02.05.2023 MARTEDI’ SANT’ATANASIO – GIOVANNI 10,22-30 “Io e il Padre siamo una cosa sola”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 10,22-30
+Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Parola del Signore
Mediti…AMO
Sant’Atanasio (295-2 maggio 373) fu Vescovo di Alessandria d’Egitto, fu l’indomito assertore della fede nella divinità di Cristo, negata dagli Ariani e proclamata dal Concilio di Nicea (325). Per questo soffrì persecuzioni ed esili. Narrò la vita di Sant’Antonio abate e divulgò anche in Occidente l’ideale monastico.
L’epoca in cui visse fu di grande crisi della ortodossia, cioè della Dottrina autentica. Siamo intorno al 360. In quel periodo (così come oggi) la Verità cattolica rischiava di scomparire. Celebre è la frase di san Girolamo che descriveva quei tempi «E il mondo, sgomento, si ritrovò ariano». In questo contesto, non si piegò. Rimase talmente solo a difendere la purezza della Dottrina che per quasi mezzo secolo la sopravvivenza della Fede autentica in Gesù Cristo si trasformò in una diatriba tra chi era per e chi non per Atanasio.
Atanasio nel 325 presenziò al celebre Concilio di Nicea, in qualità di diacono di Alessandro ch’era vescovo di Alessandria. Fu un Concilio famoso quello di Nicea perché fu lì che venne solennemente proclamata la Fede nella Divinità di Cristo in quanto consustanziale al Padre. Fu lì che fu stabilita la definizione per intendere l’uguaglianza del Figlio con il Padre: homooùsios, che vuol dire “della stessa sostanza”. Attenzione a questa definizione (homooùsios) perché questa sarà la sostanza del contendere.
Torniamo alla vita di sant’Atanasio. Il 17 aprile del 328 morì il vescovo Alessandro e il popolo di Alessandria d’Egitto chiese a gran voce Atanasio come vescovo. Fu vescovo per ben 46 anni, ma furono 46 anni durissimi, 46 anni di lotta contro l’eresia ariana e contro gli ariani. Questi ovviamente rifiutavano proprio ciò che il Concilio di Nicea aveva detto di Gesù, che era “della stessa sostanza del Padre”, e non avendo altra nefanda via si limitarono a fare ciò che solitamente fa chi non sa controbattere in una discussione: LO CALUNNIARONO, accusandolo delle più grandi nefandezze: di aver imbrogliato, di aver violentato una donna, di aver ucciso, di minare all’unicità della Chiesa.
Una tecnica che non passa mai di moda. D’altronde il demonio è sempre lo stesso e ha sempre la stessa monotona fantasia.
Gli ariani operarono anche con grande astuzia, propagandando la necessità di sostituire il termine stabilito dal Concilio di Nicea, homoùsios, con il termine homoioùsios. Differenza di una sola lettera, minimale, ma che cambiava tutto.
Infatti, il primo termine (homoùsios significa “della stessa sostanza” (in latino, consustantialem Patri), il secondo termine (homoioùsios) significa “simile in sostanza”. E si capisce bene quanto la differenza non sia di poco conto, perché il Padre e il Figlio sono della stessa Sostanza e sono coeterni.
Sant’Atanasio tenne fermo, resistette come un leone, sentendosi in dovere di difendere le anime per cui non lesinò un linguaggio polemico per mostrare a tutti quanto fossero in errore e quanto fossero pericolosi i semiariani, che invece agli occhi di molti sembravano innocui.
Disse a riguardo «Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portate il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo».
Dopo innumerevoli sventure e accuse, poco prima della sua morte, l’imperatore Valente, e il papa Damaso, capirono che Atanasio aveva ragione e lo riabilitarono.
Ancora due cose vanno messe in rilievo.
- La prima: a difendere la Fede ci fu solo lui e una piccola comunità, i vescovi dell’Egitto e della Libia. Solo loro seppero mantenere accesa la luce della fede.
- La seconda: è significativo che colui che combatté da solo contro l’eresia ariana, non fu mai un teologo. La sua grande sapienza teologica, più che dagli studi, gli venne dall’incontro con i suoi maestri cristiani che testimoniarono il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano; e soprattutto dall’incontro con il grande sant’Antonio.
- Atanasio sapeva quanto qui stesse l’insidia del demonio. Nella sua celebre Vita di Antonio egli riporta un insegnamento del suo grande maestro: «[…] i demoni sono astuti e pronti a ricorrere ad ogni inganno e ad assumere altre sembianze. Spesso fingono di cantare i salmi senza farsi vedere e citano le parole della Scrittura. […]. A volte assumono sembianze di monaci, fingono di parlare come uomini di fede per trarci in inganno mediante un aspetto simile al nostro e poi trascinano dove vogliono le vittime dei loro inganni».
