02.07.2023 – DOMENICA 13^ PER ANNUM A – MATTEO 10,37-42 “…chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me ”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 10,37-42
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Parola del Signore
Mediti…AMO
Il brano evangelico di questa domenica contiene l’ultima parte del discorso missionario rivolto da Gesù ai suoi discepoli, ai dodici inviati ad annunciare il regno dei cieli ormai vicino (Mt 10,7) e a far arretrare il potere del demonio (Mt 10,1).
Diverse parole di Gesù sono state raccolte qui da Matteo.
Parole dette probabilmente in circostanze diverse ma che nel loro insieme determinano il contenuto e lo stile della missione.
E preannunciano anche le fatiche e le persecuzioni che i discepoli dovranno subire, perché accadrà loro ciò che Gesù stesso, loro maestro e rabbi, ha sperimentato (Mt 10,24-25).
E, in questo scenario, Fratelli e Sorelle, trafigge la forza con la quale Gesù chiede che ogni relazione umana sia vissuta in relazione a Lui.
Gesù non ci chiede affatto di “amare di meno“: anzi… ci chiede il contrario.
Ci ricorda che SOLO SE LO RIFERIAMO A LUI, OGNI LEGAME TRA LE PERSONE TROVA FONDAMENTO E PROTEZIONE.
Quando Gesù dice che è venuto a portare sulla terra “non la pace, ma la spada“, si riferisce alla necessità di risanare le ferite della natura umana, o i rapporti – compreso quello fra padre e figlio – spesso violenti o falliti.
È sotto gli occhi di tutti, spesso vicino o persino dentro la propria famiglia, si vede la sofferenza per la fragilità dei legami affettivi e le fratture dei vincoli d’amore fra uomo e donna, fra marito e moglie, fra genitori e figli, e tra figli.
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“Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me”.
Queste parole dure di Gesù possono sembrare innanzitutto una pretesa inaudita e irricevibile, ma sono una sua parola autentica che va compresa in profondità.
Gesù non insinua che non si debbano amare i propri genitori o i propri figli – come d’altronde richiede il quinto comandamento della legge santa di Dio (Es 20,12 e Dt 5,16) – e neppure esige un amore totalitario per la sua persona, ma richiama l’amore che deve essere dato al Signore. UN AMORE CHE RICHIEDE DI REALIZZARE LA SUA VOLONTÀ.
Gesù si rallegra quando ciascuno di noi vive l’amore e quindi sa custodire e rinnovare l’amore per l’altro, MA CHIEDE SEMPLICEMENTE CHE A LUI, ALLA SUA VOLONTÀ, NON SIA PREFERITO NIENTE E NESSUNO DA PARTE DEL DISCEPOLO.
Seguire Gesù, infatti, può destare l’opposizione proprio da parte di quelli che il discepolo ama, può far emergere una divisione, una differenza di giudizio e di atteggiamenti rispetto a Gesù stesso.
In queste situazioni il discepolo dovrà avere la forza e il coraggio di fare una scelta e di dare il primato a Gesù, alla sua presenza viva e operante.
Va detto con chiarezza che, se i genitori, o chiunque altro sia legato a noi da un vincolo di parentela e di amore umano, diventano un impedimento alla sequela del Signore, allora occorre che l’amore di Cristo abbia una preminenza anche sugli amori generati dal vincolo familiare.
Con un linguaggio maggiormente segnato dalla cultura semitica, abituata a utilizzare immagini più concrete e a farlo attraverso una lingua ricca di antitesi e di forti contrasti, nel passo parallelo di Luca queste espressioni risuonano con ancora maggior durezza:
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“Se uno viene a me e non odia (cioè, non ama meno di me) suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26).
Se una persona diventa ostacolo alla nostra sequela, se contraddice il nostro amore per Cristo, allora va odiato, cioè non va ritenuto qualcuno che possa determinare la nostra vita.
