02.11.2022 – MARTEDI’ COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI – Gv 6,37-40 “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 6,37-40
In quel tempo, Gesù disse alla folla «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Parola del Signore
Mediti…AMO
Fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria, e distrutta la morte gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono della gloria contemplando Dio.
TUTTI PERÒ -VIVI E MORTI- COMUNICHIAMO NELLA STESSA CARITÀ DI DIO.
L’unione quindi di coloro che sono in cammino con i fratelli morti non è minimamente spezzata, anzi è conservata dalla comunione dei beni spirituali (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, «Lumen gentium», 49).
La Chiesa fin dai primi tempi ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e ha offerto per loro i suoi suffragi (L.G. 50).
Nei riti funebri la Chiesa celebra con fede il mistero pasquale, nella certezza che quanti sono diventati con il Battesimo membri del Cristo crocifisso e risorto, attraverso la morte, passano con lui alla vita senza fine. (Rito delle esequie, 1).
Si iniziò a celebrare la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, a Roma, dal sec. XIV.
Ieri TUTTI I SANTI, oggi la COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI.
Le due memorie sono logiche e connesse. Il mistero della santità che ieri abbiamo assaporato oggi viene esteso a tutti i defunti che noi vogliamo ancora affidare alla paternità di Dio e nello stesso tempo vogliamo pregare perché siano essi ad intercedere per noi che restiamo ancora pellegrini in cammino verso la Santa Gerusalemme.
La commemorazione ha origini antiche e si perdono nella notte dei tempi. Il culto dei morti è la prima forma di religione primitiva che in epoca romana assume la forma del culto dei Lari, dopo essere passati attraverso l’Ade dei Greci e il mondo dell’aldilà della cultura dell’Egitto dei Faraoni.
La commemorazione dei defunti sopravvive alle epoche e ai culti, all’ateismo e all’indifferentismo: dall’antica Roma alle civiltà celtiche, dal Messico alla Cina, dalla notte dei tempi fino ad oggi.
In questi giorni i cimiteri diventano luoghi di mesto pellegrinaggio, di visite alle tombe, ovunque con un solo obiettivo: consolare in qualche modo le anime dei defunti perché proteggano al vita dei viventi sulla terra.
Con il passare del tempo questa ricorrenza, come sempre, diventò un momento pagano, senza alcun riferimento religioso, espressione di esorcismo delle paure che il lungo inverno con il suo messaggio di morte porta con sé. I defunti non erano più amici e protettori, ma pericolo e spiriti maligni.
La tradizione celtica esprime questa realtà per cui la ricorrenza oggi restaurata di Halloween (che in origine era Hallowmass: Santificazione/Messa in onore dei Santi), è diventata un espediente economico che sfrutta le paure ancestrali a scapito di una riflessione seria e spirituale sulla morte e sulla vita.
In memoria dei morti e per spaventarli ci si mascherava da santi, da angeli e diavoli con maschere di zucche, essiccate e svuotate, per esorcizzare la paura accendendo grandi falò che illuminavano la notte e sconfiggevano il buio.
In alcune zone, come in Abruzzo, in Italia, vi era la credenza che nella notte tra il 1° e il 2 novembre i morti facessero visita ai loro cari, attraversando processionalmente i loro villaggi.
Anche qui s’intagliavano le zucche preparandole con candela incorporata, forse per segnalare il percorso processionale.
Noi celebriamo questa Eucaristia per tutti i defunti dei presenti e ognuno potrà al momento giusto nominarli uno per uno: dire il Nome significa evocare la Persona, il suo valore e la sua Presenza.
Celebriamo questa Eucaristia anche per tutti i defunti di tutti gli amici che conosciamo attraverso internet e tutti insieme formiamo una sola comunità, una sola chiesa.
Di ieri, di oggi e di domani.
Possa lo Spirito Santo darci il «gusto» della morte perché possiamo assaporare e vivere la vita nel segno della Risurrezione, facendo nostra l’antifona d’ingresso:
- “Gesù è morto ed è risorto; così anche quelli che sono morti in Gesù Dio li radunerà insieme con lui. E come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo riavranno la vita”.
Abbiamo bisogno della speranza e della gioia che ci provengono dalla festa dei santi per affrontare il ricordo doloroso delle persone che abbiamo amato e che non sono più.
La morte è l’unica certezza della nostra vita e bussa alla nostra porta non in maniera teorica ma concretamente, ogni volta che perdiamo qualcuno che ci sta a cuore.
Dare senso alla nostra morte, allora, significa in qualche modo, dare senso anche alla nostra vita.
Noi crediamo che, nel momento della nostra morte, la nostra anima raggiunga direttamente Dio per essere accolta nell’eternità oppure, se ancora qualcosa deve capire e cambiare, per un tempo supplementare di conversione, deve espiare in purgatorio.
Ma anche, nel drammatico rispetto della nostra libertà, Dio accetta il nostro rifiuto di avere a che fare con Lui.