Ma veniamo a testo evangelico odierno che presenta, in modo molto realistico, le difficoltà dei testimoni della fede: per questo lo si legge nella festa di sant’Atanasio, quattro volte esiliato, costretto a fuggire e a nascondersi proprio per la sua fede nella divinità di Gesù. Noi sappiamo bene che Gesù Figlio di Dio non è al nostro livello, ci è infinitamente superiore, in un modo che possiamo appena intravvedere nel racconto della trasfigurazione, da accettare nella FEDE.
Ma nella storia della Chiesa sorgono ogni tanto uomini che vogliono ridurre Gesù alla misura umana, alla nostra statura di creature. Così è accaduto al povero Atanasio, con l’eresia di Ario, che affermava solo l’umanità di Gesù, dicendolo un uomo, un grande, un santo, adottato da Dio, MA NON FIGLIO DI DIO.
Atanasio difese questa verità di fede:
- È UN MISTERO DA CUI DIPENDE LA NOSTRA SALVEZZA, PERCHÉ SE GESÙ NON È FIGLIO DI DIO, NOI NON SIAMO NÉ REDENTI NÉ SALVATI, ESSENDO LA SALVEZZA OPERA DI DIO.
Certo è difficile credere che Gesù abbia vinto il mondo quando si subiscono persecuzioni. Ma la vittoria non ci può essere senza lotta, senza essere passati attraverso la passione del Signore, che ci permette di ottenere la risurrezione.
Quindi un cristiano non può meravigliarsi di essere, come Gesù, perseguitato, perché solo a queste condizioni si giunge alla vittoria della fede.
La “vittoria della fede” si ottiene solo se si continua a credere, nelle tribolazioni, che Dio ci ama e ci mette alla prova (“come l’oro nel crogiuolo”) per un maggiore bene.
Comunque, il capitolo 10 di Giovanni, contiene una lunga discussione tra Gesù e alcuni farisei che egli dichiara peccatori, PERCHÉ CREDONO E DICONO DI VEDERE MENTRE IN REALTÀ NON VEDONO E NON OPERANO UN DISCERNIMENTO CIRCA L’IDENTITÀ DI GESÙ.
E, con una parabola Gesù cerca di rivelar loro come EGLI non sia un ladro, MA IL PASTORE CHE ENTRA ED ESCE ATTRAVERSO LA PORTA DELL’OVILE, CHE CAMMINA DAVANTI A PECORE, CHE LO SEGUONO, PERCHÉ RICONOSCONO LA SUA VOCE. E, siccome non capiscono, il Maestro parla chiaramente di sé e della sua missione: è lui la porta dell’ovile, è lui il pastore buono che, pur di custodire le pecore, è disposto a dare la sua vita, perché ha la capacità di dare la vita per le pecore e di riceverla di nuovo dal Padre.
Queste parole creano ovviamente divisione tra quanti lo ascoltano: alcuni lo giudicarono indemoniato, altri riconobbero il suo operare carico di salvezza (Gv 10,19-21). I
- “…in quei giorni “ricorreva a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i capi dei giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: ‘Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente’” (Gv 10,22-24).
Gesù fu costretto a denunciare che LA SITUAZIONE DI NON FEDE IN LUI è dovuta al fatto che quegli ascoltatori non sono sue pecore (Gv 10,26), e quindi non sono disposti ad accogliere le sue parole.
Che cosa dunque dobbiamo attenderci da Gesù Cristo? Dobbiamo attenderci il dono della vita che non muore e la convinzione profonda che siamo nella sua mano e che da essa nessuno potrà mai strapparci via. Quella mano che:
- ci tocca per guarirci;
- ci rialza se cadiamo;
- ci attira a sé quando, come Pietro affondiamo (Mt 14,31);
- ci offre il pane di vita; mano che si presenta a noi con i segni dell’aver sofferto per darci la vita (Lc 24,39 e Gv 20,20.27);
- ci benedice (Lc 24,50), tesa verso di noi per accarezzarci e consolarci.
Ecco quella mano del Signore che più volte è stata dipinta tesa verso l’uomo, perché ognuno di noi per camminare ha bisogno di mettere la propria mano in quella di un altro. Solo così non ci sentiamo soli e ci sentiamo non esenti da cadute o sventure, ma sempre sostenuti dal Signore, sempre in relazione con lui.
Le parole del Kýrios risorto – “…nessuno strapperà le mie pecore dalla mia mano, perché sono il dono più grande che il Padre mi ha fatto, il dono più grande di tutte le cose” – SONO E RESTANO, ANCHE NELLA NOTTE DELLA FEDE, ANCHE NELLE DIFFICOLTÀ A CAMMINARE NELLA NOTTE, CIÒ CHE CI BASTA PER SENTIRCI IN RELAZIONE CON DIO.
E, anche volessimo rompere questa relazione, o se anche qualcuno o qualcosa tentasse di romperla, non saremo MAI strappati dalla mano di Gesù Cristo.
PAOLO DI TARSO, gigante della Fede, magistralmente ha gridato:
- “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati, IL SIGNORE NOSTRO GESÙ CRISTO!” (Rm 8,35-37).
E la mano di Gesù Cristo risorto è la mano di Dio, perché lui e il Padre sono uno.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!