«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 25,14-30
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”». Parola del Signore
Mediti…AMO
Il vangelo di oggi ci narra la parabola dei talenti.
Questa parabola era tra due parabole: la parabola delle Dieci Vergini (Mt 25,1-13) e la parabola del Giudizio Finale (Mt 25,31-46).
Le tre parabole chiariscono ed orientano le persone sulla venuta del Regno.
La parabola delle Dieci Vergini insiste sulla vigilanza: il Regno può arrivare in qualsiasi momento.
La parabola del Giudizio Finale dice che per possedere il Regno bisogna accogliere i piccoli.
La parabola dei Talenti orienta su come fare per far crescere il Regno.
Parla dei doni o carismi che le persone ricevono da Dio.
Ogni persona ha delle qualità, sa qualcosa che può insegnare agli altri.
Nessuno è solo alunno, nessuno è solo professore. Impariamo gli uni dagli altri.
Una chiave per capire la parabola: Una delle cose che più influisce nella vita della gente è l’idea che ci facciamo di Dio.
Tra i giudei della linea dei farisei, alcuni immaginavano che Dio fosse un giudice severo, che trattava alle persone secondo il merito conquistato dalle osservanze.
Ciò produceva paura ed impediva alle persone di crescere.
Soprattutto impediva che si aprissero uno spazio dentro di sé, per accogliere la nuova esperienza di Dio che Gesù comunicava.
Per aiutare queste persone, Matteo racconta la parabola dei talenti, una parabola che, secondo il mio misero parere, è pericolosa, perché più volte viene commentata in un modo che, anziché spingere i cristiani a conversione, pare confermarli nel loro attuale comportamento tra gli uomini, nel mondo e nella chiesa.
Dunque forse sarebbe meglio non leggere questo testo, piuttosto che leggerlo male…
In verità questa parabola non è un’esaltazione, un applauso all’efficienza economica o finanziaria, nè un inno alla meritocrazia, MA È UNA VERA E PROPRIA CONTESTAZIONE VERSO LA COMUNITÀ CRISTIANA CHE SOVENTE È TIEPIDA, SENZA INIZIATIVA, CONTENTA DI QUELLO CHE FA E OPERA, PAUROSA DI FRONTE AL CAMBIAMENTO RICHIESTO DA NUOVE SFIDE O DALLE MUTATE CONDIZIONI CULTURALI DELLA SOCIETÀ.
La parabola non plaude “all’attivismo pastorale” di cui sono preda molte comunità cristiane, che non sanno neppure leggere la sterilità di tutto il loro darsi da fare, MA CHIEDE ALLA COMUNITÀ CRISTIANA CONSAPEVOLEZZA, RESPONSABILITÀ, AUDACIA E SOPRATTUTTO CREATIVITÀ.
Non la quantità del fare, delle opere rende cristiana una comunità, MA LA SUA OBBEDIENZA ALLA PAROLA DEL SIGNORE CHE LA SPINGE VERSO NUOVE FRONTIERE, SU STRADE NON PERCORSE, LUNGO LE QUALI LA BUSSOLA CHE ORIENTA IL CAMMINO È SOLO IL VANGELO, UNITO AL GRIDO DEGLI UOMINI E DELLE DONNE DI OGGI QUANDO BALBETTANO “VOGLIAMO VEDERE GESÙ!” (Gv 12,21).
Vorrei con voi, Fratelli e Sorelle, commentare questa mattina solo la figura del terzo servo, che manifesta un cuore malato, assente, senza desiderio.
È un esule della creazione, esiliato e inutile.
Perché noi siamo a immagine del Dio creatore, che sparge a piene mani i suoi doni, con magnifica esuberanza.
Ma è inutile! Il terzo servo non crea più: SI LIMITA A CONSERVARE.
Ma certamente è troppo poco, PERCHÉ IL MONDO E IL CUORE NON CI SONO DATI COME COSE DA CONSERVARE, ma per aiutarli ad ascendere gloriosamente verso LA LORO GLORIFICAZIONE.
Non siamo dei conservatori di cose preziose e minacciate, ma siamo dei creatori di opere nuove e al servizio della forza DIVINA nascosta all’interno di tutto ciò che vive.
Solo così la nostra vita non sarà inutile al divenire comune.
La nostra vocazione è quella di essere emozionati e disciplinati artefici di creazione.
E il nostro incarico, è quello di lasciare il mondo un po’ più bello di come l’abbiamo trovato.
C’è nel Vangelo tutta una teologia del seme, del lievito, del germoglio, della gemma, di inizi come DONI PIENI DI GRAZIA.
Dio è la primavera del cosmo: a noi il compito di creare l’estate, l’estate dei frutti.
II mondo è un GIARDINO incompiuto, ma in CONTINUA COLTIVAZIONE.
E noi, in quest’ottica positiva e luminosa, siamo un fascio di possibilità, di gemme che stanno per fiorire.
La parabola dei talenti è il poema della creatività, senza voli retorici, perché nessuno di questi tre servi crede di poter salvare il mondo.
Tutto invece odora di casa, di viti e di olivi, di lavoro e di attesa.
La parabola dei talenti è una lieta notizia contro la paura, perché la paura non è creativa, e ci rende sterili conservatori, che nulla fanno per far crescere già, qui ed ora, il Regno di Dio.
Quante volte abbiamo rinunciato a vincere solo per la paura di finire sconfitti.
Ecco il modo più semplice, e più sicuro per non arrivare da nessuna parte: quello di rinunciare a partire, per paura.
Ma Dio non è un padrone che rivuole indietro i suoi talenti. II terzo servo non ha capito che il capitale guadagnato sarebbe stato per lui, non per il padrone, che quel talento era una forma di comunione con lui.
Il padrone non vuole per sé i dieci talenti: essi restano ai servi fedeli.
Facciamo bene attenzione a capire che, sua volta, anche il padrone agisce come i servi, anche lui li moltiplica. Infatti dice «…sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto».
Non è una restituzione, è un rilancio: e questa spirale d’amore crescente è il nome segreto di tutto ciò che vive.
NOI NON VIVIAMO PER RESTITUIRE A DIO I SUOI DONI, MA DOBBIAMO LAVORARE, IN NOME DI DIO, AFFINCHÉ ESSI FERMENTINO, E DIVENGANO SEME DI ALTRI DONI, LIEVITO CHE SOLLEVA L’ORIZZONTE DELL’UOMO, CHE SI DILATA.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!