QUESTA RINUNCIA DOVUTA A UN’AZIONE DI DISCERNIMENTO HA UN SOLO NOME – dice il Signore:
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QUELLO DI PRENDERE, ABBRACCIARE LA PROPRIA CROCE, CIOÈ LO STRUMENTO DELL’ESECUZIONE DEL PROPRIO UOMO VECCHIO, DELLA PROPRIA CONDIZIONE DI CREATURA SOGGETTA AL PECCATO E SOTTO L’INFLUSSO DEL DEMONIO.
Significativamente l’Apostolo Paolo attualizzerà queste parole di Gesù con un’espressione altrettanto esigente e forte:
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“1 Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; 2 pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. 3 Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! 4 Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria. 5 Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, 6 cose tutte che attirano l’ira di Dio su coloro che disobbediscono. 7 Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. 8 Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca. 9 Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni 10 e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. 11 Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Sciita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti. 12 Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; 13 sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. 14 Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. 15 E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti! 16 La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. 17 E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. 18 Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore. 19 Voi, mariti, amate le vostre mogli e non inaspritevi con esse. 20 Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. 21 Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino. 22 Voi, servi, siate docili in tutto con i vostri padroni terreni; non servendo solo quando vi vedono, come si fa per piacere agli uomini, ma con cuore semplice e nel timore del Signore. 23 Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, 24 sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità. Servite a Cristo Signore. 25 Chi commette ingiustizia infatti subirà le conseguenze del torto commesso, e non v’è parzialità per nessuno. ” (Col 3,1-25).
Si tratta di rinnegare se stessi, di smettere di conoscere soltanto se stessi, per conoscere Gesù Cristo e solo in LUI anche noi stessi.
Comunicare al MISTERO DELLA MORTE DI CRISTO, PERDENDO LA VITA, spendendo la vita nel fare la volontà di Dio, cioè nell’amore dei fratelli e delle sorelle in umanità, è imprescindibile per l’autentico discepolo di Gesù.
Come dimenticare al riguardo, il prezzo della sequela del Signore Gesù pagato dai cristiani martiri, a causa della persecuzione di Satana, “il principe di questo mondo” (Gv 12,31; 16,11)?
Nella passione di una donna e madre cristiana dell’inizio del III secolo (Passione di Perpetua e Felicita 6,3-4), si legge:
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“Il procuratore Ilariano, avendo il potere della spada, mi disse: “Abbi pietà dei capelli bianchi di tuo padre e della tenera età d tuo figlio. Sacrifica agli dèi per la salute degli imperatori. Ma io risposi: “Non faccio sacrifici agli dèi”. Ilariano mi chiese: “Sei cristiana?”. Risposi: “Sì, sono cristiana””.
I Martiri, meglio di chiunque altro, con la loro testimonianza ci testimoniano che quello di Gesù, è l’invito a convertire le RELAZIONI,
Facendo si che ormai viviamo della croce pasquale, evento salvifico di morte e resurrezione, avendo compreso che TUTTO DEVE RINASCERE, IN ESSA, IN MODO ASSOLUTAMENTE NUOVO.
ANCHE L’AMORE FRA PADRE E FIGLIO, FRA MARITO E MOGLIE.
IL PRIMATO RICHIESTO DAL SIGNORE, allora È IL PRINCIPIO GARANTE DI OGNI RELAZIONE LIBERATA DA OGNI DEVIAZIONE, che di per sé è IDOLATRICA: e ci fa dimenticare che SOLO DIO È DIO.
In un testo del profeta Ezechiele (Ez.9,4-6) si dice che, sulla fronte dei veri credenti, viene segnato un “Tau” (lettera dell’alfabeto ebraico che anticamente aveva la forma di croce) per simboleggiare la loro appartenenza a Dio.
In tal senso i discepoli sono invitati ad appartenere radicalmente a Gesù, condividendo il suo destino e la sua vita.
