chiesa è più forte della morte.
La commemorazione dei fedeli defunti appare già nel secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti.
L’arcivescovo AMALARIO DI METZ (775-850 d.C., teologo, diplomatico, liturgista), poneva già la memoria di tutti i defunti successivamente a quelli dei santi che erano già in cielo.
È solo con l’abate benedettino SANT’ODILONE DI CLUNY che questa data del 2 novembre fu dedicata alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, per i quali già sant’Agostino lodava la consuetudine di pregare anche al di fuori dei loro anniversari, proprio perché non fossero trascurati quelli senza suffragio.
La Chiesa è stata sempre particolarmente fedele al ricordo dei defunti.
La speranza cristiana trova fondamento nella Bibbia, nella invincibile bontà e misericordia di Dio.
«Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!», esclama Giobbe nel mezzo della sua tormentata vicenda.
NON È DUNQUE LA DISSOLUZIONE NELLA POLVERE IL DESTINO FINALE DELL’UOMO, BENSÌ, ATTRAVERSATA LA TENEBRA DELLA MORTE, LO È LA VISIONE DI DIO.
Il tema è ripreso con potenza dall’apostolo Paolo che colloca la morte-risurrezione di Gesù in una successione non disgiungibile.
I discepoli sono chiamati alla medesima esperienza, anzi tutta la loro esistenza reca le stigmate del mistero pasquale, è guidata dallo Spirito del Risorto.
Per questo i fedeli pregano per i loro cari defunti e confidano nella loro intercessione, e nutrono pure la speranza di raggiungerli in cielo, per unirsi gli eletti, nella lode della gloria di Dio.
Nella professione di fede del cristiano noi affermiamo «…Credo nella santa Chiesa cattolica, nella comunione dei Santi».
Dove, per “comunione dei santi” la Chiesa intende l’insieme e la vita d’assieme di tutti i credenti in Cristo, sia quelli che operano ancora sulla terra sia quelli che vivono nell’altra vita in Paradiso ed in Purgatorio.
In questa vita d’assieme la Chiesa vede e vuole il fluire della GRAZIA, lo scambio dell’aiuto reciproco, l’unità della fede, la realizzazione dell’amore.
Dalla comunione dei santi nasce l’interscambio di aiuto reciproco tra i credenti in cammino sulla terra i credenti viventi nell’aldilà, sia nel Purgatorio che nel Paradiso.
La Chiesa, inoltre, in nome della stessa figliolanza di Dio e, quindi, della conseguente fratellanza in Gesù Cristo, favorisce questi rapporti e stabilisce anche dei momenti forti durante l’anno liturgico e nei riti religiosi quotidiani.
Ma torniamo al momento della istituzione di questa festa.
Nel convento di Cluny viveva un santo monaco, l’abate Odilone, che era molto devoto delle anime del Purgatorio, al punto che tutte le sue preghiere, sofferenze, penitenze, mortificazioni e messe venivano applicate per la loro liberazione dal purgatorio.
Si dice che uno dei suoi confratelli, di ritorno dalla Terra Santa, gli raccontò di essere stato scaraventato da una tempesta sulla costa della Sicilia; lì incontrò un eremita, il quale gli raccontò che spesso aveva udito le grida e le voci dolenti delle anime purganti provenienti da una grotta insieme a quelle dei demoni che gridavano contro lui, l’abate Odilone.
Costui, all’udire queste parole, ordinò a tutti i monaci del suo Ordine cluniacense di fissare, il 2 novembre, come giorno solenne per la commemorazione dei defunti.
Era l’anno 928 d.C.
Da allora, quindi, ogni anno la “festa” dei morti viene celebrata in questo giorno, e quel giorno rappresenta per tutti, UNA SOSTA NELLA VITA, PER RICORDARE CON UNA CERTA NOSTALGIA IL PASSATO, VISSUTO CON I NOSTRI CARI CHE IL TEMPO E LA MORTE HAN PORTATO VIA, IL BENE CHE COLORO CHE CI HANNO PRECEDUTI SULLA TERRA HANNO LASCIATO ALL’UMANITÀ, E IL LORO CONTRIBUTO ALL’AUMENTO DELLA FEDE, DELLA SPERANZA, DELLA CARITÀ E DELLA GRAZIA NELLA CHIESA.
Secondo il Rituale Romano, «in molti modi le comunità parrocchiali esprimono questo senso della speranza cristiana. Per la commemorazione di tutti i fedeli defunti è consuetudine andare in processione al Cimitero e in tale occasione benedire le tombe. In questa o simili circostanze è opportuno promuovere una celebrazione con un apposito rito di benedizione»
Ma veniamo al testo evangelico odierno, nel quale vediamo che la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio.
E lo facciamo traendo forza dalla speranza e dalla gioia che ci provengono dalla festa di Ognissanti, per affrontare il ricordo doloroso delle persone che abbiamo amato e che non sono più.
La morte è l’unica certezza della nostra vita, in quanto bussa alla nostra porta, non in maniera teorica, ma concretamente, quando perdiamo qualcuno che amiamo.
Dare senso alla nostra morte significa, in qualche modo, DARE SIGNIFICAZIONE ANCHE ALLA NOSTRA VITA.
Noi crediamo che, nel momento della nostra morte, la nostra anima raggiunga direttamente Dio per essere accolta, o meno, nell’eternità.
E Gesù, vincitore del peccato e della morte, ci fornisce la corretta interpretazione della morte. Ci fa presente che, sin dal giorno del nostro concepimento, siamo stati dotati di un’anima immortale, che conduce la nostra vita, le nostre scelte, CHE CI INSEGNA A SOGNARE E A CERCARE DIO.
Quest’anima, cioè noi, nel momento della morte raggiunge direttamente Dio che, come ci ha svelato Gesù, ha un unico desiderio: quello di salvarci – SE LO VOGLIAMO!-
E questo perché Dio ci ama follemente, tanto da rispettare le nostre scelte e il nostro terribile e insensato rifiuto.
Ma se avremo accettato il SUO AMORE, alla fine dei tempi la nostra anima raggiungerà il nostro corpo, che conserviamo e rispettiamo in luoghi chiamati “cimiteri“, cioè “dormitori” che oggi riempiamo di segni di vita come la luce e i fiori.
Preghiamo, Fratelli e Sorelle, affinché la nostra preghiera li accompagni nel loro cammino verso la pienezza.
Il Santo Papa, PAOLO VI (nato Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini), ebbe a scrivere:
- “Mi piacerebbe, terminando, d’essere nella luce”.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!