Alla fine dei tempi la nostra anima raggiungerà il nostro corpo, che conserviamo e rispettiamo in luoghi chiamati “cimiteri“, cioè “dormitori” che OGGI RIEMPIAMO DI SEGNI DI VITA COME LA LUCE E I FIORI.
La preghiera che oggi facciamo per i nostri defunti li incoraggia nel loro cammino verso la pienezza.
Per i cristiani la morte è il transito all’eterno giorno senza tramonto, è il “dies natalis”, cioè il giorno della vera nascita, quella per l’eternità, che celebriamo una volta e per sempre nel giorno in cui il Signore ci chiama a far parte del suo Regno eterno in Paradiso.
Oggi più che mai, noi come credenti siamo chiamati a riflettere sul senso della vita, piuttosto che sul senso della morte, in quanto la morte, pur essendo un fatto biologico, naturale, in realtà essa, per certi versi, non riguarda l’essere umano, perché, in base alla sua anima spirituale ed immortale, egli non è soggetto alla morte eterna e se pure attraversa la morte corporale per lui esiste anche una risurrezione finale.
IN POCHE PAROLE, LA MORTE NON È L’ULTIMO ATTO DI UNA STORIA UMANA INDIVIDUALE E PERSONALE, MA L’INIZIO DI UNA NUOVA VITA, QUELLA DI COMUNIONE CON DIO.
E noi in questo giorno di riflessione e di preghiera per i nostri fratelli defunti, quelli più stretti a noi da vincoli di affetto e di sangue, a quelli sconosciuti e dimenticati da tutti, vogliamo rendere lode al Signore che ci ha aperto, attraverso la sua morte in Croce e risurrezione il varco per un’eternità beata.
Perché celebriamo la nostra pasqua, quella del vero passaggio dalla morte alla vita, perché, per quanti hanno operato il bene ed hanno risposto in pienezza al messaggio evangelico la morte non è altro che, il giorno della vita, della nascita, della felicità per sempre.
Oggi, infatti, come Natale e Pasqua i sacerdoti hanno la facoltà di celebrare tre sante messe, con altrettanti formulari di preghiera e di testi biblici, che ne costituiscono l’ossatura e la struttura di celebrazione eucaristica.
Noi in questa meditazione sulla giornata di Commemorazione ci soffermiamo a riflettere sui testi delle letture della prima messa, anche perché è quella che apre la giornata eucaristica per ogni sacerdote, che celebra l’eucaristia nella prima mattinata, come è prassi.
E il primo pensiero meditativo va proprio all’antifona d’ingresso della prima messa dei defunti:
- “Gesù è morto ed è risorto; così anche quelli che sono morti in Gesù Dio li radunerà insieme con lui. E come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo riavranno la vita”. (1Ts 4,14; 1Cor 15,22).
Il riferimento alla risurrezione è evidente in questo primo passo nella commemorazione dei defunti.
Si piange per la perdita dei propri cari, ma si gioisce, nella speranza che un giorno ci rivedremo tutti insieme nell’eternità, con un corpo trasformato e destinato alla vita eterna.
Noi crediamo infatti alla risurrezione finale anche del nostro corpo mortale, perché Gesù ha portato nella gloria del paradiso la nostra umanità, ascendendo al cielo in anima e corpo e confermando questa prospettiva di un’eternità beata, anche per la nostra corporeità (con l’Assunzione al Cielo della Vergine Santissima, Madre di Dio e Madre nostra).
Questa verità di fede in cui noi crediamo, la esprimiamo oggi anche nella preghiera iniziale della messa dei defunti:
- “Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova”.
Tale vita nuova, a cui aspiriamo, piangenti e gementi in questa valle di lacrime, è il Paradiso, è il Regno eterno di Dio. Ce lo ricorda il testo della prima lettura di oggi, tratto dal Libro di Giobbe, che in un canto di lode al Signore, in un impeto di gioia e speranza nel Signore, scrive:
- “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».
La consapevolezza dell’eternità della felicità, dell’incontro con il Risorto, è questo il dono della fede che esprimiamo anche nel Credo con quella espressione, credo nella “risurrezione della carne e la vita eterna”.
Credere nella risurrezione e nella vita eterna, significa camminare sulla strada che hanno percorso i santi, i quali hanno perseguito questo obiettivo avendo chiaro nella loro vita quello che l’Apostolo Paolo ci indica nel brano della sua Lettera ai Romani che oggi ascoltiamo:
- “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”.
Noi, quindi, siamo uomini di speranza, anzi di certezze di fede che attingiamo dalla parola di Dio, che è vita e sostegno al nostro cammino nel tempo presente, assegnando a noi, nella quantità e nella qualità che solo il Signore sa.
D’altra parte, la volontà di Dio, espressa in tanti modi mediante la vita, le opere di Cristo è ben espressa nel vangelo di Giovanni, che è il primo testo del vangelo che oggi ci accompagna in questa giornata di riflessione sulla morte-vita, qual è la Commemorazione dei Fedeli Defunti.
- “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!