Ecco allora che non si è più di sé stessi, né di nessuno, ma solo di Cristo.
Senza escludere del tutto questo significato, certamente Gesù si riferisce all’usanza romana della crocifissione: il condannato riceveva sulle spalle il legno trasversale (patibulum) e si avviava al luogo dell’esecuzione tra gli insulti e i compatimenti della folla.
E chi legge il Vangelo sa che questa è la sorte subita da Gesù.
Ragion per cui, il discepolo, che si pone alla Sua Sequela, non può non mettere in conto la prospettiva del “martirio“.
E sa bene che l’amore a Cristo può richiedergli ogni giorno tagli, rinunce, sacrifici che gli procurano sofferenze. Sa bene che ogni giorno cioè è chiamato a “prendere la sua croce” per iniziare a camminare dietro a Gesù.
Ma vorrei soffermarmi un poco su questa frase:
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“Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”.
Per sei volte i Vangeli riportano, sia pure con qualche variazione, questa dichiarazione di Gesù: chi è attaccato alla propria vita e vuole difenderla a ogni costo, fosse anche col tradimento del proprio Maestro, in realtà “perderà” la vita vera, quella eterna.
Chi invece, per rimanere fedele a Gesù e al Vangelo, arriva anche a perdere la propria vita, la ritroverà in pienezza.
Queste parole di Gesù alludono certamente al martirio, che non è una semplice eventualità nell’esistenza del discepolo.
Ma esprimono anche la legge fondamentale della vita cristiana e di ogni vita autentica: il donarsi, che è l’essenza dell’amore, comporta il “saper perdere” infinite cose, il dimenticarsi, il “decentrarsi”, il mettersi da parte, il “non essere” perché l’altro sia.
Quante volte, tocchiamo con mano che è proprio “perdendo ” la nostra vita, che ci sentiamo più felici e più realizzati, più vivi!
Perché è un perdere per ritrovare, perdersi per ritrovarsi.
Ed è in questa dinamica, che Gesù legge la realtà della sua esistenza e il mistero della sua morte e risurrezione, come pure il significato del cammino di quanti lo “seguono”.
Se facciamo bene attenzione, Gesù si presenta come il centro focale della vita dell’umanità.
Lui è il Primo e l’Ultimo, l’Alfa è l’Omega, il pane di vita, il vino che inebria la vita, aprendola a nuove prospettive eterne.
E Gesù, guardando negli occhi le nostre comunità, non ha paura di dirci che se amiamo padre, madre, fratelli e sorelle più di Lui, non siamo degni di Lui.
Questa affermazione, apparentemente categorica e misteriosa ci ricorda che la sommità dell’amore, la sommità della vita, è LUI se lo mettiamo al primo posto.
Se LUI diventa l’unica ragione della nostra esistenza, allora l’amore radicale che sperimentiamo verso la sua Persona inevitabilmente trabocca sugli gli altri e diventa amore, PURO E VERO, per il padre, per la madre, per le sorelle e i fratelli.
Quando mettiamo Gesù al primo posto, il Signore, ci sta già dando la pienezza, DEL CENTUPLO, AL NOSTRO AMORE, METTENDOCI IN CONDIZIONE DI DIFFONDERLO E CONTAGIARE TUTTI ATTORNO A NOI, ATTRAVERSO CIO’ CHE IRRADIA LA NOSTRA VITA.
E, quando il messaggio di Gesù entra nelle nostre ossa, siamo pronti a prendere la nostra croce per seguirlo lungo la Sua strada, sulla quale ne condividiamo la fatica e il stesso peso.
E quando questo diventerà realtà, GRAZIE A DIO, diventeremo degni di LUI. Saremo suoi intimi. Saremo suoi commensali.
Se le nostre comunità, non troveranno il coraggio di scegliere la strada del dono gratuito, coraggioso, faticoso a volte, doloroso spesso, sicuramente perderanno di vista IL SUO SIGNORE.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!